Uno sciagurato manifesto elettorale
II nuovo PUP non potrà diventare legge, ma sarà la bandiera elettorale del centro-destra. All'insegna della dissipazione del Trentino.
La legge prescrive che il piano urbanistico provinciale, la carta fondamentale per il governo del territorio trentino, sia sottoposto a revisione generale ogni dieci anni. Poiché l'ultima fu fatta nel 1987, la nuova doveva essere portata a compimento l'anno scorso. Fare una revisione generale significa verificare gli obiettivi che il piano si era dato attraverso le indicazioni cartografiche e le norme che tali previsioni governano. Va poi ricordato che i dati su cui la revisione del 1987 fu impostata risalgono, per quel che concerne i fabbisogni edilizi, i flussi di traffico, l'organizzazione dei servizi, ai primi anni '80, nell'insieme quindi alla fotografia del Trentino di quasi vent'anni fa. Era difficile immaginare che questo compito potesse compiersi durante questa disgraziata legislatura. Si sarebbe, infatti, dovuto, con inedite capacità progettuali, adeguare le previsioni d'uso e tutela di un territorio delicato e complesso alle nuove dinamiche sociali ed economiche.
Qualche spunto positivo era stato impostato nei documenti preliminari elaborati dagli uffici e presentati nel corso di alcuni incontri pubblici. La definizione dei nuovi ambiti ambientali, con una rigorosa tutela della parte ancora non intaccata del territorio e il richiamo, seppur generico, ai principi dello sviluppo sostenibile costituivano approcci innovativi. Le crisi di giunta hanno interrotto ogni continuità nel lavoro di predisposizione del piano. Non si è più parlato di revisione, ma più semplicemente di una variante, finché in queste settimane, dal cilindro dell'assessore, si è vista uscire un'accozzaglia di proposte che sono, una più una meno, vecchi scampali d'iniziative ambientalmente incompatibili, molte volte economicamente insostenibili, a suo tempo motivatamente escluse dal piano oggi in vigore.
Il collegamento funiviario tra Pinzalo e Madonna di Campiglio, il completamento dei caroselli fassani, la soddisfazione accordata alle pressioni solandre per gli arroccamenti di Mastellina, ossia le anticipazioni proposte, ci riportano indietro di vent'anni, anziché disegnare il Trentino del 2000. In realtà tali proposte, quand'anche fossero trasformate in disegno di legge, non giungeranno mai all'approvazione in questa legislatura. La legge impone, anche per una variante, tempi di consultazione tali, che non consentiranno ad un Consiglio giunto al suo epilogo di trasformare le previsioni in vincoli legislativi.
La grancassa di questi giorni resterà dunque solo un brutto manifesto, buono per la propaganda spicciola di qualche assessore in vista dell'appuntamento elettorale di novembre ? Il colpo di coda di un modello di sviluppo degli anni '70, che con la quantità degli insediamenti pensava di riscattare l'arretratezza economica del Trentino?
Non è proprio così. Nel breve volgere di due mesi abbiamo visto l'intrepido assessore Moser proporre di tutto, dalla PiRuBi, alla terza corsia dell'A22, agli attraversamenti funiviari del Brenta. La Lega, con la coerenza di sempre, ha rivendicato con l'indipendenza della Padania anche lo smantellamento delle regole che in modo diverso da mille anni presiedono nel Trentino al governo delle risorse ambientali. Adesso arriva addirittura la giunta provinciale a dar credito alle richieste che dai quattro angoli del Trentino, gruppi e corporazioni rivendicano ad uso privato di quelli che da sempre erano beni collettivi. Utilizzando l'alibi di dare maggiore responsabilità ai comuni nella gestione del territorio, si rinuncia all'indispensabile regia della provincia. Si dimentica così in modo disinvolto che le richieste dei comprensori proponevano aumenti di volumetria edilizia di tre volte superiori alle previsioni fatte dal piano in vigore, quelle dei comuni ne moltiplicavano semplicemente in molti casi per cinque le indicazioni. Stiamo mettendo a repentaglio il futuro della nostra terra.
Per comprenderlo, basta trasferire su una carta geografica del Trentino, accanto alla situazione esistente, quello che sarebbe aggiunto dalle infauste previsioni annunciate e quello che, in base alla nuova normativa, potrebbe essere consentito in base alle decisioni dei piani regolatori dei comuni. Una grande abbuffata per l'oggi, dimenticando quanto succederà a chi si troverà a vivere in Trentino domani. Altro che principi di solidarietà, di sussidiarietà, di sviluppo sostenibile! A promuovere quest'ipotesi consumistica del Trentino sono in molti. Possono realisticamente trasformarsi in maggioranza elettorale, se non si svilupperà in questi mesi un 'adeguata campagna d'informazione, al contempo culturale e politica: per spiegare che così facendo, con i suoi primati negativi nel consumo del territorio, delle seconde case, nella corsa agli impianti, nella stradomania trasferita dalla superficie alle più costose gallerie, si colloca il Trentino fuori dai parametri di qualità applicati nelle altre regioni alpine. Si trasforma la nostra provincia in dequalificato territorio, per sempre più dequalificati flussi turistici.
Dire che le forze della sinistra e del centro-sinistra dovrebbero in modo naturale assumersi questo compito, potrebbe sembrare ovvio, ma ovvio non è. Troppi silenzi ci sono stati in questi anni. Anche questi silenzi hanno consentito il prender robusta consistenza di posizioni che sembravano sconfitte definitivamente. Eppure, basta comprendere che su questo si potrà costruire la fisionomia comprensibile del progetto della sinistra, da contrapporre in modo convinto ai manifesti inequivocabili della destra.