Sindacati e continuità didattica
Premetto che conosco il disegno di legge di riforma dell’ordinamento della scuola trentina elaborato dall’assessore Salvaterra soltanto per l’illustrazione, necessariamente sintetica, che ne è stata fatta dalla stampa locale.
Tuttavia, come genitore, non posso fare a meno d’esprimere apprezzamento per il tentativo dell’assessore di porre un argine all’eccessiva mobilità degli insegnanti, un problema particolarmente sentito soprattutto nelle zone più lontane dalla città e che tanto nuoce alla continuità didattica, intesa non come valore fine a se stesso, bensì come ingrediente necessario ad una maggiore qualità dell’apprendimento dei nostri figli.
Mi dispiace dover dissentire su questo dal segretario provinciale della CGIL-Scuola, Flavio Ceol, che, a quanto leggo dai giornali, tende a smorzare l’enfasi che si pone sulla continuità, ma forse anche gli insegnanti ed i loro rappresentanti sindacali la penserebbero diversamente se provassero a calarsi nei panni di quei genitori che hanno visto il proprio figlio conoscere nell’arco di un solo anno scolastico ben sette insegnanti di lettere, coi risultati che ne conseguono..
Mi auguro quindi che il sindacato voglia dare il proprio contributo costruttivo per migliorare, ove se ne ravvisi l’opportunità, il disegno di legge dell’assessore Salvaterra, tenendo però presente che la pur legittima azione di tutela degli insegnanti non dovrebbe essere portata ad un punto tale da porsi in contrapposizione con l’interesse altrettanto legittimo dei ragazzi, che anzi dovrebbe costituire l’elemento essenziale su cui far convergere, seppur nella diversità di ruoli, l’azione della scuola e quella delle famiglie.
Sono convinto inoltre che, ad uno sguardo lungimirante, una relativa stabilità del corpo insegnante (non dimentichiamoci che in fondo si parla di tre anni, non di una vita) gioverebbe anche agli insegnanti stessi, per almeno tre buoni motivi:
1. La soddisfazione di portare a compimento un progetto educativo, contribuendo in maniera incisiva alla formazione di bambini e giovani, anziché limitarsi a riempire un intervallo di tempo troppo breve per concludere qualcosa, ed appena sufficiente per cominciare a conoscere la classe, gli alunni che ne fanno parte e le loro dinamiche relazionali;
2. Valorizzare maggiormente la scuola pubblica eliminando quell’eccesso di mobilità che viene percepito come uno dei suoi punti deboli, spesso tra le principali motivazioni che favoriscono la scelta delle scuole private o parificate che dir si voglia;
3. Contribuire, con quanto detto sopra, a recuperare almeno parte di quel prestigio sociale di cui spesso gli insegnanti, con ragione, lamentano la perdita; il loro è un ruolo strategico, che proprio per questo non può convivere con un’eccessiva mobilità, pena l’assimilazione ad altre figure professionali, tutte degne di rispetto ma certamente non così influenti sulla formazione delle donne e degli uomini del nostro futuro.
Efrem Zancanella
Presidente del Consiglio d’Istituto