Controlli ambientali: la riforma che non può più aspettare
La legge istitutiva dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente va cambiata. E con essa la cultura ambientale di amministratori e cittadini. Altrimenti rischiamo davvero di diventare i peggiori d’Italia.
Torniamo nuovamente sulla delicata questione del sistema dei controlli ambientali in Trentino e della credibilità dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente (APPA) ad essi preposta, sollevata nel numero dello scorso giugno con il pezzo intitolato, provocatoriamente, “Ambiente, i peggiori d’Italia”. Eccone una sintesi.
Ambiente, i peggiori d’Italia
Da vent’anni in Trentino c’è un’anomalia giuridica che si riflette nell’efficacia della protezione ambientale pubblica. La legge dello Stato n° 61 del 21 gennaio 1994 che ha istituito il sistema nazionale di protezione ambientale recita: “Le Agenzie regionali e provinciali hanno autonomia tecnico-giuridica, amministrativa, contabile e sono poste sotto la vigilanza della presidenza della giunta provinciale o regionale”. Quindi, alle agenzie per l’ambiente, come la nostra provinciale, il legislatore nazionale riconosce autonomia dal potere politico, al quale assegna il mero compito di vigilanza. Ma la legge provinciale n° 11 del 1995, istitutiva dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente (APPA), ha inglobato l’Agenzia medesima - unico caso in Italia, insieme a Bolzano che è andata nella stessa direzione - direttamente dentro la struttura amministrativa provinciale.
Così, oggi, il direttore dell’APPA risponde direttamente alla giunta. E per di più, con la riforma dell’amministrazione provinciale del 2012, l’APPA, da struttura di primo livello è stata declassata a struttura di secondo livello, col risultato che il suddetto direttore dell’APPA, prima ancora che alla giunta, deve obbedire addirittura a un capo-Dipartimento qualunque. Ora, è chiaro che privare dell’autonomia dal potere politico un ente come l’APPA, al quale è affidato il compito di effettuare i controlli ambientali sul territorio, significa togliere qualunque credibilità ai controlli medesimi. Come ben sa chi, e parliamo della magistratura che negli anni passati ha indagato sulle Acciaierie Valsugana, ha preferito rivolgersi ai controllori veneti per le operazioni d’indagine piuttosto che a quelli provinciali.
Controlli: quanti e quali
Ripartiamo quindi da queste considerazioni, e dalla risposta che nel frattempo l’assessore provinciale all’ambiente, Mauro Gilmozzi, ha fornito il 20 agosto ad un’interrogazione del consigliere provinciale Filippo Degasperi (Movimento 5 Stelle) datata 28 maggio, avente ad oggetto “Informazioni sull’attività di controllo svolta negli ultimi cinque anni dall’APPA”.
Degasperi ha interrogato Gilmozzi chiedendogli quanti controlli siano stati effettuati dall’APPA negli ultimi cinque anni e in quanti casi sia stata riscontrata una violazione. I dati forniti da Gilmozzi tracciano un quadro nel quale i controlli dell’APPA sono abbastanza numerosi (circa 800 sopralluoghi all’anno), e gli accertamenti di violazione pure, con una media annua di 116 segnalazioni amministrative e 79 denunce penali (al di là di un vistoso e inspiegato calo nel 2013, quando se ne sono registrate rispettivamente 43 e 62).
Nella risposta di Gilmozzi, però, c’è anche un’apparente contraddizione, che riguarda l’importante istituto dei cosiddetti “autonomi controlli”. La normativa ambientale italiana fonda il sistema di controllo non solo sui controlli effettuati direttamente dalla pubblica autorità, ma anche su quelli effettuati dalle imprese su se stesse, secondo le indicazioni che la pubblica autorità medesima fornisce al momento del rilascio delle autorizzazioni ambientali. Degasperi si è preoccupato di interrogare Gilmozzi anche su questo punto, chiedendo quante siano state le violazioni autodenunciate all’APPA dalle imprese, sempre negli ultimi cinque anni. Risposta: “La percentuale di sforamento dei limiti ambientali rilevata in sede di autonomo controllo può essere ragionevolmente quantificata in misura inferiore all’1 per cento”.
Ecco che qualcosa non torna: se il personale di APPA, nell’ambito dei propri controlli, ha rilevato un numero di violazioni consistente come quello comunicato da Gilmozzi, che in percentuale sui sopralluoghi effettuati corrisponde grosso modo a un caso su quattro, com’è possibile che, nell’ambito degli autonomi controlli, questa percentuale scenda a un caso su cento?
“Su questo dato contraddittorio imposterò una nuova interrogazione, - ci dice Degasperi. - La normativa ambientale impone alla pubblica autorità di verificare gli autonomi controlli delle imprese, e voglio vedere più chiaro circa il se e il come l’APPA svolga questa verifica. La mia opinione è che in Trentino, siccome la quantità di controlli effettuati direttamente dall’APPA è sostanzialmente residuale, di fatto tutto si basa proprio sugli autonomi controlli effettuati dalle aziende. I quali, come ha riferito Gilmozzi, sono sempre tutti positivi, e al cui riguardo, in pratica, pare non ci siano né verifiche né sanzioni”. Da noi interpellato in merito, Gilmozzi non ci ha fornito né questa né altre risposte.
L’anomalia c’è, e fa male
Ecco che torniamo quindi prepotentemente alla questione dell’ingerenza politica sull’attività di controllo ambientale e alla questione dell’impianto normativo provinciale anomalo che impedisce all’APPA di operare in maniera autonoma dal potere esecutivo. La scarsa o nulla credibilità dei controlli effettuati dall’APPA - ritenuta tale in passato, come ricordavamo, dalla magistratura medesima e ora apparentemente confermata, in modo indiretto e certo non voluto, persino dalla risposta fornita da Gilmozzi a Degasperi - affonda le proprie radici, a nostro avviso, proprio in tale anomalia giuridica.
Cerchiamo conforto, in questa interpretazione, nelle parole di un esperto di diritto ambientale e amministrativo, il professor Nicola Lugaresi dell’Università di Trento. “Considerando la normativa nazionale in materia di controlli ambientali, anche alla luce dell’interpretazione fornita dalla Corte Costituzionale nell’ambito di un ricorso proposto proprio dalla PAT, la situazione trentina presenta un’anomalia evidente: la vigilanza sull’agenzia è qualcosa di diverso dall’inserimento della stessa nella struttura provinciale. Svincolare l’APPA dalla struttura provinciale sarebbe un bel segnale; al di là dei dubbi di legittimità che la situazione attuale presenta, si eviterebbero, o almeno si ridurrebbero i dubbi di opportunità relativi a possibili conflitti di interesse, che sono invece presenti”.
Confortati da queste affermazioni, sottoponiamo la questione al consigliere provinciale di maggioranza Alessio Manica (Partito Democratico) e al presidente della sezione trentina di Italia Nostra, Beppo Toffolon. “Fatico a capire, - confessa Manica, - la logica dietro alla decisione di adottare, per l’APPA, un modello diverso da quello presente nel resto del Paese. Sono uno strenuo difensore del diritto della nostra autonomia di utilizzare in maniera anche diversa ed originale le proprie competenze, ma in questo caso mi sembra che la scelta non produca benefici. Sicuramente non ne beneficia l’Agenzia, in quanto l’elemento di terzietà dalla politica non è certo superfluo al fine di considerarla autorevole, e condivido che la riorganizzazione del 2012, motivata da necessità di semplificazione e risparmio, non ha migliorato la situazione (e questo, sia chiaro, al di là delle professionalità che lavorano oggi nella struttura). Ma non ne beneficia nel lungo periodo nemmeno il sistema nel suo complesso: si trasmette un messaggio d’impegno nella salvaguardia del patrimonio ambientale meno forte di quello che potrebbe essere, e questo può avere effetti non solo sulla percezione dei nostri cittadini ma anche verso l’esterno”.
“La normativa provinciale - gli fa eco Toffolon, - rende l’APPA subalterna al potere politico, in un clima complessivo d’invadenza della politica, che tende a comprimere l’autonomia degli organi tecnici in ossequio alle aspettative degli assessori”.
Cambiare la legge
Se giuristi, consiglieri di maggioranza e di opposizione ed esponenti di associazioni ambientaliste come quelli interpellati rilevano in modo unanime l’anomalia giuridica che caratterizza l’APPA e il sistema di controllo ambientale in Trentino, perché da vent’anni nessuno fa niente per rimuoverla? “Il Movimento 5 Stelle trentino, - ci risponde Degasperi, - ha inserito direttamente nel proprio programma lo svincolo dell’APPA dalla struttura amministrativa provinciale: in questa legislatura intendo conseguire risultati in merito”.
Un’eventuale proposta di legge al riguardo potrebbe trovare sponda nel Partito Democratico?
“Varrebbe la pena - sostiene Manica - riflettere se i vantaggi derivanti dalla scelta della Provincia di mantenere in house il sistema di protezione ambientale siano prevalenti rispetto agli svantaggi che ho citato prima. Io penso che un’APPA autonoma potrebbe significare, per le imprese, non solo controllo, ma anche accompagnamento fattivo in un percorso virtuoso di crescita nella gestione degli impatti ambientali, che torna inevitabilmente a vantaggio delle imprese stesse. Per le realtà che hanno capito l’importanza di un’attenta gestione ambientale nello sviluppo del loro business, come elemento per distinguersi ed emergere in un mercato complesso e difficile, avere un soggetto in grado di affiancarle con autorevolezza potrebbe essere un importante aiuto. Non ci sono solo le discariche da controllare o le emissioni da verificare, ci possono essere anche soggetti imprenditoriali che crescono, si evolvono e che possono imboccare percorsi virtuosi. È fondamentale trasmettere dentro e fuori dal Trentino il messaggio che l’ambiente è tutelato senza se e senza ma, perché se s’incrina questo elemento fiduciario si azzoppa gravemente un volano insostituibile della nostra economia, elemento distintivo e di vantaggio competitivo nei prossimi difficili anni”.
Questi positivi intendimenti potrebbero trovare un’occasione propizia di convergenza nella riforma del sistema nazionale di protezione ambientale su cui sta attualmente lavorando il Parlamento. Al momento, il testo in discussione a Roma conferma pienamente l’autonomia tecnico-scientifica, amministrativa e contabile delle agenzie ambientali, e oltretutto obbliga le prestazioni tecniche ambientali delle agenzie al rispetto di livelli essenziali minimi e uniformi definiti a livello nazionale. Nel momento in cui tale testo diventerà legge, le Regioni e le Provincie autonome avranno centottanta giorni di tempo per adeguare le leggi istitutive delle rispettive agenzie ambientali. Quale occasione migliore per riformare la scriteriata legge provinciale n°11 del 1995 che ha istituito l’APPA, dandole finalmente l’autonomia dal potere politico che la legge nazionale (e l’ambiente) richiedono?
Non è solo una questione giuridica
I nostri intervistati, tuttavia, in coda ai loro ragionamenti, si sono ritrovati concordi nel sottolineare un aspetto importante: cambiare la legge non basta. E se a dirlo è un giurista, bisogna crederci. “Anche se si svincolasse l’APPA dalla struttura provinciale - riflette il professor Lugaresi - questo non garantirebbe automaticamente una sua maggiore autonomia sostanziale, che ad ultimo dipenderebbe dalle scelte di carattere organizzativo e finanziario. In sostanza l’autonomia dovrebbe essere affermata teoricamente (svincolarla strutturalmente sarebbe un primo passo), ma soprattutto dovrebbe essere assicurata ‘materialmente. E non è facile, in un momento in cui l’attenzione per le tematiche ambientali sembra affievolita, tanto a livello nazionale che provinciale. Ci vorrebbe un po’ di sensibilità, non solo ambientale, e un po’ di coraggio”.
Il tema, in altre parole, è quello dell’applicazione effettiva della legge. Eccezion fatta per Bolzano, altrove in Italia la legge nazionale istitutiva del sistema di protezione ambientale è stata recepita senza il meccanismo anomalo trentino. Eppure, questo non ha evitato la Terra dei Fuochi in Campania, l’Ilva a Taranto, e via enumerando i casi più clamorosi di inquinamento ambientale degli ultimi vent’anni. E questo è accaduto perché, laddove la legge afferma che l’agenzia per l’ambiente di turno dev’essere autonoma dalla politica, le prassi e le condizioni materiali di cui ha parlato il professor Lugaresi vanno nella direzione opposta. In sostanza, oltre alla legge, va cambiata la cultura ambientale, dei decisori come dei cittadini.
“Viviamo in un Paese - concorda Toffolon - dove le norme contano quasi zero. A dover cambiare è il costume, secondo cui oggi il governatore decide e i tecnici fanno carte false per fornire un paravento logico alle sue decisioni. È necessaria la consapevolezza da parte dei cittadini che il prevalere della politica sui pareri tecnici è semplicemente inaccettabile. Ci vuole un cambio culturale da parte degli elettori, che questi comportamenti dovrebbero censurare fin dentro l’urna”.
A noi pare, in definitiva, che le strade siano da battere entrambe: quella giuridica e quella culturale. Sarebbe una svolta rispetto a un tema, quello dell’autonomia dei controlli ambientali in Trentino, dove su entrambi i fronti, in questi vent’anni, si è fatto troppo poco, o proprio nulla.