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QT n. 2, 26 gennaio 2008 Monitor

Scultura lignea dal Trecento al Settecento

Al Castello del Buonconsiglio di Trento, trenta opere, dal romanico al rinascimentale alla cultura figurativa nordica, di notevole impatto.

Da un paio di mesi le sale espositive del Castello del Buonconsiglio si sono arricchite di una nuova sezione, dedicata alla scultura lignea trentina. Un intenso percorso con opere dal Trecento al Settecento, affascinante nel raccontare come il Trentino -terra di frontiera - abbia subìto, nel corso dei secoli, influenze artistiche provenienti ora dal mondo nordico, ora dalla Lombardia, ora infine dal Veneto.

Jörg Artz, Santa Giuliana, 1517

Non solo fortunati eventi espositivi, dunque, ma anche valorizzazione delle preziose e purtroppo ancora troppo poco conosciute collezioni permanenti, dalla pittura alla scultura, dalle arti applicate all’archeologia, dai codici musicali alla grafica. Fin dalla sua nascita come istituzione museale, concretizzatasi nel lontano 1924 grazie al lavoro dell’allora sovrintendente all’arte medievale e moderna Giuseppe Gerola, il Castello conserva infatti numerose e diversificate testimonianze artistiche, legate alla committenza vescovile e più in generale al territorio di appartenenza (vi confluirono ad esempio, nel 1921, le raccolte del Museo Comunale di Trento). Un’istituzione museale ,dunque, tutt’altro che statica, come ben dimostrano, oltre al nuovo percorso sulla scultura, l’apertura della sezione archeologica (inaugurata nel 2006) e il nuovo "lapidario" in via di sistemazione negli spazi adiacenti il cortile di Castelvecchio.

Allestita nelle stanze dell’appartamento clesiano, in un percorso breve ma denso di testimonianze, la mostra raggruppa una trentina di opere, tutte databili tra il XIV e il XVIII secolo. Una selezione attenta alle molteplici voci di questo racconto, sebbene prediliga - per ragioni del tutto qualitative - la scultura d’influenza nordica, indubbiamente la più attenta ad istanze naturalistico-espressive; per dirla con Vasari: "riducono le cose a tanta sottigliezza che elle fanno stupire il mondo, come si può vedere in un’opera, o meglio dire in un miracolo di legno". Benché gli autori di tali opere - proprio per tale realismo epidermico, unito a deformazioni grottesche e alla predilezione per i colori accesi - fossero in seguito accusati dalla critica di seguire troppo il gusto incolto del popolo, al tempo della loro attività ebbero una notorietà che spesso sconfinava oltre il ristretto ambito della produzione locale.

La collezione del Castello del Buonconsiglio conta in tutto circa 150 esemplari fra statue singole e gruppi scultorei, sui quali è stata dapprima condotta un’approfondita campagna di catalogazione, supportata poi da interventi di restauro e analisi non ristrette solamente alla specificità storico-artistica, come i microprelievi che hanno permesso la determinazione delle diverse specie legnose, su tutte il cirmolo e il tiglio, per ricordare solo le due più apprezzate nelle nostre zone, visto che a Nord della Alpi erano molto diffuse anche opere in rovere e noce.

Le trenta opere selezionate - molto varie per tipologia esecutiva e provenienza, anche se riconducibili più al contesto della committenza ecclesiastica che a quella privata - sono state suddivise in tre distinti settori: i Flügelaltäre, ovvero i grandi altari a portelle mobili che fondono assieme scultura, pittura e architettura; le Schöne Madonnen, le raffinate ed eleganti (al limite della leziosità) Madonne con Bambino d’origine boema, tipiche dell’attardarsi del gusto tardogotico in Trentino; le opere riferibili sia alla cultura figurativa tedesca, come nel caso di Narciso da Bolzano e Hans Klocker, che italiana.

Dal punto di vista cronologico, la mostra si apre con alcune Madonne col Bambino in piccolo formato ancora d’età romanica, totalmente inespressive e ieratiche in confronto alle Schöne Madonnen tardogotiche, sinuose e ornate come gioielli. Contrasti che tornano anche nella sala conclusiva del percorso, allestita nell’antica "libraria" del Cesio. Le opere qui raccolte documentano al di là di ogni dubbio la convivenza, ancora forte nel primo quarto del Cinquecento, di due linguaggi artistici opposti all’interno della stessa area culturale: da una parte gli ultimi echi tardogotici nelle sculture di Jörg Artz (Santa Giuliana, 1517), dall’altra la solidità della scultura rinascimentale lombarda, come nelle opere dello scultore bresciano Maffeo Olivieri (Annunciazione, 1515-1520 circa).

Per chi volesse ripercorrere in maniera più approfondita la storia della scultura lignea in Trentino – Alto Adige, sarà d’obbligo una visita al Museo Diocesano Tridentino, nonché la lettura di volumi come "Imago lignea" (Temi, 1989), al fine di scoprire quanto ancora s’è conservato (scampato da furti e incaute vendite) nei luoghi d’origine di queste opere: le chiese.

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