Piuttosto cosa?
La bestialità di cui vogliamo occuparci è inusuale: non si tratta di uno dei tanti errori indotti da scarsa cultura, come potrebbe essere il sempre meno frequente utilizzo del congiuntivo. Parliamo di un avverbio che, dall’oggi al domani, con spiritosa invenzione, qualcuno ha cominciato ad usare rivestendolo di un significato quasi opposto a quello corretto. Dopo di che il contagio si è propagato.
Fino a ieri, piuttosto che significava per tutti invece che, anziché, più di, e simili. Controllate subito s’un vocabolario, prima che lo strafalcione - dio sa da chi escogitato - prevalga e venga ufficializzato. Già, perché da qualche tempo piuttosto che è passato a significare semplicemente o, oppure. “Mi piace il pesce piuttosto che la carne” indica da sempre una preferenza per una cosa anziché per un’altra; secondo la nuova moda, invece, i due termini collegati dal piuttosto che vengono considerati equivalenti. Il che confonde inutilmente il discorso. Il vezzo si è diffuso con una velocità straordinaria, contagiando equamente tanto gli ospiti televisivi di Maria de Filippi come i docenti universitari riuniti a convegno, fino all’illustre Roberto Saviano, col rischio che fra un po’ il nuovo significato venga accolto nei vocabolari. E parliamo di rischio non in nome della purezza della lingua, ma perché una parola utilizzata indifferentemente con due significati così lontani non può che produrre confusione.
Qualcosa di simile, in effetti, è già successo ad un’altra sovrapposizione, stavolta di origine meno oscura. Realizzare, più che attuare, oggi significa quasi sempre comprendere, italianizzato dall’inglese to realize: uno sdoppiamento di cui non si avvertiva il bisogno, ma ormai di uso corrente. Ancora in forse, invece, l’accoglimento di piuttosto che nel salotto buono; alcune reazioni pubbliche, perfino un ruspante video su You Tube fanno sperare che la bestialità possa rientrare.