Aiuto alle famiglie o alle associazioni amiche?
Un grappolo di proposte all’avanguardia, ma reticenti sul concetto di “famiglia” e con la creazione di un apparato pletorico e costoso
La vuole il governo, che il 10 novembre ha avviato i lavori della Conferenza Nazionale sulla Famiglia; la spinge il Parlamento Europeo con una proposta del 20 ottobre per le due settimane di congedo paternità retribuito, e di famiglia si sta occupando anche il Trentino, insomma tutti, la politica, la Chiesa, l’associazionismo, il volontariato, la vogliono, promuovere e aiutare, ma nessuno oggi sa dire cos’è.
O meglio, in Europa l’approccio al concetto di famiglia è laico e l’idea di genitorialità è decisamente paritaria, se è vero come è vero che in certi paesi del Nord Europa il congedo parentale dei padri è obbligatorio per legge. In Italia, fanalino di coda nell’emancipazione femminile e campione continentale di condizionamenti da parte degli ambienti cattolici, si arranca, e forse una buona legge sulle politiche familiari non l’avremo mai, se continueremo a non chiarire che cosa si intende per “famiglia”.
Anche in Trentino siamo in piena bagarre familiare, con un testo che arriverà in Consiglio Provinciale prima di Natale e che nello scorso mese di ottobre ha impegnato non poco la Quarta Commissione Permanente, deputata a legiferare in ambito sociale.
Il disegno di legge licenziato è frutto dell’accorpamento di ben cinque proposte (due delle minoranze, una del Patt, una del Pd ed una della Giunta Provinciale), ed introduce una serie di agevolazioni e accessi a servizi decisamente innovativi e vantaggiosi per chi vuol fare famiglia e mettere al mondo bambini.
Peccato che il lavoro di sintesi che si doveva fare, razionalizzando l’esistente in termini di politiche sociali, sia quanto di più artificioso si sia mai visto nel panorama legislativo. E peccato che anche in Trentino siamo di fronte ad un concetto strettamente tradizionale di famiglia, formata da padre, madre, due o tre figli, o quanto meno ad una sorta di forte orientamento verso questo modello, se si indicano come soggetti interessati a nuovi progetti di vita nubendi e giovani coppie, mentre non si fa alcun cenno a coppie di fatto, conviventi, famiglie allargate, famiglie separate.
Ma tant’è, chi vorrà rimanere in questo recinto (su tutti quanti gli altri soggetti non è dato di sapere) avrà certamente, come dicevamo, una serie di aiuti niente affatto trascurabili. Verranno concessi prestiti senza interessi a nubendi, giovani coppie e famiglie con uno o più figli a seconda del reddito e un contributo mensile per il genitore che si astiene temporaneamente dal lavoro per dedicarsi alla cura del figlio nel suo primo anno di vita.
Per le famiglie con tre figli a carico sono previste tariffe scontatissime per la mensa, il trasporto e il prolungamento d’orario nelle scuole d’infanzia, oltre a prestiti per la copertura di spese mediche, acquisto o riparazione di veicoli, mobili, elettrodomestici. Per chi ha bambini da 0 a tre anni, in regime di conciliazione dei tempi famiglia-lavoro, vi saranno bonus per l’asilo nido e la tagesmutter, e in caso di mancanza di entrambi un assegno per provvedere in proprio. Saranno anche promosse e agevolate le attività estive dei ragazzi in età scolare, come verranno incentivati i progetti di telelavoro, sia nel pubblico che nel privato; ed ancora vi saranno variazioni del calendario scolastico che possano conciliare le esigenze lavorative delle famiglie. Il tutto erogato con un unico assegno, se ne occuperà lo “Sportello unico per il cittadino e la famiglia”.
E fin qui tutto ok, anzi, praticamente l’America rispetto al nulla più assoluto attualmente esistente a livello nazionale, o al poco che si potrà fare in tempi di crisi. Peccato che a corollario di questo libro dei sogni entrino in gioco una pletora infinita di organismi: il Distretto Famiglia, la Consulta Provinciale per la Famiglia, il Comitato Scientifico, l’Agenzia Provinciale per la Famiglia, oltre al già citato Sportello Unico per la famiglia. Una domanda: ma quanto ci costerà tutto questo apparato?
Inoltre nel “Sistema integrato delle politiche strutturali per la promozione del benessere familiare e della natalità” (questo il contorto nome dato alla legge) si scrive che essa “punta a valorizzare le associazioni familiari che favoriscono il mutuo aiuto nel lavoro domestico, di cura familiare, la solidarietà intergenerazionale, la promozione dell’educazione delle famiglie. In tal senso, la Provincia può concedere contributi fino all’80% della spesa ammessa per sostenere il funzionamento delle associazioni iscritte all’albo delle organizzazioni di volontariato.”
Chi sono tutte queste fantasmagoriche associazioni? Il Forum Trentino delle Associazioni per la famiglia, ispirato a solidi princìpi cattolici che riconoscono solo il matrimonio canonico, da solo, ne conta 37, più l’Associazione Laica Famiglie in Difficoltà e qualche altra, che annusando l’arrivo di contributi si metterà certamente in fila.
Ma allora si finanziano le famiglie o i progetti delle associazioni? E quali associazioni? I patronati che dovranno supportare l’impianto burocratico del provvedimento? Oppure tutte le associazioni di volontariato che si occupano di famiglia?
Ed ancora, quale sorte spetterà a chi non vuole nemmeno sentir parlare di associazionismo, ma si aspetta l’erogazione di un contributo in quanto libero cittadino in possesso di requisiti per accedere a quel contributo punto e basta?
Altro aspetto niente affatto trascurabile: la legge, al momento, non ha copertura finanziaria, la Giunta, anno per anno, provvederà con singole autorizzazioni di spesa. La domanda è d’obbligo: succederà come con il provvedimento per le cure odontoiatriche, dove molti degli aventi diritto sono stati esclusi perché erano finiti i fondi?
Per essere chiari: una legge sulle politiche di conciliazione famiglia-lavoro e per incentivare il lavoro femminile sarebbe indispensabile in una comunità autonoma che vanta una socialità all’avanguardia, ma questo testo, per andare nella direzione della modernità, andrebbe sfrondato - e non poco - da tutta una serie di postille in odore di prebende al solito associazionismo, magari attivo, ma soprattutto munifico di voti, all’occorrenza.
Una vittoria dei conservatori
Il concetto di famiglia non ha una sua definizione cristallizzata nel tempo come nello spazio: muta nelle diverse aree geografiche come muta nel tempo, se pensiamo che pochi anni fa in Italia (non nei Paesi islamici) uccidere la moglie colta in flagranza di adulterio non era un reato ma un delitto d’onore, un gesto di cui andare fieri; e muta anche nelle diverse concezioni politiche (tanti figli per la patria nel fascismo, un solo figlio nella Cina comunista) e religiose. Non trova una sua univoca definizione neppure nella scienza giuridica, che apre su fronti sempre più avanzati (matrimonio tra persone dello stesso sesso, figli adottabili da coppie omosessuali ecc.), come nel campo della sociologia. Si fronteggiano oggi due contrapposte e inconciliabili concezioni: quella conservatrice di matrice cattolica (a destra e a sinistra dello schieramento politico) per cui una famiglia è tale se composta da un marito, una moglie con uno o più figli e quella progressista di matrice laica per cui la famiglia è lo “stare insieme” tra più persone, sposate o conviventi, dello stesso sesso come di sesso diverso, con o senza figli, naturali o adottati che siano.
A fronte di un concetto così fluido, non riducibile a un unico significato, il miracolo si è realizzato in Consiglio Provinciale, dove è stato siglato un patto che ha dato alla luce un disegno di legge sulla famiglia condiviso e sottoscritto in un’orrida alleanza tra il conservatorismo territorial-teocon (PATT più Morandini più Dellai) e il pragmatismo filoassociazionista (leggermente catto-comunista) del PD. I primi invocando la famiglia intesa come matrimonio e figli, allargandola fino ai “concepiti” (e perché non ai “concependi”?); i secondi chiudendo gli occhi sulle derive teocon in nome di possibili, più che probabili (mancando una qualsiasi previsione di spesa), vantaggi economici per le famiglie, senza però sia dato di capire di che si parli.
Nella assoluta confusione di concetti così lontani come quelli espressi da Morandini (aiuti anche per i “concepiti”) e da Dorigatti (nessuna apertura al “concepito”) si rischia di non aiutare nessuno: né la famiglia come la vorrebbero i conservatori, né la famiglia come la vorrebbero i progressisti. Anche si superassero gli oltre 80 emendamenti dell’Italia dei valori nascerebbe l’ennesima “legge manifesto”, priva della possibilità di incidere realmente per l’assenza in legge di una definizione del concetto di famiglia destinatario degli aiuti economici (per cui non si capisce, ad esempio, se una coppia regolarmente sposata senza figli è una famiglia o una coppia); e per l’assenza di previsione finanziaria e conseguente copertura a bilancio di una spesa peraltro neppure ipotizzata nella sua entità.
Il risultato maggiore lo portano a casa i conservatori di entrambi gli schieramenti: quelli di destra, che vedranno riconoscersi in legge il concetto di famiglia allargata al “concepito” quale soggetto giuridico cui spettano dei diritti, ma soprattutto un po’ di contributi, con tutto ciò che ne consegue in tema di aborto, pillola del giorno dopo ma anche di razionalità della spesa pubblica; e i conservatori dentro al PD che oltre alla riconferma della loro idea tradizionale di famiglia vedranno confezionato per l’associazionismo cattolico un duplice regalo: il mantenimento delle varie consulte e organismi e la gestione dei (pochi) contributi che arriveranno.
A perdere invece saranno le posizioni più laiche, moderne e aperte di chi, soldi permettendo, riterrebbe giusto aiutare tutti coloro che insieme, sposati o conviventi, con figli o senza, progettano una vita in comune.
Mauro Bondi