“Festival internazionale di regia teatrale ‘Fantasio’”
Alla ricerca di una formula vincente
Un anno dopo “Cappuccetto Rosso”, la base di “Fantasio – Festival Internazionale di Regia” torna a essere un testo teatrale. Nell’anno del 400° della morte, l’autore prescelto non poteva che essere Shakespeare. I registi in gara sono stati chiamati a confrontarsi con una delle tragedie più ambigue e storicamente difficili da affrontare: “Macbeth”. Ai concorrenti è stato consegnato il copione nella sua interezza: massima libertà nel trattare e riplasmare la preziosa materia, a patto di utilizzare solo ed esclusivamente le parole del drammaturgo inglese.
La formula, con qualche aggiustamento, ha ricalcato quella degli ultimi anni. A ciascuno degli otto registi sono stati assegnati un numero di attori (14 nazionali, 10 trentini) determinato dal sorteggio; due team di lavoro potevano inoltre contare – novità di quest’edizione – su un coro composto da allievi di EstroTeatro. Ad aumentare la difficoltà ai partecipanti, le ristrettezze di tempo e di materiali: due settimane scarse di residenza per allestire una pièce di massimo 15 minuti, un budget esiguo per costumi e scenografie. La creatività dei registi era chiamata a superare tutti questi paletti.
Nelle due serate finali presso il Teatro San Marco (21 e 22 dicembre), gli esiti artistici sono stati (comprensibilmente) alterni. Solo due o tre pièce hanno convinto ed emozionato appieno, mentre alle altre è mancato qualcosa in concezione, immediatezza e/o comprensibilità.
Le proposte migliori, a nostro avviso, sono arrivate da Riccardo Mallus ed Elio Colasanto. Il primo, nella condizione vantaggiosa (o svantaggiosa?) di poter lavorare con ben nove attori (quattro più un coro di cinque), ha rischiato ricercando nel “Macbeth” il pianto, il lamento funebre inespresso, creando uno spettacolo pieno e d’impatto, toccante e dalle immagini evocative: elementi premiati dalla giuria giovani. Il secondo, cui era capitato in sorte il monologo, è riuscito comunque a riempire la scena grazie ad una scenografia accalappiante e all’ottima prova in lingua originale (scelta non nuova ma comunque forte) di Sofia Pauly, senza dubbio la migliore nel lotto degli attori, globalmente di buon livello. Colasanto però non ha rispettato i tempi di smontaggio previsti dal regolamento, cosa che in sede di giudizio l’ha penalizzato: peccato.
Convince con riserva la pièce di Valentina Carbonara, a cui pure è andato il primo premio, quello della giuria tecnica: coraggiosa ed inseguita con coerenza l’idea del legame ad un destino già scritto, anche se la diffusa simbologia e i molti rimandi al Meridione non sempre sono risultati immediati. Un giudizio ancora diverso ha espresso il pubblico, che ha votato per Ashai Lombardo, fautrice di uno spettacolo tra danza e opera carente nell’idea ma di assoluto impatto coreografico. Simpatico ma alla lunga ripetitivo l’ironico esperimento di Martina Folena alla ricerca di nuovi significati della parola shakespeariana, mentre Rolando Macrini, con la sperimentazione del “Macbeth” a ritroso, lascia intravedere la maestria ma delude un poco le attese. Completano il quadro le regie non indimenticabili di Madi Selimi e Silvia Zoffoli.
“Fantasio” è indubbiamente una felice intuizione e una sfida avvincente, e per questo meriterebbe un trattamento migliore. Certo, i contributi economici per preparare e realizzare il festival sono pochi (lo sono sempre stati), ma anche una gestione organizzativa più oculata, più consona ad un evento che si vuole internazionale, non guasterebbe. Probabilmente, nella veste più contenuta che porta da tre edizioni a questa parte, “Fantasio” sta ancora cercando il metodo più adeguato per stimolare e mettere alla prova la fantasia dei registi e al tempo stesso ottenere un positivo risultato artistico.