Dall’ingegneria aerospaziale a Malga Valli
Una storia di tecnologia e decrescita, metropoli e montagna, cucina a km. zero e musica indipendente.
Michele Berti è venuto al mondo nel fatidico 1977 (l’anno della cacciata del segretario della CGIL Luciano Lama dall’Università di Roma), in quel pugno di case di fronte a Rovereto - al di là dell’Adige - che si chiama Brancolino. La casa di famiglia è quella antica che chiude il paese verso sud: di fronte la strada provinciale della destra Adige, e dietro le vigne pregiate del padre vignaiolo. Difatti il fratello studia da enologo, ma Michele no, lui ha una passionaccia per la tecnica, per gli aggeggi complicati. Così lui fa l’Istituto tecnico industriale, il biennio a Sant’Ilario, e poi a Verona il triennio per perito aeronautico, diplomandosi nel 1996. Dopo, il Politecnico a Milano, ingegneria aereospaziale, specializzazione in impianti aerodinamici. Nel 2003 conclude con una laurea specialistica sulle tecnologie da “galleria del vento” per rotori di elicotteri, e per preparare la sua tesi frequenta i laboratori specializzati di una ditta d’alta tecnologia dell’hinterland milanese, la “Soluzioni tecnologiche avanzate”, dove il suo bernoccolo viene notato dal titolare, un ingegnere settantenne, che non se lo lascia scappare. Discussa la tesi, Michele entra subito in produzione, cooptato nei quadri tecnici dell’impresa segue progetti per la Fincantieri, la SAIPEM, la Pirelli, ecc.
Dal 2003 al 2010 lavora con la “Soluzioni tecnologiche avanzate”. Una vita frenetica, di base a Milano ma in realtà sempre in giro, senza un attimo di respiro. È contento, fa quello che lo ha sempre appassionato, e sono soddisfazioni. In breve, nonostante l’età e sotto l’ala protettrice del titolare dell’impresa (con cui ha un ottimo feeling), si ritrova con una competenza professionale invidiabile, che gli spalancherebbe le porte del mondo dell’industria tecnologicamente più avanzata. Ma lui non le varca, anzi... torna indietro.
Milano non gli sembrava un posto dove potersi pensare a lungo termine; quando poteva faceva un salto a Brancolino, ma le occasioni erano sempre meno. Arriva al punto in cui dovrebbe decidere di consacrare tutta la sua vita al lavoro, tagliare i ponti con la campagna, col Trentino, concentrarsi davvero solo su quel lavoro. E la nostalgia gli tira un brutto scherzo. Ha sempre amato la montagna, proprio il Pasubio in particolare, che per lui è una montagna magica, e conosce già Malga Valli, una vecchia malga pasubiana a 1600 metri, che il comune di Terragnolo ha risistemato ed affidato ad una cooperativa che la gestisce come rifugio. Nel 2010 la cooperativa si ritira dalla gestione, e il fratello, che lavora come enologo in Toscana e vorrebbe anche lui tornare in Trentino, gli propone di prenderla in gestione loro due.
Michele in realtà è un tecnologo molto particolare, passa le sere a leggere di tutto, con un interesse speciale per i teorici della decrescita. E decide di praticare una sua decrescita personale, prendendo in gestione la malga con il fratello. Con la sua ditta tecnologica non tronca proprio i rapporti, della vita in malga lo attira anche un’altra dimensione del tempo, l’elasticità e la stagionalità di quell’impegno. Stanno in malga in primavera ed estate, poi in tardo autunno ed in inverno la malga la devono chiudere per il gelo, che impone di svuotare le canne dell’acqua e che per mesi copre di neve e ghiaccio la strada d’accesso dalla quale devono portare su i rifornimenti, e nelle stagioni secche anche qualche autobotte d’acqua. Così, sceso a valle, Michele può anche continuare a fare lavori di progettazione dalla casa di Brancolino, tenendo con la ditta contatti on-line.
Il suo vecchio principale - quello che se lo è tirato su - non si capacita proprio, non ci può credere che sia finito in una malga e continua ad offrirgli ponti d’oro per riprenderselo in ditta a tempo pieno, ma intanto gli affida progetti in telelavoro (chiamiamolo così).
Anche la “Soluzioni tecnologiche avanzate” ovviamente risente della crisi economica, lavora meno in Italia e si è spostata sempre più all’estero, in paesi emergenti, prendendo lavori in India, nei paesi arabi, in Russia, in Colombia, Messico. A Michele propongono sempre di andare a seguirli lui, ma lui tiene duro a Malga Valli.
La malga si raggiunge da Rovereto prendendo la strada per la Vallarsa che sale dalla piazza del municipio, sotto il castello, e poi, dopo l’eremo di S.Colombano, si prende a sinistra la strada per Trambileno. Passate tutte le frazioni di Trambileno, si sale il Pasubio per la strada che porta a Giazzera (villaggio il cui nome è tutto un programma) e poco prima di arrivarci si volta ancora a sinistra per una stradina che sale alle malghe del Pasubio. Sono altri bei chilometri erti, di tornanti nel bosco, finché non si apre quella specie di pianoro prativo di Malga Valli, con sotto, da una parte, la val Lagarina, e dall’altra la valle di Terragnolo. Di fronte, una corona di monti: si intravvedono lo Stivo, il Finonchio, il Bondone, e, in lontananza, qualche punta delle Dolomiti del Brenta. Dietro sale ancora una zona di pascoli e malghe. Una strada della Grande Guerra la attraversa nella direzione delle cime settentrionali e occidentali del gruppo del Pasubio (il Dente italiano, il Dente austriaco, il Palon, quella zona “sacra” segnata profondamente dagli eventi bellici).
A Malga Valli si mangia solo, per dormire non c’è che una minuscola cella sotto il tetto, dove possono stringersi a dormire non altri che i gestori. Ma posso immaginare cosa sia per Michele, dopo Milano, alzarsi all’alba e uscire a respirare l’umidità del bosco ancora notturno, ascoltare i suoni del risveglio.
Se Michele seguiva i suoi progetti industriali come segue ora i processi di cottura - penso di sì, una mia amica maestra dice sempre che “quei bravi i è bravi n’tut” - non fatico a capire come abbia fatto a sfondare nel campo delle tecnologie aerospaziali.
A Malga Valli mangiate meglio che in qualunque altro posto in terra lagarina (opinione personale ovviamente). Una cucina con prodotti da km zero, pochi piatti-base ma forgiati con materiali provenienti dalle malghe della zona e dalle aziende agricole bio delle valli del Leno: tutti piatti dal sapore antico, intenso, impregnato di sfumature e aromi. E poi, alle volte, anche musica.
Negli anni milanesi, nei ritagli di tempo era riuscito a mettere in piedi, con alcuni amici, uno studio di registrazione ed una etichetta discografica indipendente, la Fragile, distribuita dalla Universal, che ha fatto vari dischi con musicisti più o meno giovani, ibridando i generi musicali. Ed ogni tanto, in una pedana di legno costruita subito sotto la malga, può capitare di ascoltare qualcuno dei musicisti milanesi conosciuti allora. Musica metropolitana fra le malghe del Pasubio.