Andrea Oliva alla Filarmonica di Rovereto
Peccato non ascoltarlo
Ha piglio Andrea Oliva, primo flauto dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, passato per l’Orchestra Giovanile Gustav Mahler e la Mahler Chamber Orchestra, i Berliner Philarmoniker e l’Orchestra Mozart, diretto da von Karajan, Abbado, Maazel, Pappano e vincitore dei prestigiosi concorsi internazionali Kobe e ARD di Monaco. È il piglio di chi sa esattamente cosa vuole dal suo strumento e dalla musica che suona, domandoli e assecondandoli entrambi in un’impeccabile dialettica. Oliva è musicista eccellente nel coniugare la cura meticolosa di ogni dettaglio dell’esecuzione con un gusto e una visione interpretativa niente affatto banale, facile e superficiale. Incanta immediatamente il suono sfavillante, ma poi affascina ancor più gli orecchi (attenti) la ricca modulazione e il controllo dei colori e delle dinamiche, a costruire un fraseggio narrativo dotato di senso ed originale. L’Introduzione e Variazioni sul Trockne Blumen di Schubert rischiano spesso di essere una vetrina per un virtuosismo da “palestra per le dita” con i doverosi tempi di recupero nei momenti più cantabili: Oliva le rende come una racconto che si dipana tra tempi rubati e dilatati, variazioni sbarazzine o impetuose e momenti di affettuoso lirismo, dove l’abilità tecnica non prende mai il sopravvento sulla visione complessiva della narrazione musicale. La Fantaisie di G. Hüe e la Serenata in re maggiore di Beethoven sono stati introduzione e intermezzo, musicalmente non troppo interessanti, al programma, prima della Sonata in re maggiore di Prokof’ev, dove ancora una volta Oliva ha dato prova di ottima sapienza esecutiva e intelligenza interpretativa, elegantemente accompagnato dal pianoforte di Marco Grisanti. I flautisti che c’erano se lo sono ovviamente goduto e nonostante tutto ci fa piacere la presenza di qualche giovane studente un po’ caciarone durante l’esecuzione, in mezzo ad un pubblico dove l’età media è certamente piuttosto alta: non possiamo però non rammaricarci di una sala Filarmonica mezza vuota. La ricordiamo piena solo al classico appuntamento natalizio o quando magari è l’occasione di ascoltare il giovanissimo fenomeno musicale del momento, che a volte fa solo più notizia che davvero buona musica. Peccato, per Oliva ne valeva pena.