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QT n. 1, gennaio 2024 Trentagiorni

L’incredibile proposta: abbattiamo i centri storici

È una delle caratteristiche positive dell’Italia, che all’estero ci riconoscono: aver saputo preservare parti significative della nostra storia, attraverso la cura, la tutela, il riuso di molteplici manufatti, dalla chiesa al rione medioevale. Mentre in Francia nel centro di Parigi si usa la ruspa, negli Usa si erigono grattacieli a fianco dell’antica chiesetta di San Patrick, in Giappone – complici terremoto e bombe americane, ma anche un colpevole disinteresse – di storico non è rimasto praticamente nulla, in Italia non solo castelli e cattedrali, ma anche molti antichi borghie quartieri popolari sono rimasti pressoché integri sfuggendo a quella triste uniformizzazione del paesaggio che rende monotone, anonime tante parti del mondo “sviluppato”.

In Trentino poi, si è fatto di più e meglio. Con vari atti legislativi, dal 1978 al ’93, si era promosso il recupero e la tutela dei centri storici dei paesi. Oggi, se molti di essi hanno conservato fisionomia, identità – e quindi consapevolezza di sé, cultura – è grazie a quelle leggi, dovute all’impegno e influenza di vari studiosi nazionali come Leonardo Benevolo e Antonio Cederna, e alla lungimiranza e tenacia di politici trentini come Walter Micheli.

Ora si sta tornando indietro. Già Lorenzo Dellai, sospinto dall’immobiliarismo speculativo, aveva classificato Micheli come “ingombrante” e promosso una revisione delle normative, che solo la stessa cultura delle popolazioni aveva impedito che portasse allo stravolgimento degli antichi centri abitati.

Adesso siamo al peggio. Una proposta del nuovo assessore Mattia Gottardi, improvvidamente catapultato all’urbanistica, prevede un abbattimento dei centri storici, una “demolizione e ricostruzione” (furbescamente chiamata “demo-ricostruzione”, così da lasciare il prefisso “demo” che sa di democrazia ed eliminando la “demolizione” che popolarissima non deve essere).

Mattia Gottardi

Motivi: i centri storici sono “museificati”, non attirano gli abitanti che infatti li abbandonano; e inoltre ricostruendo si provvederebbe a un “efficientamento energetico”.

C’è da rimanere sconcertati. Pensare che la fuga dai paesi verso Trento e i centri di fondovalle sia dovuta non alla mancanza nei paesi di occasioni lavorative, culturali, aggregative, ma alla conformazione dei loro centri storici, ci sembra follia.

Gottardi pensa forse che chi abita in casermoni, oppure in villette (che peraltro costano di più, occupano più suolo e sono più energivore) sarebbe meno propenso a spostarsi in città? In quanto alla riconversione energetica: è ormai chiaro che è il pretesto grazie al quale legislatori e pianificatori vicini agli immobiliaristi stravolgono le tutele, e riescono a far approvare casermoni ovunque (vedi la collina di Trento, su cui a breve torneremo). Nel caso specifico, valgono le risposte di un documento di Italia Nostra: “Qualunque studente d'ingegneria potrebbe spiegare all'avvocato Gottardi che edifici di grandi dimensioni, disposti in aderenza e senza balconi partono notevolmente avvantaggiati sul piano dei consumi energetici per il loro fattore di forma e l'assenza di ponti termici”.

In conclusione non sappiamo quanto popolare possa essere l’uscita di Gottardi. Ha subito incontrato il plauso delle corporazioni che ne sarebbero avvantaggiate: alcuni sindaci, che si troverebbero le mani ancor più libere nell’uso disinvolto delle concessioni edilizie, prima fonte del loro potere nei paesi (e Gottardi, ricordiamolo, è stato sindaco di Tione) e – con maggior cautela - l’associazione degli edili artigiani.

Per converso, la reazione delle associazioni ambientaliste, a iniziare da Italia Nostra che, fin dal nome, deve alla tutela del paesaggio storico la propria ragion d’essere, è stata veemente. Gli insulti, il disprezzo verso Gottardi sono stati, a livello ufficioso, totali. Le reazioni ufficiali sono state più meditate, ma altrettanto vigorose. Se l’assessore e la giunta Fugatti vorranno proseguire, lo scontro sarà rovente.

Non sappiamo come la veda la popolazione.

Noi vogliamo pensare che l’attaccamento al proprio territorio, alla propria storia, all’identità, prevalgano. Un Trentino ridotto a svincoli, palazzine, villette e centri commerciali, sarebbe solo più povero, brutto e triste.

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