L'obbligo all'alcool in Zoderer e Sartori
Joseph Zoderer, da "L’italiana"
Era con individui come Naz e Flötscher che suo padre aveva tra scorso i suoi anni, come maestro, come giocatore di carte e infine sempre più come misero compagno di sbornie che nessuno dei giocatori, quando lui non riusciva più a reggersi sulle gambe, aveva ritenuto degno d’essere accompagnato per quel paio di passi dall’osteria del Giglio fino alla scuola, e più volte suo padre s’era smarrito lungo quel tragitto ridicolmente breve, fin giù al torrente della chiesa dove l’avevano ritrovato almeno una volta coi piedi in acqua. E più d’una volta lo avevano anche ricoverato a Pergine, nel più vicino o quanto meno più noto fra i più vicini sanatori per alcolizzati, in un manicomio insomma, e per di più nella confinante provincia italiana, assieme a quegli idioti di Walschen, come diceva la gente. Quando però, dopo settimane riappariva, riprendevano subito a invitarlo a bere una birra o una grappa e a giocare a carte".
Giacomo Sartori, da "Tritolo"
Hai proprio un’aria da funerale, devi bere qualcosa per tirarti su’ - lo riscosse Stefan guardiacaccia della tenuta Kofler, ficcandogli in mano un altro stivale, mezzo del quale gli si versò sui pantaloni. Poi fu l’Alfred, il carrozziere che gli aveva preso una fortuna per rimettere a posto la fuego, dopo la doppia giravolta la sera della sentenza per la rissa con il carabiniere faccia di cazzo, a costringerlo a partecipare a un altro giro. E poi a un altro ancora, a tutti i costi: altrimenti voleva dire che era una donnicciola".