Per un posto (o uno strapuntino)
Col surreale congresso dell’Upt si è aperta la stagione della “resa dei conti” nei partiti. Come ovvio in questi casi, si parla solo di assetti, poltrone, burocrazia, nomenclatura... insomma tutto ciò che anima la vita di questi involucri sempre più simili ad agenzie di promozione sociale degli aderenti. L’esito di questi feroci scontri (che giungono sovente a insulti e carte bollate) è però alquanto scontato e si gioca tutto, ancora una volta, sui posti di potere in palio. Qualcuno forse propone ancora idee concrete, ma i protagonisti cercano solo di restare a galla. Il conflitto tra Dellai e Mellarini non è sui contenuti: i due schieramenti si distinguono per il rapporto col PD, ma in realtà dietro la collocazione “geometrica” (siano il centro che guarda a sinistra, il centro-centro, il centro che guarda alle civiche) si celano cordate e interessi personali.
Ormai si ragiona in vista delle elezioni politiche e di quelle provinciali del 2018. Come già ampiamente evidenziato, l’avvicinamento di Dellai al PD è dovuto soltanto al completo fallimento dell’ex governatore in quel di Roma. Dellai non credeva assolutamente nel fenomeno Renzi (basta leggere le sue interviste quando il rampante segretario stava per fare le scarpe a Letta). Ma ora si è ricreduto: nessuno spazio oltre Renzi. La legge elettorale e le riforme costituzionali, se approvate dal referendum di autunno, sanciranno una (provvisoria?) semplificazione del quadro politico e una corsa ai seggi della Camera. Quindi Dellai, sempre più debole e isolato, cerca disperatamente la strada per avere la certezza della ricandidatura: e lo fa tentando di riavvicinarsi al Partito Democraticorenziano, riproponendo l’ennesimo tristissimo progetto di una rete di partitini di centro, regionalisti che però spesso si riducono a congreghe di residuati in perenne ricerca di una casa politica e di un seggio. Sarebbe più facile per lui entrare nel PD trentino, che però non si sa come lo accoglierebbe.
Qualcuno sarebbe già pronto a spalancargli le porte, sognando il ritorno dell’amato “nostro leader”. Ma i tempi sembrano cambiati. Cosa se ne farebbero i democratici di un Dellai perdente, visibilmente in affanno, incapace di portare valore aggiunto qui come a Roma?
A ciò si aggiunge la situazione interna al partito. Di fronte alla concreta possibilità di perdere le vecchie poltrone o di poter raggiungerne di nuove, anche l’istinto autodistruttivo del PD si muta nel desiderio collettivo di una “soluzione unitaria”. Tradotto: si riesce a ratificare tra le correnti un patto di spartizione dei posti. Di qui le ultime girandole che si faticano a seguire: una fra tutte, Olivi che farebbe il segretario (non si sa se rimanendo anche vicepresidente della giunta) con la garanzia di essere candidato alle politiche, rinunciando ad aspirare alla presidenza della PAT nel 2018, attraverso difficili primarie che oltretutto Rossi non sembra intenzionato a concedere.
Nel PD la discussione è questa, oltre alle solite grottesche diatribe sulle “regole congressuali”. E già i funzionari del partito studiano l’Italicum per capire se il PD conquisterà 2 o 3 seggi. Tonini potrebbe essere blindato in qualche altra regione; Nicoletti, presenza evanescente in Trentino ma stimato a livello nazionale, potrebbe restare qui (e la sua corrente sarebbe accontentata); Olivi sarebbe messo nel collegio della Vallagarina. Ambìto tuttavia anche da Mellarini...
Questo avvilente gioco dell’oca si consuma anche in casa PATT. La candidatura alla segreteria dell’on. Mauro Ottobre, altro fantasma romano, si comprende nella logica della sua riconferma alla Camera (ormai del tutto improbabile). Vincerà Panizza, mentre l’attivismo - e gli effettivi risultati concreti - dell’assessore Daldoss non sembrano orientati a una messa in discussione di Rossi.
Tutto sembra muoversi in maniera convulsa, ma tutto in realtà è fermo. Cambiano (forse) le facce. Ma è come aprire una Matrioska. I comportamenti, le prassi, le aspirazioni, sono sempre quelle. Prima delle elezioni, gli alleati del PATT alzeranno la voce, metteranno in discussione Rossi, salvo poi applaudirlo e riconfermarlo per altri 5 anni, magari senza primarie. Luca Zeni attenderà un altro giro. La coalizione del centro sinistra autonomista è un bene troppo prezioso. Ricordiamo ancora una volta che dietro a questo ossessivo richiamo alla coalizione, c’è lo spasmodico desiderio di mantenere in vita il blocco di potere degli ultimi 15 anni. Che bene o male ha governato bene (dicono loro), garantendo a ciascuno almeno uno strapuntino.
Eppure di contenuti, su cui confrontarsi e anche dividersi, ce ne sarebbero. Mentre le differenze tra il PATT e l’UPT di Mellarini si vedono solo al microscopio (i primi sono autonomisti, gli altri territoriali, così si dice in linguaggio super politichese), il PD arranca e i suoi assessori pure. Le questioni della contrazione delle risorse, del nuovo ospedale, del terzo statuto, della Valdastico, decisive per il futuro vengono affrontate in maniera caotica e dilettantesca. Noi non ci stancheremo di parlarne, sono le uniche cose importanti.