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La legge non è uguale per tutti

Avv. Francesco Miraglia

Gran parte dei miei clienti hanno dovuto constatare che gli ordini professionali dei medici, degli avvocati, dei magistrati e degli assistenti sociali sono di fatto organizzazioni sindacali a difesa dei privilegi e dei vantaggi degli stessi professionisti, ben lontani da quelle persone a cui dovrebbero assicurare dignità, rispetto e giustizia. Nell’affrontare molte di queste situazioni, ho la sensazione di sentire sentenze già scritte, teorie accusatorie pre-confezionate di allontanamento dei minori senza un minimo di istruttoria e di senso logico. Molte volte di fronte a queste situazioni, vorrei cancellare dalle aule dei Tribunali quella ipocrita scritta “La legge è uguale per tutti”.

Il 13 marzo scorso mi rivolgevo, quale avvocato di due genitori di Trento, all’assistente sociale referente del caso, per chiedere spiegazioni sul fatto che i miei assistiti incontrassero solo una volta al mese la figlia allontanata dalla famiglia da più di 5 anni. Senza tralasciare che la struttura ove attualmente è collocata la minore si trova a più di 400 km di distanza fra andata e ritorno.

Per tutta risposta l’assistente sociale rispondeva testualmente: “Lo scrivente servizio ha ricevuto in questi giorni la Sua richiesta in merito alle visite della figlia. Le comunico che i tempi - una volta ogni due/tre mesi - sono dettati dall’impossibilità economica dei genitori della minore”.

Successivamente mi rivolgevo al Presidente della Comunità di Val di Non e all’assessore delle Politiche Sociali per chiedere un appuntamento urgente sulla vicenda e soprattutto sull’incredibile risposta dell’assistente sociale, ma a distanza di quasi 15 giorni nulla è stato riscontrato.

A questo punto sento il bisogno di rivolgermi all’opinione pubblica per sottolineare che tutti i cittadini, ricchi o poveri, hanno il diritto di essere ascoltati, ricevuti e aiutati dalle istituzioni. Sarebbe grave che le istituzioni, che dovrebbero essere al servizio dei cittadini, facessero orecchie da mercante o peggio ancora si rendessero disponibili in base al ceto sociale.

Ancora più inverosimile è la risposta dell’assistente sociale, secondo la quale una bambina di 13 anni non può incontrare i genitori perché sostanzialmente non hanno i soldi per andare a trovarla. Ma allora a che servono i fondi distribuiti ai servizi sociali? Perché questi genitori non vengono aiutati economicamente? Ma soprattutto, perché si è deciso di collocare la bambina in una struttura a 200 km dalla sua famiglia? Forse a Trento e in tutto il Trentino non ci sono comunità?

Chi di dovere risponda a queste domande per il bene di una bambina di 13 anni che da 5 anni è stata allontanata dalla sua famiglia principalmente per la condizione economica precaria della stessa.

Ancor più grave è che tutto ciò accada in una provincia come Trento che si pone all’attenzione nazionale per come funzionano i suoi servizi.

Sono certo che la mancata attenzione alla richiesta dei miei assistiti è stata una dimenticanza del presidente della Comunità della Val di Non, dell’assessore dalle Politiche sociali e dell’assistente sociale, perché altrimenti non possiamo che ricordarci di quanto sosteneva Manzoni nei suoi Promessi Sposi: “Mala cosa nascer povero, caro Renzo”.

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