Acqua, bene comune
Le idee sviluppate da Marco Meler, amministratore di Dolomiti Energia in un articolo sull’Adige mi pare che siano in linea con quelle utilizzate per giustificare il sacco delle risorse idriche esercitato da anni dalle multinazionali in Toscana.
Il processo industriale in corso di Dolomiti Energia trasformerà l’impresa in una multiutility che “diventerà una delle maggiori aziende elettriche del Paese”, come hanno annunciato i suoi dirigenti, con oltre 700 milioni di euro di fatturato e una quotazione in borsa dietro l’angolo. Ha come partner la A2A, multiutily nata dalla fusione delle società municipalizzate di Brescia e Milano, già quotata in borsa e di cui fanno parte alcuni soci privati. Dolomiti Energia, anche nel nuovo formato super industriale, continuerà a gestire circa la metà delle risorse idriche della provincia di Trento o i Comuni si riapproprieranno di tale servizio nell’interesse dei cittadini?
Le argomentazioni dell’a.d. di Dolomiti Energia a difesa della gestione privata dell’acqua, lasciano trapelare il profondo interesse dell’impresa verso tale risorsa.
Intanto dire che privata “è solo la gestione” è già un’ammissione di colpa: l’acqua è privata. Ideologico e strumentale è sostenere che la proprietà dell’acqua rimane pubblica mentre la gestione può essere data in mano ai privati. Come se i singoli cittadini potessero scegliere se usufruire del servizio di Dolomiti Energia o approvvigionarsi direttamente dagli acquedotti.
Poi c’è l’aspetto del monopolio naturale che non viene affrontato. Il cittadino non è libero di scegliere tra più di un gestore. E quindi non si tratta neanche della liberalizzazione di un servizio, ma di lasciare a un singolo privato il monopolio in un settore di vitale importanza.
Per quanto riguarda l’idea che una struttura pubblica non possa garantire al pari o meglio di un’impresa privata la qualità di un servizio è puramente ideologico e non sostenuto dai fatti (basta vedere i dati dal ‘94, quando è entrata i vigore la legge Galli: le tariffe sono aumentate e la qualità del servizio è diminuito in un Paese in cui circa la metà delle imprese che gestiscono l’acqua sono private, miste pubblico private, o SPA).
L’obiettivo della politica è quello di far funzionare gli enti pubblici e dare al cittadino un servizio equo su cui nessuno deve fare profitti: per questo si pagano le tasse. Se i servizi pubblici vengono appaltati ai privati che paghiamo a fare i parlamentari, i consiglieri regionali, provinciali e comunali? E lo stesso non potrebbe dirsi per Istruzione e Sanità ad esempio? La gestione dei rifiuti è già stata privatizzata da un pezzo con risultati che sono davanti agli occhi di tutti.
Il processo in atto è questo: spogliare le comunità dei beni comuni. Adesso è l’acqua. Domani saranno svenduti altri spazi, altri patrimoni che caratterizzano il tessuto sociale e la cultura di ogni comunità.
Ecco perché in Trentino i cittadini si sono riuniti nel Comitato Acqua Bene Comune che come in altre parti d’Italia è nato per difendere l’acqua dalle privatizzazioni. Ecco perché sono in atto raccolte di firme per spingere i Comuni a modificare il loro statuto e considerare l’acqua e la sua gestione “di non rilevanza economica”. Ecco perché il 20 marzo una manifestazione nazionale riunirà i cittadini a Roma per la ripubblicizzazione dell’acqua. Ecco perché le forze sociali del nostro Paese si stanno preparando a raccogliere le firme per un referendum abrogativo delle norme che hanno progressivamente sgretolato il sistema pubblico della gestione dell’acqua. Ecco perché una legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua sostenuta da più di 400.000 firme (5.000 in Trentino) giace da due anni in Parlamento affossata dalle nebbie trasversali degli interessi partitocratici.
È una battaglia di civiltà e di democrazia, che vuole una gestione della sfera pubblica efficiente e a bassi costi che tuteli l’interesse generale.
L’idea, ad esempio, che un ente pubblico consortile, in cui sia prevista la partecipazione della gente e il controllo sociale alla gestione dell’impresa, non possa raggiungere in Trentino standard di efficienza pari o superiori a quelli di qualsiasi impresa privata, è puramente ideologica e frutto di interessi imprenditoriali.
Una gestione pubblica e sociale dell’acqua, libera dal clientelismo partitico potrebbe garantire, oltre a un servizio equo, anche che questo bene sia tutelato per le future generazioni.