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Dove abita la pittura

I luoghi della memoria trsfigurati dalla pittura di Giovanni Frangi in mostra a Verona.

Già il nostro giornale si era occupato di Giovanni Frangi in maniera assai fugace nel 2000: la mostra che in questi giorni sta per chiudersi alla Galleria dello Scudo di Verona ci regala un’altra pagina di grande pittura che rinnova la ricca tradizione italiana intorno all’interpretazione del paesaggio.

Giovanni Frangi e, sotto a destra, il suo studio.

Con il pittore milanese salta la complessa macchina delle categorie, degli schemi in cui si è soliti incasellare gli artisti: lì dove la vita, lì dove i luoghi narrano da soli e da sempre il loro grumo di esistenza lì si "frange" la linea di demarcazione che ha diviso per grandi parrocchie la figurazione e l’astrazione ed i confini si fanno sempre più labili e confusi, per fortuna.

La pittura come "le parole i sassi romper ponno" - ci ricorda Petrarca, può rendere l’istante "eterno: non ha fine / che fuori di sé: esplode nel suo interno / il segno, il sogno, di ciò che non è / il tempo..." (Bigongiari). Con l’occhio di un falco il pittore domina la scena, è l’unico a poterla "sguardare"; la terra trasuda, sgocciola del suo stesso umore, un umore mutevole secondo l’ora.

Nei confronti di un mondo condannato ad una perenne trasformazione, sembra, questa pittura, l’estremo tentativo di impedirne la deriva.

Di quadro in quadro, in questo lievissimo tramutarsi delle forme (paesaggi, sassi, acqua, pesci), come bloccate nel momento che precede la loro scomparsa, si assiste al racconto delle emozioni e delle soluzioni formali di volta in volta reinventate e offerte a chi guarda.

Chi conosce a fondo un luogo usa gli strumenti a lui propri, chi dà forma alla terra usa l’aratro, chi prova a gettare uno sguardo d’emozione i colori che si addicono all’emozione. Più interna si fa la riflessione sui modi della pittura più sembra alzarsi il punto di vista dell’insieme. Un falco, scrivevamo prima, coglie immediatamente la traccia di un minimo movimento: così Frangi con colpi secchi e decisi riscrive quei luoghi che sembrano non appartenere più all’uomo.

Non appare quasi mai il cielo, l’esercizio si svolge sulla terra, sull’acqua, in basso, per farla breve.

Frangi continua a dipingere lo stesso quadro, il colore si fa anima, diventa specchio di pura introspezione e accede all’ordine simbolico della mente.

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