Vedere con mano
Gianfranco Della Rossa al forte di Civezzano
Visitare il percorso di sculture realizzato da Gianfranco Della Rossa è un’intensa esperienza sensoriale, ma anche e forse non meno uno stimolo concettuale e filosofico. Chi si reca (fino ad agosto) al forte di Civezzano, dove le opere sono disposte, si trova nella possibilità del tutto inconsueta, per non dire unica, di toccarle. Le opere si possono intravedere appena grazie a luci minime, ma c’è anche chi ha scelto un modo più radicale di fruirle attraverso il tatto, compiendo il percorso al buio, accompagnato da un cieco. L’autore si rivolge quindi sia ai non vedenti che ai vedenti, ma soprattutto vuole indurre questi ultimi a rivalutare un organo di senso e una modalità di percezione che viene prima di altre nell’essere umano ma della cui importanza non si è più consapevoli. Soprattutto nell’abuso di immagini della società di oggi.
Per chi è vedente, fare questo percorso al buio vuol dire dapprima smarrimento, poi bisogno di affidarsi a chi ci accompagna, quindi imparare a usare la mano per leggere forme e volumi: è tutto un tornare a esperienze primigenie. Giovanni, che non vede e ci guida, ci assiste ma non anticipa nulla, ci lascia liberi di scoprire, le parole non devono sovrastare le percezioni. Lucia, che è con me, dirà poi: è come tornare a qualcosa che non si conosceva o magari non si ricordava, è un’esperienza che dilata la coscienza di essere al mondo in modo semplice e immediato. Lei “vede con mano” per la prima volta queste sculture, io no, le avevo già intraviste e per me le cose sono meno semplici. In questo però siamo d’accordo: le forme che andiamo toccando rafforzano un sentimento di ritorno alle origini, sono forme primarie e primitive (non “figurative”) del mondo naturale, vegetali primordiali, grandi valve, fori levigatissimi, protozoi, bassorilievi di nervature e ondulazioni, sono materiali che cambiano, ora più freddi ora più caldi. E quello che a me appare, ad un certo punto del percorso, un salto stilistico, una serie di sculture di forme rigorosamente geometriche, lei - libera dall’ipoteca visiva- le avverte in piena continuità con il resto, anzi vi percepisce anche più netta la sensazione di un momento di nascita, di una madre/matrice, in cui anche l’evoluzione della forma dalla sfera al cubo alla piramide evoca un sentimento dello spazio e del tempo che ci appartiene profondamente.
Anche il confronto tra diverse modalità di fruizione, rivela dunque la ricchezza di stimoli insita nel progetto di Gianfranco Della Rossa, dove la convivenza di esperienza sensoriale e riflessione psicologica, emozione e pensiero logico-geometrico, lungi dall’essere vissuta come conflitto, sostiene invece che corpo e mente, percezione e pensiero non sono realtà separate, e la conoscenza procede dai sensi, e tra i sensi il tatto non solo è il primo a permettere all’uomo di orientarsi nel mondo, ma concorre a pieno titolo ad elaborare il pensiero astratto. Si tratta in realtà di un work in progress passibile di continui aggiustamenti, alla cui base però rimane l’idea di abbattere la distanza tra opera e fruitore, e al tempo stesso mettere quest’ultimo nella condizione di ripercorrere l’esperienza propria della mano dell’artefice.