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Una facile profezia

Ad un anno dall'insediamento di Sgarbi alla presidenza del Mart non si vedono ancora risultati, ma le sue prime "sparate" sul virus potrebbero dare il colpo di grazia alla sua avventura

Sgarbi è invadente, per quanto poco starà a Rovereto, non sarà solo un annoiato presidente; travolgerà il direttore, annullerà il Comitato scientifico, vorrà imporsi su tutto e su tutti. E poi se ne andrà sbattendo la porta”.

Sgarbi presidente del Mart era solo una proposta quando, nel marzo dell’anno scorso, scrivevamo quanto sopra; e non occorreva grande acume per avanzare una simile previsione. Che difatti, almeno nella sua prima parte si è pienamente realizzata. Già un mese dopo, prima ancora di assumere ufficialmente l’incarico, il Nostro dava fuoco alle polveri. Irritato perché due consiglieri provinciali avevano avanzato un possibile ostacolo legale alla nomina (la sua qualità di parlamentare), Sgarbi li definì “depensanti lautamente pagati per la loro assoluta incompetenza... inetti... onanisti di argomenti inesistenti”.

Messosi finalmente all’opera, per qualche tempo stupisce con effetti speciali, ma l’illusione ha il fiato corto e la stampa locale, che fin lì si è limitata a riferire gli scintillanti annunci del nuovo presidente, improvvisamente cambia registro e Fabrizio Franchi, sull’Adige del 20 febbraio, va giù duro: “La conduzione scoppiettante di Sgarbi, al di là delle roboanti dichiarazioni, sta producendo qualcosa? Stanno cominciando in molti a chiederselo. L’impegno nel comitato scientifico che finisce a soli nove mesi dalla nomina. Un consiglio d’amministrazione... che non ha lasciato il segno se non nelle passerelle colorate e sgargianti delle inaugurazioni, in cui peraltro nessuno si accorge della loro partecipazione... Da parte di Sgarbi tanto attivismo, su e giù per la valli, a mettere il visto su autori minori scovati nelle chiesette di paese. Guai del resto a contraddirlo: Sgarbi è come una sorta di Luigi XIV, il Re Sole, e parafrasandolo sembra dire ‘L’État et le roi c’est moi!’ Il Mart sono io. E tanto vi basti”.

A questo si aggiungono i difficili rapporti con l’ormai ex direttore Maraniello, “più volte pubblicamente deriso” e il futuro organigramma del Mart, dove Sgarbi vorrebbe un direttore-travicello che non gli faccia ombra.

L’interessato replica rilanciando con nuove favolose proposte: dopo Caravaggio e Chagall, ecco Bansky, Klimt, Constable, e un “museo della follia” alle Albere.

Ma quando si concretizzeranno queste meraviglie? “Le date non ci sono, ha detto Sgarbi, per questioni meramente tecniche o di valutazioni ancora in corso”. E comunque, è la secca conclusione, “Non sono pagato e non devo rispondere a nessuno di quello che faccio”.

Uomo da talk-show (da Barbara D’Urso in su) e maître à penser su Facebook, Sgarbi deve sempre - ne abbia o no le competenze - avere elle certezze su tutto, si tratti di misero gossip o di salute pubblica. E si butta sul Coronavirus. Attenzione alle date: la sparata che provocherà un mare di proteste è dell’8 marzo, ma già da un paio di settimane erano cominciate le sue irridenti prediche volte a minimizzare il pericolo.

24 febbraio: “A me sembra una follia. Si è scambiata un’infezione appena più seria di un’influenza per una pandemia letale. È una follia, uccide di più l’influenza”.

28 febbraio: “Dov’è il pericolo, per chiudere le scuole, i musei, i teatri? È una grande finzione, una presa per il culo”.

1° marzo: “Quei bambini che non possono andare a scuola sono malati... Che virus hanno? Il virus della coglionaggine, il virus del cazzo, il virus che non c’è”.

3 marzo: “Tante persone non possono più esercitare il loro lavoro perché c’è un vecchio di 88 anni che forse è morto d’influenza”.

7 marzo: “Riva del Po, un paese desolato. Durante il Capravirus si riempie di gente che va al ristorante. Venite a Riva del Po: qui nessuno se ne sbatte i coglioni del Capravirus”.

I morti intanto si moltiplicano, ma Sgarbi continua a ignorare che i malati di influenza di solito non vengono intubati, e scherza: “Si è scoperto che tra le cure per il virus la più efficace è il salame all’aglio e il lambrusco”. Fino all’uscita che gli sarà fatale: “Non c’è nessun pericolo... Ma chi cazzo è Burioni? Un virologo? Ma virologo di che cazzo? C’è il virus del buco del culo! Devo credere a quello che mi raccontano? Ma chi di voi sta male veramente? Io non credo al Coronavirus, c’è qualcosa dietro. Ribellatevi, mandateli a fare in culo. Non preoccupatevi: fra 15 giorni sarà finito tutto... Alzatevi, andate in giro, andate a Codogno”.

A questo punto - era ora - si aprono le cateratte: mozioni, interpellanze, petizioni on line, proteste in cui alle accuse di incoscienza civica si aggiungono le lamentele (provenienti sia dai dipendenti del Mart che da Ferrara, dove Sgarbi presiede “Ferrara Arte”) sulle sue capacità gestionali.

Imbarazzati, i suoi stessi padrini politici devono dissociarsi, pur non mettendolo in discussione come presidente del Mart. Ma, a parte la Lega, è un coro di richieste di dimissioni, perfino da parte del fidato Panizza.

E lui? Superati i duemila morti, finalmente cambia idea, ma senza alcuna assunzione di responsabilità: la colpa è di quei virologi che, agli inizi, avevano sottovalutato la pericolosità del Coronavirus; e lui si era fidato. Come finirà?

Al momento majora premunt, ma comunque - si tratti di dimissioni o di licenziamento - anche la seconda parte della profezia (la fine della presidenza Sgarbi) pare imminente.

Una storia cominciata male e finita peggio, così sintetizzata dal direttore dell’Adige: “Chi l’ha chiamato mi ricorda quei mariti o quelle mogli che hanno pensato a lungo di poter cambiare i loro partner. In questo caso la storia è sempre finita con un inevitabile divorzio. E con gli amici che sommessamente dicevano: io lo dicevo fin dall’inizio, che non avrebbero dovuto sposarsi”.