Grandi sprechi e “popolino”
La politica comunale e provinciale fra tagli dissennati e folli spese inutili
La diffusa convinzione che in fondo noi non si faccia parte dell’Italia, e dunque neppure del suo destino in questi tempi alquanto oscuri, sta giocando un brutto scherzo agli abitanti della provincia di Bolzano. La gravissima crisi che coinvolge l’economia, la finanza, l’impresa e le istituzioni, viene ancora sentita come lontana, estranea. Ed effettivamente il morso della disoccupazione e dei fallimenti arriva attenuato in Sudtirolo. I mercatini di natale luccicano e accolgono migliaia di turisti, hanno tratto perfino giovamento dalla minaccia della crisi, con la riduzione delle cineserie a favore dei prodotti locali, e le previsioni per la prossima stagione sciistica sono buone.
Tuttavia non si può ignorare che negli accordi fra Stato e Provincia i prezzi da pagare, come contributo generale e contropartita all’aumento delle competenze, sono pesanti. Soprattutto lo saranno le conseguenze di investimenti sbagliati, che rischiano di scaraventare sulle prossime generazioni debiti altissimi e danni da riparare.
Riassumiamo.
1. L’aeroporto
L’aeroporto di Bolzano è costato finora più di 100 milioni di euro. San Giacomo è terz’ultimo fra i 38 aeroporti d’Italia. Secondo le statistiche di Assaeroporti ha avuto un calo del 43,5%, e nel 2013 un ulteriore calo del 2,2%. Di più se si tiene conto che la Provincia compra un bel numero di biglietti. Dal gestore Air Alps si è passati allo svizzero Darwin. E nel mese di ottobre per 30 volte i passeggeri sono rimasti a terra. Molti - e non solo gli ambientalisti che avevano raccolto a suo tempo 35.000 firme per chiedere inutilmente che si facesse la Valutazione di impatto ambientale e una valutazione dei costi-benefici - si chiedono seriamente che senso ha tenerlo aperto. Con una cifra minima si potrebbero incentivare le imprese di trasporto che già oggi offrono un servizio di navetta con gli aeroporti del nord-Italia, dell’Austria e con Monaco di Baviera.
2. L’inceneritore
Il nuovo inceneritore di Bolzano, da poco messo in funzione, è stato costruito chiaramente sovradimensionato. Lo si sapeva fin dall’inizio, e nonostante i calcoli fatti da esperti indipendenti, lo si è voluto grande e unico in tutta la provincia. Ora, con la raccolta separata dei rifiuti finalmente introdotta (anche se in modo demenziale) a Bolzano, i rifiuti sono ulteriormente diminuiti. Alcuni propongono di importare i rifiuti, con aumento delle emissioni sulla conca del capoluogo, dove l’inversione termica li tiene all’altezza dei polmoni della gente, o di bruciare dell’altro. Ad esempio i fanghi dei depuratori. Per quest’ultima opzione, secondo il direttore del laboratorio provinciale di chimica fisica, si dovrebbe rifare la Valutazione di impatto ambientale e modificare l’impianto, che è già costato più di 100 milioni, un bel po’ di più di quanto preventivato.
Il 7 di novembre un guasto ha provocato la fuoruscita di monossido di carbonio in misura 40 volte superiore al limite consentito (a fronte di una soglia di circa 100 milligrammi per mc. d’aria, ha fatto registrare un picco di circa 3/4.000 milligrammi), di acido cloridrico (HCl, schizzato a quota 60, circa il 50% in più dei valori abituali), e sforamenti anche per gli ossidi di azoto (NOx) e inoltre mercurio e monossido di carbonio. Della diossina non si sa, perché il rilevatore era spento. Molte persone hanno dichiarato di avere sentito “odore di plastica bruciata”. La plastica, che viene raccolta (e poi bruciata per aumentare la temperatura dell’inceneritore?) quando viene bruciata produce appunto diossina. Le autorità sono state informate 4 giorni dopo l’accaduto dai gestori dell’inceneritore, che sono l’Associazione di imprese che l’ha costruito.
Il 20 dello stesso mese, il guasto si è ripetuto, ma stavolta si è detto che le emissioni sono state meno gravi. Gli ambientalisti, che da sempre (anche contro i politici verdi) sono contro l’inceneritore, faranno un esposto. Saranno chiamati i politici e i dirigenti delle società di gestione a pagare i danni sanitari alle persone, in caso di condanna?
Dal punto di vista economico l’inceneritore avrebbe dovuto fornire riscaldamento a diversi quartieri, ma ci vorranno anni perché le condotte siano pronte. Nel frattempo è possibile, e per chi scrive altamente augurabile, che l’inceneritore chiuda i battenti, perché la sua esistenza provoca danni alla salute e perché rallenta una politica moderna e civile dei rifiuti. La prepotenza dei politici e la mancanza di democrazia in Sudtirolo ha impedito che riuscisse quanto già avvenuto a Montebelluna o a Trento, dove, soprattutto grazie all’impegno davvero eroico dei militanti di Nimby, i trentini oggi sono stati liberati dai rischi di una struttura che è espressione di una concezione antiquata e primitiva delle politiche dei rifiuti.
3. Il cemento
La passione per il mattone anima gli amministratori della città di Bolzano. Lettori e lettrici ricorderanno la proposta del Kaufhaus Bozen del finanziere austriaco René Benko, che ha suscitato l’entusiasmo degli “addetti ai lavori”, ma non del “popolino”, come si legge su certa stampa italiana locale, che tradizionalmente fa coincidere la cementificazione con la modernità. Un intero quartiere a ridosso del centro storico viene trasformato in un immenso centro commerciale. Un’operazione già fatta da Benko a Innsbruck con notevole successo. Una cordata di commercianti e professionisti sta facendo una proposta alternativa, sempre ad alta densità. Il Comune si è a sua volta entusiasmato e ha dimenticato i suoi compiti. Che sono: a) di capire di che cosa ha bisogno la città per non cementificare il suo scarso territorio; b) di farsi aiutare in questo compito dai cittadini, attraverso un’ampia consultazione; c) di trovare soluzioni per sistemare il servizio di assistenza a bassa soglia, chiamato “drop,in Binario 7”; d) di trovare soluzioni abitative per le numerose persone, immigrati, ecc. che vivono nei condomini che verrebbero abbattuti per “riqualificare” il quartiere; e) di fare i conti sulla funzionalità della stazione delle autocorriere, sui costi di illuminazione e areazione conseguenti al suo totale interramento; f) di dire come verrà collegato questo pesante intervento con il rifacimento dell’area della stazione ferroviaria, per cui il comune si è impegnato.
Non si può credere che per il Comune, quando parla di “riqualificare”, intenda liberarsi di presenze scomode. Il Comune di Bolzano non può credere che i privati si impegnino per il bene pubblico e non sembra mettere in conto l’ipotesi nient’affatto improbabile che l’operazione si riveli un flop. A costo della collettività?
Benko, già condannato dalla Corte d’Appello di Vienna per pratiche corruttive legate a questioni fiscali, non è un filantropo, e nessuno gli chiede di esserlo, ma gli amministratori pubblici dovrebbero difendere il bene collettivo.
4. La cultura
Una cifra iperbolica è stata dilapidata dall’assessore provinciale alla Cultura italiano, Tommasini, per il (suo) sogno che Bolzano diventi città europea, insieme a Trento, Venezia e Trieste. Durnwalder, pur perplesso, l’ha lasciato fare, nonostante nella Svp non ci fosse entusiasmo per una proposta che ricordava la “Venezia Tridentina”. Venezia ha speso 70.000 euro, già troppo considerato che il suo sindaco si è espresso contro, Trento 100.000. Bolzano ha speso più di un milione. Per una sola cena elegante per gente elegante sono stati spesi 50.000 euro. Associazioni e iniziative di lingua italiana ne hanno risentito: soppressa la rivista di studi storici Storiae e tante altre cose. A lavorare nel progetto, bocciato già alla preselezione perché contrario al bando di concorso, ci sono decine di persone vicine all’assessore.
5. I trasporti
La SASA, società di servizio pubblico di Bolzano, ha comprato cinque costosissimi autobus a idrogeno. Per anni la Provincia non ha rinnovato il parco autobus del capoluogo. Quando ormai a viaggiare c’erano le carrette, ha imposto questo acquisto “ecologico”, per giustificare il sovradimensionamento della centrale a H2 costruita a Bolzano Sud. Per comprare gli altri autobus, 41 in tutto, non c’erano più soldi. Dunque per sostituire gli autobus a metano si sono comprati autobus - udite udite - a gasolio! Un esempio perfetto di come gli errori (sovradimensionamento della centrale H2) vengano scaricati sempre sulla cittadinanza (inquinamento da gasolio della stragrande maggioranza degli autobus e spese imprevedibili tipo aumento del prezzo del gasolio).
Oltre ad essere auspicabili argomenti del lavoro della Corte dei Conti, questi sono temi, insieme al tunnel del Brennero e al cosiddetto centro di guida sicura, che devono porre alla nuova giunta interrogativi pesanti e ai cittadini inermi preoccupazioni gravi.
Quando ci sarà da tagliare, continueranno ad aumentare la retta degli asili nido e delle scuole per l’infanzia? Accorceranno ancora la settimana di scuola? Peggioreranno ulteriormente la cura per i malati cronici e ridurranno ancora l’assistenza agli anziani? O finalmente si taglieranno gli sprechi?