Lettera di fine anno al Presidente
Ho letto il discorso che Lei, presidente Dellai, ha rivolto ai Suoi colleghi, e quindi alla popolazione, dall’aula del Consiglio. La prima parte così recita: “La massima libertà può condurre al massimo disorientamento e non è tanto questione di perdita dei punti di riferimento, quanto il risultato di una sistematica incoerenza che deriva dalla molteplicità di punti di riferimento contrapposti”.
Sinceramente un certo disorientamento l’ho provato anch’io nel leggere queste parole: chiare, significative e soprattutto comprensibili a tutti. Mi sono anche chiesto se tutto sto po’ po’ di roba, più il resto, Lei sia riuscito ad esprimerlo a braccio o con l’aiuto di qualche foglio. Comunque sia, in entrambi i casi, una prova ammirevole.
Forse anche per riprendermi da un certo smarrimento, trovo interessante la sua idea di creare un centro simile allo “Yad Vashem” di Gerusalemme; un centro che, si dice, ci potrà dare utili indicazioni sul “chi siamo e da dove veniamo”, e magari anche qualche notizia sul “dove andremo a finire”.
Preoccupante è invece la scomparsa del termine “ambiente” dal Suo lessico e – speriamo di no – dal Suo orizzonte mentale. Lo ha sostituito con un più rassicurante, pittoresco e meno impegnativo “paesaggio”; dove le abitazioni, le case, diventano le “casote de legn de piaza Fera”, le montagne e le selve diventano festose Gardaland invernali e i silenziosi sentieri dei boschi comode carrozzabili per Suv e Quad (vedi il sentiero per Ardemolo e tanti altri). Si umilia la natura portandola ai nostri parametri, dimenticando forse che essa è sì madre amorevole, ma giustamente severa, a volte implacabile.
Un po’ paternalistico, quasi messianico – comunque accettabile – trovo poi il Suo invito ad accelerare la procreazione, a moltiplicarsi: si potrà così finalmente scopare con più serenità, lena e ardore, sicuri con ciò di contribuire al benessere collettivo.
Quel che rimane del Suo intervento mi sembra una cortina fumogena di roboanti parole, un’esposizione di presuntuosi concetti, un voler apparire più che un voler dire. Quel che si vive e si sente, invece - non certo per colpa solo Sua - è una realtà ambientale tossica, un serio e concreto degrado “paesaggistico”, come Lei preferisce definirlo. Si avverte anche un certo imbolsimento (un tempo si sarebbe detto “imborghesimento”) in una parte del tessuto sociale e intellettuale della collettività, a tutti i livelli. Forse la causa di ciò sta nei tanti diritti, forse nei troppi privilegi, di un’autonomia (se per autonomia s’intende la capacità di poter crescere, evolversi, realizzarsi senza dipendenza alcuna, sia essa dalla mamma, da una donna o dalla Provincia)… di un’autonomia, dicevo, che ci ha resi paradossalmente meno autonomi, più dipendenti in tutti i sensi, più ricchi di soldi ma più poveri di umanità.