La cooperazione vista da sinistra
La "svolta" del movimento, vista dalla Lega delle cooperative, l’associazione di sinistra, è parzialmente diversa. Manca l’enfasi sulla centralità del socio, tipica dei cugini cattolici della Federazione, come pure l’attenzione all’aderenza al territorio. "Il tratto distintivo della cooperazione - dice Bruno Tamponi, segretario della Lega trentina - è la mutualità tra i soci: cioè il principio cardine ‘una testa, un voto’, e quindi l’irrilevanza del capitale nel comando. Se a questo aggiungiamo che l’utile è indisponibile ai soci, e serve a patrimonializzare la cooperativa, è chiaro che chi fonda una coop non lo fa per arricchirsi, ma per perseguire altre finalità, di carattere sociale."
Di fronte alla realtà dei manager-padroni e di coop che sono realtà multinazionali, tutto questo non sa di catechismo cooperativo?
"A nessuna impresa possono essere posti limiti dimensionali; e al di là delle dimensioni, rispetto a un’impresa privata c’è sempre la differenza di fondo: si persegue non la massimizzazione del capitale, ma del reddito dei soci-lavoratori; e le finalità sociali."
E allora, la vostra svolta, che ufficializzerete nel prossimo congresso?
"Sta nell’assumere la libera concorrenza del mercato, cioè nel rinunciare al consenso ideologico, agli appoggi politici, che giustamente ci hanno in passato sostenuto (perchè noi ne realizzavamo i programmi sociali: vedi in Trentino lo sviluppo dell’agricoltura). Il che vuol dire ripensare a noi stessi, coniugando mercato e finalità sociali. E abbiamo nuove frontiere: ad esempio, le piccole cooperative, che svolgono le mansioni - dall’informatica alle pulizie - che oggi le grandi aziende tendono ad esternalizzare. Chi fonda una di queste cooperative, con tutti gli orpelli e obblighi burocratici conseguenti, lo fa per la mutualità fra i soci, perché la figura del socio-lavoratore è una grande risorsa."