La favola di Dellai
Il giorno prima dell’addio al potere provinciale, L’Adige aveva più che abbondantemente rievocato la vicenda politica (e umana) di Lorenzo Dellai; con toni fondamentalmente benevoli, ma non esenti da spunti critici. Tutto sommato, dei bei servizi. Ma quando l’indomani (siamo al 30 dicembre) si tratta di raccontare l’ultima giornata del presidente a palazzo, il cronista si emoziona, perde la testa e si tuffa stoltamente nell’agiografia, con un lungo racconto in stile vagamente nord-coreano, spezzettato in più articoli, che vi proponiamo senza commenti, limitandoci a cucire i diversi brani.
L’indimenticabile giornata ha inizio alle 9.30, “quando, ancora saldamente sulla tolda di comando della Provincia, Dellai si è presentato a bordo della Audi A8 presidenziale nella sede del Consiglio... Nonostante la giornata, che non è esagerato definire epocale, nemmeno ieri egli ha lasciato trapelare la benché minima emozione”. Incontrando i suoi assessori, questi “gli hanno regalato un iPad e - citazione degli ultimi suoi discorsi nazionali - uno zaino da montagna” (vedi “Il presidente montanaro”, su QT di dicembre)
Poi il Nostro “irrompe in sala stampa... con il suo solito passo svelto... e subito tutti, come scolaretti al primo giorno tra i banchi, si mettono in riga. Fino all’ultimo comandante della nave che ha diretto per 14 anni, il governatore, anche nell’ora dell’addio, ci tiene a far sapere che fino alla firma il suo impegno è stato tutto per il Trentino”.
E finalmente parla. “Al plurale, quasi volesse abituarsi al ‘maiestatis’ delle stanze papali romane”.
Laborioso anche in questa giornata che dovrebbe essere soprattutto di festa, “a sottolineare la sua dedizione fino all’ultimo alla causa trentina, in giunta ha fatto approvare quattro delibere che interessano i temi dei giovani, del lavoro e della crescita”.
Ma di che umore era, il principe dimissionario?
“Sicuro di sé, pronto alla battuta, affascinato dalle nuove sfide romane... Commosso, nostalgico, a tratti malinconico era invece il Dellai che dopo le 13 è sceso nelle cantine della Provincia per un commiato, con sobrio brindisi, ai tanti mondi che compongono la comunità trentina”.
Poi un gustoso, istruttivo aneddoto: “I miei nonni, uno contadino mezzadro e l’altro muratore, non credo abbiano mai pensato che il loro nipote sarebbe potuto diventare presidente della Provincia”. Questa storia “è il suo cavallo di battaglia - commenta il cronista - già usato quando diventò sindaco e che, magari, rispolvererà a Roma. Se mai un giorno dovesse diventare ministro”.
Eppure anche i nonni avrebbero potuto prevedere: “Fin da giovane Dellai aveva in testa questo obiettivo. Quando i suoi compagni del liceo Prati e gli amici d’infanzia tiravano calci al pallone in qualche campetto polveroso, lui se ne stava in disparte e andava alle direzioni di partito della Democrazia Cristiana ad imparare la strategia politica e ad ascoltare le lezioni degli allora potenti ‘baroni’ della Balena bianca... Già ai tempi dei pochi mesi di studi universitari a Bologna... aveva in testa il suo destino. Per questo - forse - non è uno che, almeno esternamente, si lascia andare alle emozioni. Un freddo... che usa la battuta (e pure un certo atteggiamento aggressivo) per nascondere la sua naturale timidezza. Ieri mattina, forse proprio per non lasciare trasparire le sue emozioni, era un vortice di battute”.
Combattuto fra aggressività e timidezza, tra freddezza ed emozione, “alla fine è stato Dellai a riprendere il microfono per interrompere il batter di mani: ‘Basta! Non fatemi commuovere. Chiudiamo alla trentina con un bicchiere di vino insieme’”.