Appuntamento in questura
La mia compagna sta cercando di fare il permesso di soggiorno permanente. Ha preparato tutte le carte e ora mancano solo le impronte digitali. All’uffico apposito le hanno dato l’appuntamento.
Contenta, è tornata a casa. Subito dopo, però, si è accorta che quel giorno si sarebbe trovata all’estero a 4000 km di distanza, a trovare i suoi: già da un mese aveva acquistato il biglietto aereo. Non c’è problema - dico io - telefonerò in questura per spostare l’appuntamento e lei parte tranquilla: siamo a Trento, qui le cose sono semplici.
L’indomani telefono in questura. Otto volte ho provato nel giro di più ore, ma il telefono risultava occupato o squillava a vuoto. Per non perdere altro tempo, decido di recarmi di persona negli uffici. Ci vado con l’autobus, come fa la maggior parte degli stranieri, perdendo tra andata, fila e ritorno, circa un’ora e mezza.
Arrivato il mio turno, parlando con la signora allo sportello, vengo a sapere che sarei dovuto arrivare in ufficio con una delega scritta da parte della mia compagna e con tutti i documenti necessari. Il motivo per cui non è possibile spostare l’appuntamento è un problema di privacy. Lo spostamento dell’appuntamento poteva farlo solo la mia compagna, andando di persona in questura. Faccio presente che se mi avessero risposto al telefono avrei potuto evitare un viaggio inutile.
Appena la mia compagna è tornata dall’estero, ad appuntamento scaduto, ci rechiamo assieme alla questura per avere un nuovo appuntamento. L’impiegata ci fa presente la gravità di quello che abbiamo fatto: uno straniero deve mettersi in testa che il permesso di soggiorno viene prima di tutto, prima dei suoi viaggi e dei suoi affetti. La mia compagna avrebbe dovuto rinunciare a visitare i suoi famigliari. Lo spostamento di un appuntamento lo fanno solo in caso di morte o di grave malattia. Concedono proroghe anche per la morte di famigliari. A quel punto abbiamo chiesto di parlare con un superiore. Ci ha risposto di verbalizzare il tutto sul foglio di carta dove era segnato l’appuntamento. Ho scritto una mezza dozzina di righe per spiegare il tutto, firmato dalla mia compagna. L’impiegata ha detto che avrebbe sottoposto il caso al superiore e ci ha invitati a venire un’altra volta. Non ritenendo la risposta soddisfacente, abbiamo insistito, non ci andava dover tornare ancora. La signora ci ha fatto notare che stavamo facendo i nostri comodi danneggiando un sacco di gente che aspettava (una quarantina, come si può vedere dalla foto, dopo la quale sono arrivate altre 15 persone). Trascorsi venti minuti di attesa, l’impiegata è tornata e ci ha fissato un altro appuntamento a distanza di un mese, alle 11.37 precise E a quel punto siamo andati a festeggiare.