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Porfido: parliamo di sicurezza

Vorrei proporre alcune riflessioni a margine del convegno, promosso dalla Filca-Cisl, su “La tutela degli infortuni e delle malattie professionali nel settore del porfido” svoltosi ad Albiano il 14 novembre. Una iniziativa importante, ma che in questo difficile momento ha visto una scarsa partecipazione operaia e la totale assenza degli operatori nel campo della salute sul territorio, così come degli amministratori locali o candidati tali.

Ho apprezzato l’intervento del prof. Luciano Romeo (medicina del lavoro all’Università di Verona), che ha evidenziato come, pur in una situazione generalmente migliorata, permangano fattori di rischio importanti, primo fra tutti quello relativo all’ inalazione di polveri di silice. I dati INAIL che ha mostrato, relativi a misurazioni ambientali, disponibili fino al 2006, confermano infatti il superamento della soglia di rischio in quasi tutte le mansioni. Una soglia che è stata abbassata nel corso degli anni anche per la possibile cancerogenicità di queste polveri; una correlazione, però, contestata dal dott. De Santa (medico del lavoro), il quale ha fatto presente che tali valori di soglia sono quelli americani, mentre quelli europei sono molto meno restrittivi. Egli ha contestato anche i dati relativi alle rilevazioni ambientali dell’INAIL perché eseguiti con metodi ed attrezzature che hanno portato a sovrastimare le polveri.

Devo dire che mi è piaciuta la risposta, non priva di ironia, dell’avvocato Massimo Tirelli di Verona che ha sottolineato la contraddizione esistente tra i dati degli ultimi dieci anni, secondo i quali i fattori di rischio, gli infortuni e le malattie professionali sono inferiori a quelli di molti altri settori, e il fatto che il lavoro nelle cave di porfido sia riconosciuto come usurante.

Come ho fatto presente in quella sede, il massiccio ricambio di manodopera avvenuto 25 anni fa con l’impiego di lavoratori extracomunitari e l’espulsione di gran parte degli stessi negli ultimi anni sicuramente hanno contribuito a falsare il dato epidemiologico, occultando quindi parzialmente la realtà. Per quanto riguarda il calo massiccio degli infortuni, occorre ricordare che, oltre alle forti pressioni esercitate nei confronti dei lavoratori dai datori di lavoro affinché optino per la malattia, il proliferare di artigiani e partite IVA ha contribuito anche in questo caso a mascherare la realtà.

Per concludere, vorrei invitare il segretario della Filca Fabrizio Bignotti, che ha accusato di falsità coloro che denunciano la massiccia perdita di posti di lavoro nel settore vantando ben 400 iscritti, a chiedersi come mai al convegno promosso dalla Filca fossero presenti solo 15 lavoratori (13 dei quali extracomunitari), un quinto dei quali in mobilità!

Walter Ferrari (Coordinamento Lavoro Porfido)

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