Lo stalking
Sta nascendo un nuovo reato, la persecuzione asfissiante della vittima. Che può sfociare nell’omicidio.
Nessuna società può esistere senza regole, cioè senza leggi . Le leggi costituiscono l’intelaiatura giuridica della società. Diritto e società si trasformano nel tempo, ma di solito è la seconda che trascina il primo. Il modo di produzione dei beni, i costumi , i rapporti interpersonali si modificano e danno luogo a fenomeni nuovi che prima o poi la legge deve regolare.
In Italia oggi abbiamo la straordinaria occasione di assistere alla nascita di un nuovo reato, che non è stato ancora codificato ma lo sarà certamente fra breve. Negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Canada è già avvenuto. Da noi, nell’attesa che il legislatore si muova, i giudici si barcamenano fra la violenza privata (art. 610) e la minaccia (art. 612).
Ma cosa è lo "stalking"? In psichiatria viene definito come la "sindrome delle molestie assillanti". In inglese "to stalk" significa "fare le posta alla preda".
In un interessante saggio del magistrato Vincenzo Pezzella ("Diritto e Giustizia", n° 15 del 16 aprile 2005,) lo stalking viene definito come una persecuzione asfissiante che sconvolge la vita della vittima (appostamenti davanti a casa o al posto di lavoro, ossessivo invio di lettere, di e-mail, ripetute telefonate giorno e notte, provocazioni, minacce, atti vandalici contro la casa o l’auto della vittima).
Il fenomeno è molto serio, perché in Italia nel 5% dei casi lo stalking è sfociato in un omicidio.
Il più recente caso di stalking è stato oggetto di un’ordinanza del GIP di Milano in data 26 novembre 2004, in cui si legge che i singoli episodi delittuosi, integranti i reati di violenza privata, ingiuria, diffamazione, danneggiamento, sostituzione di persona, tentata violazione di domicilio, vanno inseriti in un unico contesto caratterizzato, oltre che dalla univocità del disegno criminoso, anche dalla reiterazione ossessiva e incontenibile della condotta persecutoria.
Tali elementi rimandano a quella forma di patologia nota come stalking, ovvero sindrome del molestatore.
Senonchè, nonostante i numerosi studi rinvenibili soprattutto nella letteratura nordamericana, non esiste allo stato una definizione unitaria della patologia, che non risulta inclusa ancora nell’elenco nosologico ufficiale.
Nel dubbio che tale patologia comportamentale possa dipendere dalla capacità di intendere e di volere dell’imputata, il GIP ha stabilito una perizia psichiatrica che valuti anche la pericolosità sociale ed ha imposto misure cautelari in attesa del giudizio.
Nel nostro ordinamento non esiste ancora una legge che preveda e punisca lo stalking, nei casi in cui l’imputato risulti capace di intendere e di volere. Di qui le oscillazioni della giurisprudenza.
E’ da segnalare tuttavia che il 16 aprile 2004 è stata depositata in Parlamento una proposta di legge che introduce lo stalking e lo punisce con la reclusione fino a due anni e la multa fino a 2.000 euro.
Si tratta di un reato a metà strada fra la contravvenzione dell’art. 660 (molestia e disturbo alle persone) e il più grave delitto di violenza privata di cui all’articolo 610, punita con la reclusione fino a 4 anni.
Staremo a vedere.