L’ennesima “bretella” nella Piana Rotaliana
Qualcosa di nuovo per favorire la mobilità? No, la ricetta è la solita...
La proposta di qualche anno fa di realizzare collegamenti veloci per ferrovia tra alcune valli e Trento (allora denominata Metroland) e le proposte alternative (la più nota, il trenino di collegamento con le valli dell’Avisio) aveva fatto sperare che i trentini avessero in mente qualcosa di nuovo per favorire la mobilità. Invece, anche se con meno intensità rispetto agli anni ‘80-90, si sono realizzate e progettate solo nuove bretelle e tangenziali. L’ultima proposta in zona è quella di Grumo.
Il progetto, che alla fine ci costerà circa 8 milioni, è stato redatto dalla Provincia e nelle settimane scorse è stato presentato dall’amministrazione comunale ai cittadini. Il sindaco ha dichiarato di apprezzare il progetto che risponde alle richieste degli abitanti di Grumo, i quali lamentano la presenza di traffico lungo la statale che attraversa la frazione in destra Adige. Secondo molti, infatti, la realizzazione alcuni anni fa della nuova strada (altra costosa bretellina) che ha deviato il traffico pesante da e per Mezzocorona, avrebbe aggravato ulteriormente la situazione. Una sensazione che ignora però due fatti: la tangenziale di Mezzolombardo ha deviato da Grumo-S. Michele un’apprezzabile fetta di traffico commerciale e pendolare diretto a Trento, e la recente crisi ha fatto il resto. Tuttavia, una parte della popolazione preme e gli amministratori ne devono pur tenere conto... Gli accorgimenti tecnici (frutto anche di suggerimenti del Comune) hanno permesso di ridurre a un ettaro e mezzo circa il consumo di suolo agricolo.
Alla serata di presentazione è intervenuto il rappresentante del locale comitato per la valorizzazione dell’Adige (che vorrebbe rinaturalizzare il tratto urbano liberando il fiume dal traffico stradale che lo stringe sul fianco sinistro: la statale del Brennero). Il comitato, pur dicendosi soddisfatto, ha ritenuto il progetto tardivo e monco, e per “completare l’opera” ha rilanciato con la proposta di una nuova strada da costruire verso sud, tracciato che ricalcherebbe la vecchia Sepi, proposta di “moda” negli anni ‘80, allora contrastata a furor di popolo (contadini in testa) e cancellata dal PUP con la realizzazione, qualche chilometro più in là, della Trento Nord-Mezzolombardo-Rocchetta.
La sensazione è che se i problemi di traffico vengono presi in considerazione senza un disegno strategico e talvolta anche senza dati di flusso alla mano, non ci sarà mai una fine. Nel passato sono stati realizzati alcuni interventi (tangenziali di Lavis, Mezzolombardo, Taio) che trovavano ragione nel fatto che i flussi di traffico in quei luoghi risultavano insopportabili per le popolazioni, e altre opere del genere sono in programma (Cles); alcuni interventi sono stati invece fatti con meno fondamento, come il collegamento Cavedago-Fai della Paganella, ecc.); altri sono in attesa e carsicamente emergono (la tangenziale di Roverè della Luna); alcuni sembrano accantonati (galleria del Corno tra Spormaggiore e Mezzolombardo).
Gli esempi da seguire
È un peccato che molti amministratori e cittadini, peraltro gemellati con municipi del nord Europa, non si ispirino a quelle realtà anche riguardo ai trasporti. In una terra avara di spazi come il Trentino sembrerebbe ovvio ricercare soluzioni atte al risparmio di territorio. Nell’area compresa tra Ala e la Rotaliana risiede metà della popolazione trentina, una struttura urbana che si può considerare di tipo metropolitano e che sembra tagliata su misura per essere servita da un efficiente servizio di trasporto pubblico su rotaia. Molti di noi pensano alla Germania quando vogliono sostituire l’automobile o un elettrodomestico, ma forse non sanno che dal prossimo gennaio, in alcuni Länder, non vi saranno più comuni sotto i 10.000 abitanti e che vi sono aree di eccellenza in tema di trasporto pubblico. Risolvere i problemi con modelli obsoleti non è il modo migliore per affrontare il futuro. Sino a pochi anni fa la bicicletta come uso per la quotidianità o il turismo era molto poco considerata, mentre ora sta vivendo un trend di crescita esponenziale, il che significa futuro e posti di lavoro.
È necessario progettare un modello di trasporti condiviso dalla comunità intera e non singoli progetti disorganizzati che spostano i problemi nei comuni limitrofi. Una quota importante della popolazione è “debole” perché non guida l’automobile. Ma anche costoro devono poter accedere ai servizi con la maggiore autonomia e i minori costi possibili. Frequentare una biblioteca, trovarsi con gli amici, partecipare a un corso, raggiungere un teatro deve diventare come se tutto fosse sotto casa. Oggi, invece, in certi orari, o hai l’automobile o devi farti accompagnare. Bisogna uscire dalla logica che ogni campanile abbia tutti i servizi riservati, perché ciò non è sostenibile. Una comunità più grande può permettersi quelle sinergie che allo stesso costo possono offrire più servizi, servizi un tempo impensabili, ma oggi irrinunciabili per mantenere la nostra sovranità sul territorio.
Programmare in modo condiviso è un’opportunità che vale la pena cogliere per costruire un modello da esportare, per essere domani invidiati (è un brutto termine, ma rende l’idea...) perché noi la bretella non l’abbiamo fatta.