Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 9, settembre 2020 Seconda cover

Tagliare o no?

Le motivazioni del Sì e del No al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari.

Voterò senza alcun dubbio un No deciso al progetto di legge, già approvato da entrambe le Camere, che rid uce il numero dei parlamentari. Esso è assolutamente inutile e quindi del tutto negativo.

Il vero problema del nostro Parlamento non è rappresentato dall’eccessivo numero dei nostri deputati e senatori. Esso consiste nella loro qualità. È questa che va migliorata.

Ridurne il numero dà l’illusione di avere risolto il problema. Ma la qualità dei residui non sarà migliore di quella degli esclusi e tutto continuerà come prima, e forse peggio. Infatti in un maggior numero di eletti vi è una maggior probabilità che vi sia anche qualcuno dotato di qualità adeguate. Tagliare i parlamentari è solo un sintomo di intolleranza del Parlamento e quindi della nostra democrazia.

Io fui, in tempi lontani, per più di vent’anni deputato. Ricordo l’alto livello dei dibattiti e le qualità di molti che stavano dalla mia parte (ero socialista), ma anche di numerosi altri che sedevano su altri banchi. Oggi è la grande confusione e inconsistenza culturale che caratterizza la politica ad influire negativamente sulla qualità dei suoi protagonisti. Ridurne il numero da solo l’illusione di un rimedio assolutamente inadeguato.

Renato Ballardini
(avvocato, deputato socialista dal 1958 al 1979, già vicepresidente del PSI, poi consigliere regionale col PCI)


Il passo, piccolo ma sicuro, che il Parlamento ci propone di compiere il 20 e 21 settembre, votando Sì, ci avvicina alla meta di un Parlamento più efficiente e più autorevole. Per 5 ragioni.

La prima è l’Europa. Non esiste nessun paese europeo che abbia un numero di parlamentari nazionali, eletti dal popolo e col potere di fiducia al governo, paragonabile al nostro: 945 più i senatori a vita, per 60 milioni di abitanti. La Germania ne ha 700 per 85 milioni. Tutti gli altri ne hanno di meno. Portando i nostri parlamentari a 600 ci allineeremmo dunque al livello europeo.

Seconda ragione: le Camere lavorano male anche perché sono pletoriche. E se il Senato a 315 lavora meglio della Camera a 630, non si capisce perché una Camera a 400 dovrebbe essere meno efficiente e meno autorevole. Il Senato americano lavora con 100 membri. Il nostro Senato, se passa il Sì, lavorerà con 200. Dov’è il problema? Tutti conoscono i senatori americani. Nessuno conosce i nostri parlamentari. In Regione ne abbiamo eletti 18. Di quanti siamo in grado di ricordare il nome? Magari quando saranno 13...

Terza ragione: il Sì fa risparmiare. Non solo e non tanto sul costo delle indennità, ma sulla pressione parlamentare sulla spesa pubblica. Tanti parlamentari, tante proposte di spesa. Meno parlamentari, meno spesa pubblica. Al Senato, la pressione sulla spesa è oggi la metà di quella della Camera. Fatevi due conti.

Quarta ragione: il No blocca tutto, il Sì può rendere possibili altri passi, come il trasferimento al Parlamento in seduta comune (deputati e senatori insieme) dell’elezione del cancelliere, sul modello tedesco, compresa la sfiducia costruttiva; e la specializzazione delle due Camere nella legislazione, affidando al Senato, magari integrato da rappresentanti delle Regioni, il raccordo tra legislazione statale e regionale.

Quinta ragione: nel nuovo Parlamento la nostra autonomia speciale peserà di più. In particolare al Senato, avremo 6 senatori su 200 invece degli attuali 7 su 315.

L’ampio accordo parlamentare sul piccolo passo in avanti è in definitiva una ragionevole speranza di cambiamento da non soffocare. Il riformismo non vota mai contro qualcuno, ma sempre per qualcosa. E non sacrifica mai il bene possibile.

Giorgio Tonini
(senatore dei DS e poi del PD dal 2001 al 2018, oggi consigliere provinciale del PD)


Ci sono valide ragioni a sostegno del sì come del no al referendum costituzionale del 20 e 21 settembre. A favore dell’approvazione della riforma costituzionale c’è che si tratta di una revisione puntuale, a fronte delle fallite proposte strutturali del 2006 e del 2016. Una riforma che potrebbe metterne in moto altre, quantomai necessarie, e che ha un valore simbolico di semplificazione e risparmio. Contro la riforma si obietta che manca di visione, giacché nessuno sa se e quali altre riforme potrebbero seguire, rischiando di lasciare un parlamento poco funzionale; che riduce la rappresentanza, a tutto svantaggio di donne e minoranze; e che il valore simbolico è quello dell’antipolitica, che aggrava e non riduce il distacco tra cittadini e istituzioni. Trattandosi di un salto nel buio, i cittadini voteranno in base a una scommessa, alla convinzione che prevalgano le conseguenze positive o quelle negative.

Il problema tuttavia sta nello strumento. Comunque andrà il referendum, si produrrà nella società una frattura. Se il parlamento avesse davvero ritenuto che la riforma fosse importante, come parrebbe dall’ultimo, plebiscitario voto della Camera sulla legge (553 sì, 14 no, 2 astenuti), non ci sarebbe stato bisogno di chiedere ai cittadini. Ma la motivazione del referendum è di natura politica, mescolando obiettivi politici immediati dei diversi partiti con la politica costituzionale. Nel referendum alcuni cercano la legittimazione popolare, altri il supporto al mantenimento dello status quo che non hanno il coraggio di affermare. E così, comunque vada, la politica ne uscirà più debole e la società più divisa: se vincerà il sì crescerà il percepito distacco tra “società” e “politica”, che è la vera ragione che rende inefficienti le istituzioni, ben più del numero dei parlamentari; se vincerà il no, nessuno avrà più il coraggio di bruciarsi politicamente con riforme costituzionali, viste anche le esperienze precedenti, e le indispensabili modifiche resteranno bloccate.

FrancescoPalermo
(docente di diritto pubblico comparato all’Università di Verona, e già senatore indipendente della lista Per le autonomie (PD-SVP) del collegio di Bolzano)

Parole chiave:

Articoli attinenti

In altri numeri:
Sì o no? O astensione?
Mauro Bondi, Giorgio Tonini, Roberto Toniatti

Commenti (0)

Nessun commento.

Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.