Festa dell’Unità sulla neve... ella fu!
“Suvvia siate buoni, è Natale! Non infierite venendo a chiedermi di una creatura, che ho amato e pasciuto con gioia per 29 anni”.
Alberto Rella, per anni fra i massimi dirigenti del PCI trentino, non si dà pace, ma la decisione è già stata annunciata nel gennaio scorso, quando a Folgaria prese il via l’ultima edizione.
Dunque niente più Festa dell’Unità sulla neve. Nel bene o nel male la decisione è presa e indietro non si torna, l’imponente macchina organizzativa dell’ evento che ha dato vita per trent’anni a momenti culturali, musicali e di confronto politico intenso e partecipato, ha detto stop.
È un pezzo di storia militante della sinistra che va in archivio, una consuetudine collaudata, una formula aggregativa straordinariamente efficace. Ad ogni edizione si contavano 25-30 mila presenze sulle nevi di Folgaria, Moena, Andalo, per poi tornare a Folgaria. Senza contare l’aspetto economico/turistico: gennaio, per la montagna, subito dopo le feste natalizie, è un periodo morto.
Perchè questa decisione senza appello?
Rella, pur nel suo appassionato “amarcord” è disincantato: “È finita un’epoca, è cambiato tutto, i costumi, il modo di muoversi e di interagire... Con internet e i social network le distanze si sono accorciate. Le ultime edizioni venivano allestite con un grande supporto organizzativo di sezioni numericamente molto forti, come Modena e Reggio Emilia e ad un certo punto si è capito che molte anime organizzative, anche all’interno del partito trentino, non erano più disposte ad accollarsi quel peso”.
Eppure ricordo che altri partiti, come la Lega e un anno anche i Socialisti avevano tentato di copiare quella settimana di “narrazione politico-culturale”, come qualcuno direbbe, passata indenne attraverso il PDS, i DS ed ora il PD.
“Certamente, ma nessuno poteva vantare una macchina ben oliata e potente come la nostra. La prima edizione della Festa dell’Unità sulla neve fu nel 1979: lo sforzo organizzativo era notevole, ma noi riuscivamo sempre ad uscirne in piedi, sia dal punto di vista organizzativo che economico. Pensi che nell’ultima edizione abbiamo raccolto 40.000 euro per il terremoto in Emilia. Ricordo con affetto il grande impegno di persone come Bruna Marchesoni, Roberto Decarli, Giuliano Andreolli... Grazie al loro impegno avevamo sempre cantautori di prima grandezza, intellettuali del calibro di Michele Serra, big politici come Berlinguer. E non era facile, queste cose vanno pensate con spirito imprenditoriale, non basta organizzare, devono dare un risultato per la propria realtà territoriale”.
Tutto cambia, insomma, ed anche il partito è cambiato: in meglio o in peggio?
“Non saprei, è diverso. Oggi siamo sempre in campagna elettorale, i dirigenti sono come trottole, corrono da una parte all’altra dell’Italia molto più di prima”.
Non vede anche nella rinuncia a questi momenti ricreativi il pericolo di quel distacco dalla base che si materializza spesso come un fantasma?
“Si perde, certo, ma è la nostra realtà attuale. Quale individuo, quale famiglia, quale comunità, non ha perso oggi rispetto a trent’anni fa?”