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Il N.O.T. non serve

ing. Paolo Mayr

Il recente blocco nella costruzione del nuovo ospedale, il N.O.T., è un’ottima opportunità per ripensarne la reale necessità.

Per varie ragioni. La prima è la constatazione, per esperienza diretta, che nell’ospedale in funzione a Trento non si sta affatto male; c’è un buon coordinamento tra i servizi, c’è pulizia, ordine, cortesia del personale; la convivenza di più persone nelle stanze non è negativa: si impara a rapportarsi, ci si aiuta, si dialoga. C’è solo il sovraccarico del Pronto Soccorso e le conseguenti lunghe soste e lentezze. La seconda, riguarda il costo enorme previsto per il nuovo ospedale, destinato, come al solito, ad aumentare, anche considerevolmente. La restituzione del capitale ricadrà ovviamente sui nostri figli e nipoti. La terza è insita nella situazione di ristrettezza finanziaria, che nel campo ospedaliero minaccia di portare alla chiusura gli ospedali minori nelle valli.

Ci si domanda allora se è proprio necessario questo N.O.T. o se è possibile trovare un altro modo per razionalizzare e potenziare l’attuale sanità trentina, con costi più contenuti, senza indebitare i nostri posteri e senza abbandonare le valli.

Come attento osservatore e consumatore della realtà e dei servizi ospedalieri, ritengo di sì, attraverso l’organizzazione di efficienti Day Hospital, sia nei due ospedali maggiori di Trento e Rovereto, sia negli ospedali di valle. Day hospital, da non confondere con Pronto Soccorso, è indice sintetico di centri di controllo, prevenzione, esami, diagnosi e di interventi ospedalieri risolvibili in una giornata.

Si ovvierebbe in tal modo agli insostenibili tempi d’attesa delle prenotazioni e si invierebbe in corsia un numero limitato di malati, con conseguente minore occupazione delle stanze. Gli ospedali maggiori potrebbero così curare i casi più gravi e gestire le costosissime attrezzature, ora spesso inattive. Gli ospedali di valle potrebbero organizzarsi come cliniche specialistiche di alto livello, centri di prevenzione, di riabilitazione e di lunga degenza.

In conclusione sarebbe opportuno discutere ancora sul problema della sanità trentina per controllare e indirizzare i nostri amministratori pasticcioni, che tra l’altro intendevano affidare la gestione delle commesse, delle attrezzature, delle pulizie ecc. del nuovo ospedale a un’impresa specializzata in costruzioni. Forse la bocciatura operata dal Consiglio di Stato è stata un’insperata fortuna, un segno del destino.

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