Ma Julian Rachlin dov’era?
Di altissimo livello il concerto del Quartetto Michelangelo; ma la star non c'era. Senza che nessuno desse alcuna spiegazione.
Ci sono state alcune variazioni di rilievo venerdì 16 alla sala della Filarmonica: Julian Rachlin non si è visto. Senza nessuna spiegazione, il Quartetto Michelangelo ha eseguito il Quartetto in Re maggiore n. 3 Op. 18 di Beethoven, il Quartetto in Fa maggiore n. 3 Op. 73 di Šostakovic e il Quartetto in sol minore Op. 10 di Debussy. Un concerto di altissimo livello; resta però la delusione per il mancato rispetto del programma e, soprattutto, il fastidio nell’osservare con quanto poco stile siano affrontate queste evenienze. Se è vero che, nell’ambito della musica classica, raramente si parla dal palco prima di un concerto, è altrettanto vero che è buona norma avvertire dell’assenza di un artista, magari fornendo una spiegazione. Mentre in Filarmonica si risolve eliminando il nome dal programma di sala, forse contando sul fatto che il pubblico sia così distratto da non accorgersi del cambiamento, o troppo educato per protestare. Ed è un peccato che sia stato un manipolo di persone ad assistere a questo sfoggio di raffinatezza e professionalità, invece di una sala affollata, perché la musica era sublime.
Per onorare con un giorno di anticipo S. Patrizio, che secondo la tradizione irlandese va festeggiato con una pinta di Guinness, chi scrive aveva pensato di concedersi un aperitivo pre-concerto. La birra scura ben si sposa coi toni sentimentali dell’attacco del Quartetto in Re maggiore di Beethoven. L’Allegro, primo movimento di questo pezzo di Beethoven, fa vagare con la mente fra le sensazioni più dolci. L’Andante con moto si presenta invece più strutturato e questa architettura musicale è subito riconoscibile: è un convergere di linee, che si dissolve in sprazzi di tonalità minore, per ritornare ad esaltare la schematicità del brano. Fra rallentando e ritorni al tema si passa al terzo movimento: un Allegro che è una sezione ad incastri, in cui ad un certo punto tocca alla viola esporre per prima il tema che poi verrà ripetuto a canone dagli altri strumenti. Il quarto movimento, il Presto, inizia con foga, fra accelerando e rallentando, sembra giunto al termine e infine si chiude in maniera molto originale.
Il n. 3 di Šostakovic è nel primo movimento (Allegretto) una marcetta grottesca, poi vibra passionale nel secondo (Moderato con modo), è dinamico bombardamento sonoro nel terzo (Allegro non troppo), si trasforma in solenne quiete nell’Adagio e finisce con un insistito, rarefatto quarto movimento (Moderato).
L’unico Quartetto per archi di Debussy è invero una summa di tutti gli elementi di una composizione di questo tipo. Il primo movimento è talmente carico ed articolato da sembrare già una composizione compiuta. Un ampio uso del pizzicato, temi alternativamente languidi e vigorosi, ritmi di volta in volta bruschi e ipnotici rendono questo brano un piacere corposo, proprio come l’ottima birra irlandese da gustare nel giorno di San Patrizio.