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QT n. 10, ottobre 2014 Servizi

OGM, tante perplessità, poca chiarezza

Non esistono evidenze scientifiche né pro né contro. E allora che fare?

Argomento sensibile quello degli Organismi Geneticamente Modificati (OGM). Dal rapporto ISAAA (International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications) uscito nel 2013 sull’evoluzione e la situazione attuale degli OGM nel mondo emerge come a livello globale le colture Geneticamente Modificate (GM) sono in continua crescita, tranne che in Europa dove registrano una perenne crisi. Il motivo principale di questa crisi è dato da una sostanziale diffidenza (o fobia?) del cittadino europeo nei confronti di questa tecnologia. Come accade spesso nelle questioni complesse, l’opinione generale tende ad ascoltare chi fa la voce più grossa col risultato di rimanere disorientati e senza le informazioni necessarie per giungere a una decisione obiettiva.

Sicurezza Alimentare

“Gli OGM vengono prodotti da quasi 30 anni ed è il più grande esperimento mai fatto nella storia dell’umanità in termini di impatto di un alimento sulla salute animale - afferma Roberto Viola, dirigente responsabile del Centro ricerca e innovazione della Fondazione Edmund Mach (FEM) - e sull’uomo non risulta nessuna evidenza scientifica che questi prodotti si comportino in modo diverso da alimenti non OGM”.

In termini di sicurezza alimentare, al principio di equivalenza (in base al quale due alimenti, uno tradizionale e uno GM, sono considerati equivalenti quando non presentano differenze dal punto di vista nutrizionale, organolettico e della sicurezza) si tende a opporre quello di precauzione (l’assenza di certezze scientifiche non deve essere usata come ragione per impedire che si adottino misure di prevenzione). Infatti attualmente non vi sono ancora sufficienti prove ritenute scientificamente valide a favore o contrarie agli OGM nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità abbia affermato che “nessun effetto sulla salute umana è stato riscontrato in merito al consumo di tali alimenti da parte della popolazione dei paesi dove sono stati approvati”.

Le più frequenti preoccupazioni in relazione al consumo di cibi geneticamente modificati, come la loro tossicità o la manifestazione di nuove allergie, mettono in evidenza una sostanziale dicotomia tra rischio reale e rischio percepito. Un articolo pubblicato su Nature Biotechnology (24, 888-890, 2006) afferma che in realtà il cibo transgenico è più controllato e pone un rischio di malattia largamente inferiore rispetto alle intossicazioni alimentari dovute a contaminazione microbica.

In Europa tuttavia, data l’abbondanza degli alimenti, sembra prevalere il pensiero secondo il quale non ha alcun senso assumersi dei rischi nel mangiare un cibo GM anzichè uno tradizionale a meno che questo non porti dei vantaggi al portafoglio o alla salute.

“L’ingegneria genetica è diventato un argomento ricorrente e popolare a seguito di diversi casi riguardanti la salute pubblica e la sicurezza alimentare (polli e suini contaminati da diossina e il morbo della mucca pazza (BSE)). La fiducia nelle istituzioni e in certe tecnologie è diminuito considerevolmente” disse Sylvie Bonny, INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione).

Di conseguenza, per gli europei è stato difficile percepire sia i benefici diretti derivanti dagli OGM, (aumento del raccolto, diminuzione dei fitofarmaci) sia i benefici indiretti, tra cui il minore costo delle materie prime e la diminuzione dei prodotti di scarto delle industrie chimiche.

È piuttosto il concetto in sé di OGM che sembra turbare il cittadino europeo: entrare all’interno dei più profondi segreti della natura e agire artificialmente per modificarne alcune caratteristiche. Ma fin dall’antichità l’uomo ha agito sulla natura attraverso la selezione delle piante migliori al fine di trarne il massimo profitto in termini di produzione e qualità. In questo modo l’uomo ha selezionato alcune mutazioni all’interno del genoma della pianta che la rendevano più apprezzabile.

Indurre direttamente queste modificazioni, invece, appare un’attività ancora più artificiale, quasi diabolica.

La scoperta della struttura del DNA (1953) e delle strategie per modificarlo sono nate come ricerca senza limiti capaci di mettere insieme geni provenienti dal mondo animale e vegetale. Questa percezione, spesso guidata in senso negativo dalle immagini proposte dal marketing, unita ad una politica molto aggressiva delle multinazionali degli OGM, come Monsanto, ha fomentato il timore attorno a questa tecnologia.

È chiaro che se si considera l’utilizzo degli OGM in un modo bucolico e incontaminato, questa tecnologia appare assurda e ingiustificata. Ma se si inserisce il discorso all’interno del contesto economico e agricolo attuale, il produrre artificialmente queste modifiche non significa sostituirsi alla natura, bensì affiancarsi ad essa per risolvere alcune pressanti problematicità.

Aspetto Ambientale

In Trentino Alto Adige, nell’ultimo anno, sono stati utilizzati circa 5,8 kg/ettaro tra fungicidi, insetticidi, erbicidi e altri fitofarmaci per consentire una sicura e abbonante raccolta di mele e uva.

La necessità di mantenere alta la quantità e la qualità della produzione va a ledere in maniera sempre più marcata, oltre che la salute delle popolazioni suburbane, anche l’ambiente.

“La posizione della Fondazione, così come la Regione e il resto d’Italia, è chiara ed è quella di non sostenere la produzione e uso di OGM. Tuttavia va segnalato come le biotecnologie vegetali in questi ultimi anni si siano molto evolute. Sono oggi disponibili biotecnologie denominate “New Breeding Technologies (NBT)”, che consentono di intervenire in modo preciso e “chirurgico” sul genoma delle piante d’interesse agrario inducendo resistenze ai patogeni. È lecito pensare che l’adozione di queste biotecnologie possa superare molte delle difficoltà e resistenze associate all’uso di OGM di prima e seconda generazione come ad esempio la presenza di sequenze batteriche o di geni codificanti resistenza agli antibiotici. Servirebbero a sviluppare nuove varietà o cloni vegetali equipaggiate per difendersi in caso di attacco da agenti patogeni superando le attuali impattanti tecnologie basate sulla creazione di una barriera chimica tra la superficie vegetale e l’ambiente circostante” afferma Roberto Viola.

In questo modo l’agricoltore ridurrebbe la quantità di pesticidi nel terreno e nell’ambiente, diminuirebbe l’effetto della deriva verso i centri abitati e il numero di residui mantenendo la quantità e la qualità del prodotto.

“L’altra strada sarebbe quella di andare verso il biologico che sostituisce fitofarmaci di sintesi con sostanze naturali per la lotta alle malattie. Il principio però rimane lo stesso, quello di mantenere ricoperte le piante di sostanze con costi e impatto sull’ambiente” continua Roberto Viola.

Dall’altro lato, c’è chi sostiene che le colture GM rappresentano una minaccia per l’ambiente. Esse infatti “impoveriscono la biodiversità perché hanno bisogno di grandi superfici e di un sistema monocolturale intensivo” si legge in un articolo di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food. Nel caso del Trentino, il problema dell’agricoltura intensiva esiste già da anni con i conseguenti problemi sulla flora e la fauna autoctona. La minaccia alla biodiversità non è quindi una prerogativa degli OGM, ma bensì di tutte le monoculture intensive.

Differente è invece la critica che Carlo Petrini muove nello stesso articolo in direzione delle possibili contaminazioni delle piante GM negli appezzamenti vicini. Benchè l’uso della parola “contaminazione” supponga un senso negativo delle piante GM considerate alla stregua delle piante infestanti, il processo di sovrapposizione di colture GM con quelle tradizionali risulta difficile da controllare a causa delle molteplici vie di fertilizzazione. Tuttavia strategie per ridurre la sovrapposizione di colture diverse, come le barriere naturali o l’autoimpollinazione, vengono tuttora utilizzate anche nell’agricoltura convenzionale.

Aspetto Socio-Economico

Esiste poi un’opposizione ideologicamente genuina all’interferenza della scienza con la natura, che merita di essere rispettata e separata dall’opposizione cinica che si basa su dati scientifici discutibili. Allo stesso modo, vi sono considerazioni a favore degli OGM decisamente avventate come quella che sostiene che gli OGM rappresentano la soluzione alla fame nel mondo.

Nessuno degli OGM oggi in commercio può servire a ridurre la fame nel mondo, sono piante progettate per i paesi sviluppati e per agricolture avanzate: sono fatti da aziende private che fanno utili e non beneficenza.

Sotto questi prodotti vi è di fatto un mercato milionario dove la fanno da padrone le multinazionali come Monsanto, Syngenta e Bayer. L’entrata in scena di aziende private nel contesto delle colture OGM è stato reso possibile, paradossalmente, dalle stesse associazioni ambientaliste e di tutela del consumatore. Per tranquillizzare l’opinione pubblica infatti è stato imposto ai produttori di OGM di eseguire un numero esagerato di controlli che, a causa dei loro elevatissimi costi, tagliano fuori dal mercato le grandi-medie imprese. In questo modo si è lasciata strada libera alle grandi corporazioni di operare negli Stati Uniti, Brasile, Argentina, Canada, India e Cina.

E l’Europa? Pur non coltivando OGM direttamente sul suo territorio, è uno dei principali acquirenti di OGM a causa del mercato globale che non pone limiti e rende estremamente difficile la rintracciabilità dell’origine degli alimenti.

“L’obbligo di etichettatura sussiste qualora l’alimento contenga OGM in misura superiore, in percentuale, allo 0,9% degli ingredienti alimentari considerati individualmente” precisa Riccardo Velasco, ricercatore nel laboratorio di Genetica e Biologia delle Colture da Frutto all’interno della FEM. “Tuttavia in un mondo globalizzato, è estremamente difficile avere prodotti senza tracce di OGM. Il 35 % della soia mondiale è OGM. La lecitina di Soia è presente in moltissimi alimenti. Quali elementi possono provare che un qualsiasi alimento che contiene lecitina di soia, dove il DNA è stato completamente distrutto, sia stato prodotto con il 65% della soia non OGM?” chiede provocatoriamente il ricercatore.

Risulta quindi difficile considerare un territorio completamente libero da OGM anche perchè molti mangimi per gli animali (oltre l’85% secondo Cia, confederazione italiana agricoltori) contengono, entro determinate percentuali, elementi generati tramite questi processi di manipolazione genetica.

Inoltre le nuove tecnologie di NBT, già disponibili in molti paesi che che producono ed esportano sia varietà che prodotti sui mercati Europei, non lasciano traccia, per cui è impossibile verificarne l’impiego.

Nonostante ciò, la provincia di Bolzano, insieme a molte altre provincie di Italia (Trentino escluso), si è autodefinita territorio “OGM free” cioè “territorio in cui le materie prime ed i semi-lavorati che entrano nella filiera alimentare non provengono da materiale vegetale, animali o microorganismi GM”.

Tra i vari benefici di essere un zona OGM free, vi è sicuramente la componente di promozione turistica basata sulla naturalità e autenticità del territorio Altoatesino. Questa strategia di Marketing basata sulla naturalezza e originalità dei prodotti può essere stata anche una delle motivazioni per cui l’Europa ha da sempre ostacolato la coltivazione degli OGM. I territori del vecchio continente non possono infatti competere, in termini di superficie coltivabile, con le grandi distese del Nord America. Tuttavia l’Europa potrebbe essere proprio quel territorio nel quale lo sviluppo e la diffusione degli OGM di ultima generazione potrebbero essere gestiti dalle strutture pubbliche, senza fini di lucro, per affrontare problemi ambientali e sociali. Alla fine spetta alla politica e ai cittadini decidere se e in che misura introdurre gli OGM in Europa ma per fare ciò è necessario aprire un dibattito chiaro, costruttivo ed informato su queste nuove tecnologie senza farsi trascinare dal timore e dai preconcetti.

OGM: cosa sono e come si ottengono

Gli organismi geneticamente modificati sono organismi viventi (piante, animali, batteri) il cui DNA è stato modificato tramite tecniche di ingegneria genetica condotte in laboratorio. Queste modificazioni possono avvenire attraverso delle piccole mutazioni puntiformi (genome editing) oppure attraverso delle eliminazioni/inserimenti di frammenti di DNA (geni) provenienti da altre specie. Ciò viene fatto per dare determinate caratteristiche all’organismo che si vuole ottenere, come la resistenza ad un determinato erbicida oppure per consentire ad un batterio di produrre propano.

Il termine OGM viene utilizzato generalmente per indicare organismi vivi ottenuti per riproduzione ed utilizzati per scopi commerciali.

Negli ultimi anni si è sviluppata inoltre la tecnologia denominata New Breeding Technologies (NBT) la quale consente di effettuare interventi molto selettivi sul genoma, praticati in laboratorio, senza introdurre sequenze estranee, per migliorarne la capacità di difesa dalle malattie.

Queste tecnologie essendo di ultima generazione non sono tenute in considerazione dalla definizione di OGM che risale al 1990. In questo modo, colture prodotte utilizzando alcune di queste nuove tecniche di coltivazione delle piante non possono essere distinte dalle loro controparti coltivate in modo convenzionale e quindi ci sono indicazioni per cui potrebbero essere esentate dalla legislazione sugli OGM.