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QT n. 12, dicembre 2012 Seconda cover

Oligarchia o democrazia?

Primarie provinciali: la volontà dei cittadini o un accordo fra i capipartito? Dopo il successo delle primarie nazionali, quelli che vogliono innovare, quelli che temono di rimetterci.

“Le primarie? Solo se servono”. Questo è stato il refrain di tanti esponenti del mondo politico provinciale. Decodificando dal politichese: il successore a Dellai ce lo scegliamo noi. Poi, se proprio non riusciamo a metterci d’accordo, allora forse... A nostro parere, questa è una visione da oligarchia, da casta chiusa: la politica cosa nostra è, che i cittadini si intromettano il meno possibile. Posizione ancor più antidemocratica in Trentino: dove, a meno di prossimi improbabili sconvolgimenti, il centrosinistra è destinato a vincere per manifesta inferiorità dell’avversario, in preda a crisi e divisioni profonde. E quindi il presidente della Giunta, con i suoi amplissimi poteri, semplicemente non verrebbe eletto, bensì nominato da sei-sette persone, segretari e papaveri, riunite attorno a un tavolo. Al cittadino il mero compito di confermare, salvo la possibilità di protestare con il voto all’esecrata antipolitica.

Noi pensiamo invece che le primarie siano, tanto più oggi, un passaggio doveroso. Anche perché la presentazione di diversi candidati, con diverse storie e visioni, può essere un momento di pubblica discussione e decisione sul nodo politico ora centrale: quale giudizio dei quindici anni di Dellai, cosa tenere, cosa correggere, cosa buttar via per guidare il Trentino e l’Autonomia nei burrascosi tempi della crisi.

E le primarie del Pd nazionale sono ruotate infatti attorno ad alcune questioni cruciali: il ricambio di un gruppo dirigente perdente eppure ossificato; cosa prendere e cosa lasciare della famosa Agenda Monti.

Questi interrogativi li poniamo, anche in termini scomodi, ai massimi esponenti del Pd e dei partiti alleati.

Michele Nicoletti

Il più convinto sostenitore delle primarie sembra il segretario dei democratici trentini Michele Nicoletti: “Quando può decidere, la gente partecipa, questo ci hanno detto le primarie nazionali. All’indomani del voto siciliano, quando invece si temeva un dilagare dell’antipolitica praticata in senso distruttivo. Se organizzate seriamente hanno senso, sono apprezzate dai cittadini; e si è visto che il doppio turno permette a più candidati di un partito di correre per presentare diverse sensibilità, per poi concentrarsi al secondo turno sulle opzioni principali”.

Bene. Però qui in Trentino sembrano più robuste le resistenze.

“Nelle ultime settimane ci siamo più concentrati sul programma, con la coalizione discutiamo di contenuti”.

Veramente gli alleati spingono in altre direzioni, per un accordo a tavolino...

“Ho trovato invece grande apertura. Nel Patt senz’altro, nell’Upt con qualche dubbio. È uno strumento che si va imponendo, per la sua capacità di coinvolgimento in un momento di crisi della politica: non a caso se ne discute, per quanto in maniera arruffata, nel Pdl; e nella Svp in crisi”.

Rivolgiamoci allora agli alleati del PD, che a nostro avviso scontano un timore, essere schiacciati in una consultazione dal partito più grosso (con scarsa convinzione in se stessi: se presenti candidato e programma migliore, il candidato del PD se ossificato viene travolto, lo si è visto con i candidati della piccola Sel in tante primarie, dalla Puglia a Milano).

Franco Panizza

“Abbiamo sempre detto che non riteniamo le primarie la soluzione del problema - ci dice Franco Panizza, segretario del Patt - Noi abbiamo i nostri momenti decisionali per scegliere il nostro candidato; poi proponiamo dei ragionamenti nella coalizione e non necessariamente le primarie. La prossima legislatura sarà dolorosa, con scelte difficili e anche impopolari, che potrebbero non essere approvate dalle primarie”.

Mi sembra che abbia scarsa fiducia nella democrazia...

“Io dico che il candidato non deve essere il più popolare, ma il più giusto. Non deve prevalere l’immagine accattivante, ma la capacità di gestire e cambiare l’amministrazione”.

E chi lo decide? Quattro oligarchi?

“Nel Patt facciamo tre riunioni a sera, ci confrontiamo con migliaia di persone, e tanti non sono nostri tesserati, e a loro spieghiamo quello che intendiamo fare. Non credo proprio che non conosciamo i processi democratici. Capiamoci: noi non siamo contro le primarie, purché non siano condotte sul filo dell’emotività, bensì su un confronto dei programmi. Vogliamo la partecipazione popolare, non l’apparizione in Tv”.

Il problema è la Tv?

“In un partito non si decide attraverso la Tv. Se con le primarie si allarga la base decisionale, se ci dimostrano che è un metodo serio, noi non siamo preventivamente contrari. Purché si solleciti il ragionamento, non la pancia, con una Borgonovo Re che dice spazziamo via tutti”.

Insomma, primarie serie vuol dire che c’è qualcuno che ha il potere di eliminare certe candidature?

“Vogliamo che chi si candida dica come intende governare. Se la gente sapesse sempre valutare correttamente, non avremmo avuto 20 anni di Berlusconi”.

Per quello, anche Hitler andò al potere regolarmente eletto, la democrazia è piena di difetti. Però storicamente è meglio dell’oligarchia.

“A me risulta che la scelta dei candidati sia affidata ai partiti, di una cassa rurale il direttore lo sceglie il cda, non i soci. Detto questo, ripeto che a primarie serie non siamo contrari. D’altra parte il PD, dopo una proposta iniziale, ha lasciato cadere il discorso”.

L’altro alleato del centro-sinistra è l’UPT. Orfano di Dellai che veleggia ormai verso Roma, già “partito dei sindaci”, ora con i sindaci in rivolta contro le Comunità di Valle, è un partito alla ricerca di se stesso. Non ama le primarie.

Giorgio Lunelli

Noi rappresentiamo una proposta che ha alle spalle 15 anni di capacità di governo, e una tradizione che negli ultimi 60 ha costruito il Trentino - puntualizza il segretario Giorgio Lunelli - La sintesi di queste culture può costruire una squadra, mentre le primarie si limitano a indicare una leadership”.

Non è abbastanza?

“Guardiamo le primarie Renzi/Bersani: in realtà non si è decisa una leadership, il candidato premier, ma una linea politica o un’altra. Una sorta di congresso. In Trentino invece, nel centro-sinistra non c’è problema di linea politica”.

Come no? Cosa tenere e cosa cambiare dei 15 anni di Dellai...

“Politica vuol dire decidere con chi ci si mette assieme. Noi, a differenza di Renzi e Bersani, abbiamo stabilito il perimetro della coalizione. Quindi, se abbiamo deciso chi deve stare assieme, vuol dire che abbiamo una visione condivisa del governo del Trentino”.

A me sembra che fra Tarolli dell’UDC e Nicoletti del PD, che stanno assieme a Trento, ci sia molta più differenza che tra Renzi e Bersani.

Ripeto: il PD ha fatto un congresso, noi qui non ne abbiamo bisogno. E per scegliere il candidato non è vero che l’alternativa, come dice lei, sia fra le primarie e i segreti accordi di sagrestia. In mezzo ci può essere un percorso che non è oligarchico”.

Freddi quindi, molto freddi gli alleati del PD verso le primarie. Ma fra gli stessi democratici le perplessità sono ampie e variegate: “Se vogliamo fare le primarie di coalizione facciamole, ma per me è meglio se le possiamo evitare - aveva detto in agosto su L’Adige il presidente del Consiglio Provinciale Bruno Dorigatti. - Se siamo il primo partito dobbiamo sentire la responsabilità di tentare di unire invece di dividere”.

Insomma, le primarie sono “laceranti”, gli alleati non le vogliono, meglio non forzare.

Ora precisa: “Io sono contro le doppie primarie, prima quelle del PD, poi quelle di coalizione. Non va: dobbiamo proporre agli alleati primarie di coalizione. Ma senza la pretesa di imporle, loro hanno il diritto di non accettarle”.

Posizione debole...

“Ma realistica. Se gli alleati con noi non ci stanno, il PD va all’opposizione”.

Maurizio Agostini

Passiamo alll’ex segretario Maurizio Agostini.

“Se non sono ben indirizzate, si prestano ad essere usate per lasciar passare messaggi di tutti i tipi. Come chi non è del centro-sinistra eppure viene a votare. I partiti non possono rinunciare al ruolo di discussione dei programmi e formazione/filtro dei dirigenti”.

Questa è teoria. Nella pratica, di programmi non vedo molto discutere. E in quanto alla selezione dei dirigenti, prevale il principio io appoggio te e tu appoggi me; il PD trentino è quello che si tiene allegramente la Cogo per quanto responsabile di truffa.

“Io dico che da una parte i quattro segretari che seduti attorno a un tavolo decidono la candidatura, in realtà sono espressione di altrettante realtà che si confrontano sul territorio. Dall’altra, le primarie vanno costruite e regolate con criteri di serietà, altrimenti riflettono gli stessi difetti della politica politicante che si vorrebbero togliere di mezzo”.

Giorgio Tonini

Chiudiamo infine con il senatore Giorgio Tonini, già nell’entourage di Veltroni, sempre lucido, molto realista (anche troppo), e comunque uno che dentro il PD trentino conta.

“Sì, gli alleati devono essere ovviamente d’accordo”

Ma voi le primarie le ponete come punto dirimente o come optional?

“Non vedo negli alleati obiezioni di principio, stiamo lavorando per arrivare a una condivisione. Poi, c’è una questione di calendario: se a livello nazionale si vota a marzo, le primarie locali vanno fatte immediatamente dopo...”

...ma vanno stabilite prima. Altrimenti ha buon gioco la corrente che i posti se li vuole spartire, lasciando fuori i cittadini: si incomincia a rinviare, tanto c’è tempo... e poi è troppo tardi.

“Capisco e concordo. Noi le dobbiamo fare. Però come farle, se a doppio turno..., sono tutte cose da discutere. Ma questo confronto lo si può ragionevolmente fare solo dopo le elezioni nazionali, quando saranno stabiliti i rapporti di forza. Si deciderà chi siede a capotavola: ora ci sta Dellai, dopo si vedrà. Perché è chiaro, se saranno più forti loro, e non le vogliono fare, noi non potremo certo impuntarci”.

Se invece il PD vince le elezioni nazionali...