I rischi dell’abitudine. Anche con il razzismo
Le Jene al Consiglio comunale di Trento: un inutile spettacolino buonista?
E’ un mio chiodo fisso: il ricordo, risalente all’infanzia, di una trasmissione radiofonica in cui si faceva sentire il jingle di una qualche pubblicità americana, presentato come una stravaganza di cui sorridere, un’americanata che ci suonava (è il caso di dirlo) assolutamente estranea. Se non mi fossi spiegato: a stupire non era il contenuto di quel testo (che neppure veniva tradotto dai conduttori radiofonici), ma l’idea stessa che per pubblicizzare un prodotto si utilizzasse, anziché lo strumento di una persuasione argomentata, la frivola emozione di una canzoncina. Ma con l’arrivo della televisione, anche noi ci adeguammo. Si cominciò a "Carosello", con nuovi testi su canzoni allora in voga, ma in modi inizialmente quasi austeri. Il Tricofil, un balsamo per capelli, veniva così presentato, sulla base di un indiavolato ritmo sudamericano: "Il Tricofil/ in trasparenza fa i capelli illuminar/ li rende lucidi/ li rende morbidi/ ma non li unge pur facendoli brillar". Poi sappiamo come sono evolute le cose; nel campo della pubblicità (oggi capita addirittura di non capire cosa promuovano certi spot…) come delle trasmissioni televisive e altrove.
Morale? Pian piano ci si adatta a tutto: se non si hanno gli strumenti per contrastare certe sedicenti modernizzazioni perverse, per non soffrire troppo si tende a sfumare la propria memoria, preparandosi in tal modo all’imposizione di nuove, ulteriori turpitudini. Dunque, se la nostra memoria a volte vacilla, ben venga qualcuno a ricordarci che no, non sempre è stato così, e che così com’è non va bene.
Il tutto per introdurre un anomalo articolo comparso sull’Adige del 5 giugno scorso, a firma di Renzo Grosselli, che stronca impietosamente la spedizione a Trento delle Jene durante la quale Enrico Lucci ha bacchettato il consigliere comunale leghista Vittorio Bridi (quello del "Non mi siederò mai vicino ad un consigliere nero" vedi Nero e comunista: una provocazione) e imposto la riconciliazione fra lui e Mamadou Seck.
"Sono arrivate a Trento le Jene - scrive Grosselli - hanno fatto la loro comparsata… e se ne sono andate. Non hanno sbranato la carogna, non hanno fatto nulla. Hanno fatto solo quello che fa la tivù italiana oggi: un po’ di spettacolo. Che lascia il tempo che trova… Lucci prende per mano Bridi e Seck e li unisce in una stretta tutta fittizia, tutta televisiva. Bene, ora le centinaia di migliaia di telespettatori delle Jene andranno a cena più tranquilli: l’Italia è salva, il Paese non è attraversato da profonde venature razziste. Contenta la Lega, contenta Rifondazione… Si è approfondito? Si è tentato di convincere, di capire, di modificare, di chiarire? No, si è fatto uno spettacolino in più, in una Italia che ormai questo offre alla gente, spettacolini, più o meno importanti. Basta una battuta per ridicolizzare il richiamo europeo per la crescita del debito pubblico, un’altra per dimostrare che l’Italia è in buona salute. E fingere una stretta di mano tra Bridi e Seck per esorcizzare il razzismo".
Ma come, prendersela con le Jene che fanno della discreta satira e del (quasi) giornalismo così apertamente progressisti? E che, nel caso in questione, bollano come "stronzate" le dichiarazioni di Bridi? E poi, che avrebbe dovuto fare il povero Lucci: imbastire un dibattito con Bridi, fare un’inchiesta, chiamare uno scienziato per chiarire ai leghisti le idee in tema di razze umane? "Le Jene" è uno spettacolo che alterna puro divertimento a questioni serie, tutto però gestito con leggerezza e nei tempi stretti che la Tv impone. Questo è forse il solo modo di presentare ad un pubblico che ha poca dimestichezza con la carta stampata una serie di questioni che, affrontate seriamente e frontalmente, riuscirebbero troppo ostiche per essere recepite. La stessa – tanto più ambigua – "Striscia la notizia" non può forse vantare di aver mandato sotto processo Wanna Marchi e C.?
Tutto vero, a suo modo. Cioè, dato il panorama televisivo ed il complessivo contesto culturale, possiamo anche accontentarci di quello che "Le Jene" offrono. Ma poi capita anche di vedere - sia pure rarissimamente - trasmissioni come "Report", e allora si capisce che differenza ci sia fra informazione e spettacolo.
Quando metti in un solo contenitore balletti e inchieste, barzellette e sfottiture, risse e buonismi, il tutto in tempi istericamente sincopati, il risultato è una marmellata anche gradevole, ma dove, a dispetto della diversa rilevanza dei temi trattati, una cosa vale l’altra: le interviste alle prostitute come le litigate con Sgarbi, le deliziose quanto odiose provocazioni di Mr. Brown come lo smascheramento di un truffatore; e così ha da essere, perché l’intento primo, perseguito con professionalità dalla trasmissione, non è di informare o far prendere coscienza di certe questioni, ma di divertire.
Questo è il modus operandi di un programma considerato "di sinistra" e impegnato. Il fatto che sia più gradevole e intelligente delle parate di teen ager, maschioni e belle fighe di Maria De Filippi (anche lei, peraltro, personalmente è "di sinistra"…) non deve farci dimenticare che dovremmo pretendere molto di più; sempre che, come pessimisticamente sostiene Grosselli, non siamo addirittura arrivati "a qualche millimetro dal baratro".