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Il triste destino dei lavoratori Anffas

Ultima venne la beffa. Il destino dei lavoratori dell’Anffas provinciale, già segnato da una gestione discutibile delle risorse, è ora tracciato: dall’anno prossimo molti di loro resteranno a casa, mentre i fortunati superstiti avranno il privilegio di vedere il loro stipendio abbassato del 20-25%.

Recentemente abbiamo avuto modo, su Questotrentino, di descrivere la difficile posizione degli assistenti educatori la maggior parte dei quali è dipendente di Anffas (dicembre 2011), e di commentare il miserabile accordo raggiunto tra l’associazione e la sola CISL (aprile 2012) per i nuovi contratti dei dipendenti (che non prevedono più l’integrativo provinciale, ma tornano al nazionale puro, con conseguente forte riduzione della paga).

Nelle ultime settimane, il sindacato ha infine proposto ad Anffas di estendere a tempo indeterminato il contratto di chi è assunto da più di 600 giorni, e di prorogare proprio a 600 giorni il contratto di chi ha più di 360 giorni di lavoro alle spalle. Ci si domanda quanti, in percentuale, potrebbero beneficiare di questo accordo, e che ne sarebbe dei precari dopo le proroghe. La decisione in merito, prevista per inizio luglio, potrebbe essere destinata a lasciare comunque per strada parecchie persone.

I lavoratori dell’Anffas, che spesso sono iper-formati e si trovano a svolgere mansioni che esulano dalla loro qualifica, hanno dunque stipendi sempre più modesti e una situazione contrattuale precaria e priva di garanzie. Questa condizione, già di per sé non entusiasmante, è stata largamente aggravata dalla gestione in rosso dell’associazione, che si è ritrovata - complice un’amministrazione economica scellerata - un buco di quasi un milione di euro nel bilancio dello scorso anno.

Non è superfluo ricordare che Anffas è una associazione nazionale, ma in Trentino ha preso da qualche anno la forma di onlus autonoma e in quanto tale è stata finanziata prevalentemente dalla Provincia di Trento. La scelta dell’autonomia si è dimostrata, come spesso accade quando i rapporti di forza sono sbilanciati, un boomerang: se la Provincia paga, non ci sono problemi; se invece Piazza Dante decide di stringere i cordoni, o per lo meno di non sostenere costi aggiuntivi, la situazione precipita. Proprio questo è accaduto, in un certo senso; e la tiepida tranquillità dell’agiatezza si è trasformata in tragedia.

Non si può certo chiedere alla Provincia di farsi carico, secondo la peggiore logica assistenzialistica, delle altrui colpe, riparando alle magagne create da altri a suon di euro. D’altra parte è però logico pretendere che la PAT prenda in seria considerazione la penosa situazione delle decine di lavoratori che si sono ritrovati nel giro di pochi mesi tra l’incudine e il martello.

Finora così non è stato, purtroppo.

Eppure la Provincia ha investito, eccome; con beffarda oculatezza. Proprio l’anno scorso, infatti, la Giunta ha approvato l’acquisto della nuova sede di Anffas, per una cifra tutt’altro che modesta, oscillante tra i tre e i quattro milioni di euro. Poco importa se quella sede diventerà una scatola vuota. Se la bulimia edilizia della Provincia è già di per sé deplorevole, in questo caso assume le tinte fosche di una sprezzante condanna a decine di lavoratori.

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