PRG ed archistar: l’elogio della sciocchezza
L’archistar Mario Botta, autore in provincia del Mart e della sede di Giurisprudenza, nonché della Biblioteca universitaria di piazzale Sanseverino, mai realizzata perché spostata alle Albere, è stato in questi giorni intervistato dal Corriere del Trentino. Intervista che ci sembra utile segnalare, più che per la signorilità con cui incassa lo scippo della biblioteca (l’avevamo sentito alcuni mesi orsono, ed era decisamente – e giustamente – più scocciato, anche perché si era tentato di giustificare lo spostamento con una pretesa dispendiosità del suo progetto) per alcuni giudizi sull’imminente PRG di Trento, anzi sulla stessa idea di Piano Regolatore: è uno strumento inutile, sorpassato, meglio puntare sui singoli progetti.
Idea strampalata, che francamente ci sembra una boutade da artistoide che vuole stupire, una sciocchezza da bar tra un bicchiere e l’altro: come fa una città a svilupparsi razionalmente se non viene progettata?
E se si sostituisce la visione complessiva con la somma delle singole micro-visioni, di ciascun progettista sul proprio pezzetto urbano?
Non varrebbe neanche la pena di parlarne. Se non che l’affermazione di Botta viene inaspettatamente presa sul serio, elogiata e condivisa dai tanti commentatori di urbanistica e tecnici del settore che tanto scrivono e comunicano sulle colonne dei quotidiani (sempre però ben attenti a non pestare i piedi ai poteri veri che sugli immobili costruiscono fortune): ottima idea, basta ingessare la città, basta con le pianificazioni che sono una gabbia rigida, evviva la libertà del singolo progettista che fa quello che vuole dove vuole ed è più remunerativo per il committente (quest’ultimo concetto lo aggiungiamo noi, ma è lì che si va a parare). Gli amministratori comunali applaudono.
Una settimana dopo interviene l’architetto Toffolon (che è anche presidente provinciale di Italia Nostra) il quale, primo e ad oggi unico, contesta la scempiaggine con ovvie parole di buon senso. Ma lo starnazzamento attorno all’idea che la città la si possa allegramente stravolgere, rende bene il livello culturale da cui dovrebbe partire l’imminente progettazione urbanistica.