Banalità del Male
L'amicizia fra un bianco e un nero è poco verosimile, dev'esserci sotto qualcosa, meglio indagare
Ricapitoliamo la vicenda per i distratti: Jacob Nyanja, ingegnere originario del Congo occupato in una grande azienda, si trova con due amici italiani al mercatino natalizio di piazza Fiera quando al gruppo si avvicina Mauro F., un "volontario della sicurezza" di un'associazione convenzionata con l'Apt, il quale, ignorando il "Buonasera" che Jacob gli indirizza, chiede ai due italiani: "È un vostro amico? Sta con voi?" E poi, resosi conto della gaffe, spiega, sempre però rivolgendosi ai bianchi: "Pensavo vi stesse disturbando, sapete, c'è gente che gira a chiedere soldi".
L'episodio finisce sui giornali e la direttrice dell'Apt si scusa, col che a suo dire "la questione è chiusa... un malinteso può capitare".
"Non sono razzista" - precisa Mauro F. secondo copione - semplicemente "ho preso un granchio... Evidentemente chi non fa non sbaglia... Però la vicenda è stata montata esclusivamente sul colore della pelle... Un sorriso e una battuta potevano chiudere la cosa e senza vergogna di porgere le mie scuse".
Come si vede, è una storia minuscola, tanto più se paragonata alla furia anti-migranti che ha segnato l'avvio della presidenza Fugatti, ma significativa. Non c'è alcun motivo di pensare che Mauro F. sia uno xenofobo militante: semplicemente è uno dei tanti che respira a pieni polmoni l'aria che tira. Le mille storie d'integrazione, i matrimoni "misti", campionesse e campioni sportivi che vincono medaglie con i colori italiani, non significano niente: l'amicizia fra un bianco e un nero è poco verosimile, dev'esserci sotto qualcosa, meglio indagare.
Fra i difensori del maldestro volontario, non possono mancare quelli "ideologici" secondo i quali la storia è "l'ennesimo trappolone mediatico che deve consolare i rosiconi con articoli conditi sotto sotto di antileghismo, infilando il razzismo nei loro pentoloni d'inchiostro come conseguenza delle politiche di sicurezza", ma più numerose sono le persone "normali" come Mauro F., che in quel comportamento vedono una cantonata senza aggettivi anziché il sintomo di un clima diffuso, il veleno di una inconsapevole xenofobia che si va allargando: "Ce ne sono occasioni in cui mi hanno trattata in modo sbagliato per errore, ma non ho mai pubblicizzato la cosa".
"Coi tempi che corrono l'errore che ha fatto è più che legittimo".
"Non la farei tanto lunga. Succede in tutto il mondo di essere controllati per il solo fatto di essere o sembrare straniero. Se fossi nell'ing. Nyanja invece di 'piangere per l'umiliazione' ringrazierei i volontari. In fondo è anche merito loro se i mercatini di Natale non si trasformano in un suk del terzo mondo, pieno di ladruncoli e questuanti".
Fino a un aneddoto che ricalca la nostra storia: "A una dottoressa indiana in visita ad una amica ospite in una casa di riposo venne chiesto da un'operatrice se fosse la badante dell'ospite... La dottoressa - era una psicologa - si comportò in modo esemplare: aveva capito l'equivoco e non ci fece nemmeno caso, senza rimostranze e senza mortificare l'improvvida operatrice. Conoscendo personalmente l'operatrice posso confermare che nella sua domanda non vi era niente di offensivo, se non una certa mancanza di tatto... ma nulla più".
Morale della favola: gli stranieri, soprattutto se colorati, ricordino che sono ospiti e si rassegnino a piccole e grandi discriminazioni senza specularci sopra.
Non meno indicativa dell'atmosfera che stiamo vivendo è poi la motivazione posticcia con cui Mauro F. giustifica la propria incomprensione per il clamore e le critiche che il suo gesto ha provocato: "Io non sono laureato e forse queste cose non le capisco". Traduzione: un certo tipo di iper-sensibilità è roba da buonisti, da radical-chic; la gente normale, il popolo, è più concreto, non bada a simili piccolezze.
Eh, no: come qualcuno gli ribatte, "non ci vuole una laurea per capire che distinguere le persone in base al colore della pelle non è una buona idea. Basta il buon senso". E in ogni caso, "l'ignoranza è un difetto, non una virtù da sbandierare. Meglio studiare, capire e non vantarsi di non sapere"