Consiglieri del Presidente: in America si fa così. E in Trentino?
Durnwalder ha dei consiglieri? Non mi sembra una novità, li avevano anche i principi. Né è una prova di democrazia, in un personaggio che ha azzerato il dibattito politico nella sede deputata, il Consiglio Provinciale – ci dice la nostra corrispondente da Bolzano Alessandra Zendron, che del Consiglio è stata presidente durante la scorsa legislatura.
Approfondiamo quindi il tema con il prof. Sergio Fabbrini, ordinario di Scienza Politica all’Università di Trento, e studioso in particolare della politica americana. E proprio negli Usa abbiamo forse l’esempio più noto del “think tank”, serbatoio di idee, del Presidente, gruppo di persone che si riuniscono in maniera informale per discutere delle strategie di governo.
“In America nel Presidente si concentra una quantità enorme di compiti di governo; è logica, quindi, una stratificazione di organi, dipartimenti, agenzie, fino a quella che gli studiosi chiamano la “Presidenza personale”: all’interno di questa troviamo il gruppo think tank, che il Presidente frequenta in maniera del tutto informale”.
L’esempio più noto è forse il gruppo attorno a Clinton...
“... il FOB, Friends of Bill, gli amici di Bill: 15-18 persone che si incontravano tutti i mercoledì in maniera appunto informale, jeans, birra e hot dogs, piedi sul divano. E discutevano dei grandi temi: l’ambiente, la Cina, i palestinesi... Non c’era alcun verbale nè l’obbligo di tirare le fila del discorso, anche se poi Clinton interveniva con molta determinazione per concludere con dei punti fermi”.
Bush invece?
“Si trova con un gruppo legato alla destra religiosa, da cui riceve informazioni e consigli. Ma non sono discussioni, a Bush (e al suo super consulente Carl Rove) interessa solo capire le reazioni di quella parte del suo elettorato. Ma non si tratta di una visione dell’America, bensì di calcoli elettorali”.
E gli altri presidenti?
“Possiamo dire che il think tank sia nato negli anni ‘30 con Franklin Roosvelt, che chiamava leader sindacali, di colore, intellettuali, a discutere. Una pratica poi oscurata con Eishenower, figura solitaria; e ripresa alla grande con Kennedy, che si incontrava con economisti, scienziati, intellettuali come Schlesinger. Anche Bush padre aveva un gruppo di persone con cui discutere, in genere professori universitari: ma, a differenza di Clinton o Kennedy, la molla non era il gusto del nuovo, che si voleva conoscere e verso cui si voleva andare; lo stimolo era l’establishment, con cui si volevano intrecciare rapporti.”
Roosvelt con il New Deal, Kennedy con la Nuova Frontiera, Clinton con il futuro dell’ambiente e della tecnologia... si può dire che c’è una correlazione tra una linea politica innovativa e l’esigenza del presidente di discutere liberamente?
“In America il Presidente è senza il partito. I partiti sono solo comitati elettorali, non organizzano seminari, scuole quadri, non elaborano programmi. Di qui l’esigenza di costruirsi organismi propri, se vuole avere una strategia di governo”.
In Italia invece?
“L’analogia è con Prodi, che non ha un partito. Per cui si è organizzato una struttura personale, composta da un gruppo di amici: dei tempi dell’università, dell’Iri, della casa editrice Il Mulino.”
Veniamo a Durnwalder e alla Svp.
“La Svp è essenzialmente una macchina di costruzione del consenso, non ha le forze per elaborare strategie. Riflette la società, non guarda avanti. Forse Durnwalder è partito da questo dato, per passare ad organizzare il suo Cenacolo”.
E in Trentino?
“Kessler in parte usava questo metodo, si rivolgeva a docenti, economisti, giornalisti. Allora era l’eccezione, oggi dovrebbe essere la regola. In Trentino, rispetto al Sudtirolo c’è una società più articolata, con l’Università più forte, la stampa più pluralista, il mondo culturale svincolato dal tabù dell’Heimat, che costringe la società a guardare sempre indietro, a difendere le radici. Sarebbe opportuno che anche qui si creassero maggiori canali tra la politica e gli esperti della società civile. Oggi nei partiti non ci sono le competenze per governare; i politologi, gli economisti di valore, sono nelle Università e nei centri di ricerca”.
A noi rimane un dubbio: che in Trentino lo strumento principe attraverso cui il potere si rapporta con l’intellettualità siano le “consulenze”. Che in ogni caso, anche il più virtuoso, non è un discorrere ampio, ma ristretto ad un ambito specifico. Quando non è invece il vile denaro in cambio dell’assenso (sempre meno autorevole) ad una decisione già presa. Anche di qui un interrogativo di fondo: la Giunta Dellai, che ancora parla di migliaia di miliardi in nuove tangenziali, ha una strategia?