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QT n. 10, ottobre 2021 Monitor: Arte

Non solo nature morte

“Fede Galizia. Mirabile pittoressa” Trento, Castello del Buonconsiglio, fino al 24 ottobre.

Vladimiro Sternini

Per quanto paradossale, la pittura è stata considerataper secoli un fatto per soli uomini. Poche e poco conosciute, perlomeno al grande pubblico, le eccezioni, talvolta segnate da tormentate storie personali, come Artemisia Gentileschi, figlia d'arte, che fu vittima in gioventù di violenza sessuale, dramma che segnò alcuni suoi celebri lavori, come Susanna e i vecchioni (1610) e Giuditta che decapita Oloferne (1620). Di una generazione precedente, Lavinia Fontana e Sofonisba Anguissola furono tra le più eccellenti artiste attive nella seconda metà del Cinquecento, specializzatesi nella ritrattistica e ricercate presso numerose corti europee.

Altra protagonista dell'arte moderna europea al femminile fu Fede Galizia, pittrice di origine trentina (una sezione introduttiva è dedicata alla Trento del tempo) il cui nome rimanda all'età della Controriforma, alla quale il Castello del Buonconsiglio dedica questa prima mostra monografica. Documentata a Milano presso la bottega del padre Nunzio dal 1587 fino all'anno della sua morte (1630), operò anche per la corte imperiale di Rodolfo II d’Asburgo, grazie all'intercessione dell'eccentrico pittore Giuseppe Arcimboldi.

La serva Abra (Sarasota, Ringling Museum of Arts)

La fama dell'artista è legata soprattutto alla feconda produzione di nature morte, campo nel quale senz'altro eccelse e di cui è considerata una vera e propria iniziatrice. Ma la mostra - la prima monografica a lei dedicata -, curata da Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa e Luciana Giacomelli, ha l'ambizione di estendere lo sguardo a 360° sulla sua produzione pittorica, che comprende anche ritratti, copie da altri celebri colleghi e pale d'altare, forse qualitativamente meno convincenti ma che testimoniano comunque l'affermazione della pittrice in un genere all'epoca di esclusivo appannaggio maschile.

In mostra sono presenti complessivamente un'ottantina di opere: dipinti soprattutto, ma anche disegni, incisioni, libri antichi e medaglie, provenienti da musei nazionali e internazionali, così come da enti religiosi. Il percorso artistico di Fede Galizia viene narrato fin dagli esordi, quando rompendo in parte con la multiforme tradizione della bottega artistica paterna - il padre fu miniaturista, ma anche decoratore, cartografo e costumista, abilissimo nel dipingere con miniature i ventagli - decise di dedicarsi quasi esclusivamente alla carriera di pittrice.

Formatasi stilisticamente su modelli derivati dal manierismo padano, apprezzando in particolar modo Correggio e Parmigianino, riuscì ad affermarsi a Milano come abile ritrattista, ricevendo committenze da importanti figure cittadine, come il gesuita Paolo Morigia - si veda nel suo ritratto del 1593-1594 il virtuosismo alla fiamminga degli occhiali che riflettono l'ambiente circostante - o lo scienziato Ludovico Settala, ritratto da Fede nel 1625 circa, senza dimenticare i ritratti eseguiti per la regina di Spagna e l'infanta Isabella Clara. Affascinata dalle nature morte di Caravaggio, Fede Galizia fu assieme a Giovanna Garzoni la principale interprete di questo genere in Italia, forte di un abile uso del trompe l'oeil che le permetteva una resa quasi tattile degli elementi naturali, coniugando un accentuato realismo al tipico significato allegorico di questi dipinti, ovvero la caducità della bellezza e, per estensione, della vita. La sua perizia in questo genere offuscò presso la critica il resto della sua produzione artistica: sfogliando ad esempio la monografia che nel 1965 le dedicò Riccardo Maroni all'interno della collana C.A.T. (Collana Artisti Trentini), ci si imbatte quasi esclusivamente in riproduzioni di nature morte.

Giuditta con la testa di Oloferne

Eppure la sua produzione annovera vari capolavori anche in ambito religioso: tra questi, particolarmente emblematici risultano il Noli me tangere (1616) proveniente da Brera e soprattutto Giuditta e Oloferne (1596) conservata negli Stati Uniti, in cui la testa decollata di Oloferne è solo una tetra ombra in secondo piano rispetto al luccicante preziosismo delle vesti e dei gioielli di Giuditta. L'opera, stilisticamente vicina ad opere del bolognese Camillo Procaccini, fu particolarmente apprezzata al tempo, tant'è che Fede ne realizzò più versioni, cinque delle quali presenti in mostra.

Punto di forza del percorso espositivo, oltre all'aver puntualizzato la produzione di Fede Galizia, è l'aver ricostruito il contesto pittorico in cui l'artista si mosse, attraverso un'attenta selezione di opere di suoi contemporanei, come Giuseppe Arcimboldi (Autoritratto, 1587), Bartholomeus Spranger (in mostra alcune delle sue miniature), Giovanni Ambrogio Figino (Giove, Giunone e Io, 1599), Jan Brueghel (Natura morta, 1608) e Daniele Crespi (Enea Fioravanti, 1625), senza dimenticare la presenza di opere di alcune artiste donne come Plautilla Nelli, Sofonisba e Lucia Anguissola, Lavinia Fontana (Giuditta e Oloferne, 1600) e Barbara Longhi.

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