Lettera dalla Bolivia n° 1
Come la guerra di Bush arriva in un paesino sperduto del Sud America.
Vi giro la lettera di Pasqua che padre Fabio Garbari, gesuita trentino in Bolivia, mi ha appena inviato.
Mi sembra una buona riflessione sulla Pasqua e sulla guerra preventiva di Bush.
Franco Zadra
Carissimi, è Sabato Santo, la mattina del Sabato santo. Questa sera celebreremo la Risurrezione del Signore.
Sono a San Andrés celebrando qui, come ormai è tradizione per me, questi giorni della Settimana Santa.
Il paese è deserto. Si popola solo in giorni come questi, con la gente che ormai non vive più qui perché se n’è andata in cerca di una vita migliore. Però l’abbandono non si può nascondere e l’arrivo di gente ormai forestiera lo rende ancora più evidente. E poi, neppure questi arrivi pasquali riescono a colmare il vuoto del paese. Case ormai in rovina, strade vuote e polverose al cui confronto il Verga nei suoi scritti, avrebbe parlato di autostrade!
Asini, maiali e cani sono gli incontri più comuni. Ogni tanto una donna del paese, oppure un forestiero con i suoi bambini di città che scoprono un mondo nuovo e non riescono a credere che qui sia nato suo padre! Poi una donna di una comunità vicina. Il sole le ha tostato il viso e tanto camminare dietro a pecore e lama ha reso i suoi piedi più duri dei sandali di copertone che indossa. Io noto i particolari del suo "vestito buono", però questi sono impercettibili per i bambini della città che la osservano con curiosità e un po’ di commiserazione. Non si salutano: i piccoli ormai non sanno l’aymara.
Il cielo è terso come solo qui lo può essere. L’aria tagliente dei 4.000 metri contrasta con il sole cocente dell’equatore. Il silenzio mi riempie. Sento solo, lontana, una radio: sembra la predica di un pastore evangelico per il tono che da lontano si può percepire.
Questo pomeriggio i catechisti che si sono riuniti qui per la celebrazione della Settimana santa, cucineranno un agnello nel grande forno a legna della parrocchia. Lo mangeremo assieme dopo la Veglia pasquale. Del resto, è dal Giovedì santo che la nostra dieta è fatta di minestra di patate con formaggio. L’agnello al forno è sempre un’emozione per la mia gente, è il piatto delle grandi occasioni, il piatto della festa.
Ieri notte nella grande chiesa del paese, durante la funzione del Venerdì Santo, una civetta con il suo volo incredibilmente silenzioso ha lasciato cadere un grosso topo morto proprio vicino al Santo Sepolcro. Io stavo leggendo la Passione e non me ne sono accorto; l’ho visto dopo, quando cominciavamo la processione. In questi casi non so mai che conclusioni tirerà la gente: tutto è un segno e tutto ha un significato. Nulla viene per caso! Cosa vorrà dire quel topo morto caduto dal cielo vicino al Santo Sepolcro? Apparentemente nessuno ha fatto una piega, però so che un giorno quel topo caduto dal cielo sarà la spiegazione di qualche avvenimento. È un po’ come vivere nel mondo di "Alice nel paese delle meraviglie": l’importante è accettare quello che si vive e accettare di viverlo con il cuore e la testa della gente.
E in questo remoto angolo del mondo, noto solo a noi che lo abitiamo, è incredibilmente arrivato l’Iraq e Bush con lui! Non c’è Messa o preghiera dove la gente non chieda a Dio per il popolo iracheno.
Nel fondo la gente sa che quando gli interessi nordamericani lo diranno, la Bolivia sarà un nuovo Iraq. La gente ha paura di chi la potrà liberare un giorno dal flagello che questi potrà scegliere appositamente per noi, per poterci liberare! Potrà essere la droga o la corruzione o la stessa povertà: non c’è che l’imbarazzo della scelta.
Il fatto è che quando lui decida ci potrà liberare, e la gente ha paura. E’ incredibile come anche quassù, a decine di migliaia di chilometri dall’Iraq, sia arrivata la paura che lì si è seminata. Paura verso il "buono", verso il "liberatore", paura di essere liberati a nostra volta.
Stiamo vivendo un equilibrio mondiale fondato sulla paura: "si vis pacem para bellum" dicevano i romani, e il Machiavelli pensava che il principe dev’essere temuto: non abbiamo fatto molti passi avanti!
Però questa notte, nella grande chiesa di S. Andrés, celebreremo la Risurrezione del Signore!
Non ci resta altro che aggrapparci con tutte le forze alla certezza di questa notte! Quella stessa certezza che un giorno fece scomparire la paura dal cuore dei discepoli!
La paura è radicata nella storia e la storia attuale costituisce un buon humus per farla crescere sana e forte.
La speranza è radicata nella celebrazione di questa notte che attualizza quella Storia più in là della storia. Quella Storia di Cristo crocifisso e resuscitato. Storia che pochi uomini ci hanno raccontato per averla vissuta in prima persona, ma che noi abbiamo creduto per averla sentita confermata direttamente dallo Spirito che vive in noi!
Ecco perché è importante la celebrazione di questa notte! Ecco perché è importante l’agnello che questo pomeriggio prepareremo con i catechisti di S. Andrés per poter festeggiare assieme la notte della Risurrezione.
Buona Pasqua anche a voi! Buona Pasqua nonostante tutto! Buona Pasqua con l’agnello della Pasqua. Agnello che nella festa di questa notte, è più forte di Bush e del suo esercito!
Post Scriptum. Questa mattina, nella Messa di Pasqua, un minuscolo colibrì verde smeraldo (o verde speranza?) ha girato per tutti gli altari della grande chiesa di S. Andrés, succhiando il nettare dai fiori recisi.
È venuto più volte anche all’altare centrale, dove io celebravo, restando immobile a mezz’aria a mezzo metro da me, cercando inutilmente nettare nei fiori di plastico che ornano il cero pasquale.
Il topo morto caduto dal cielo il Venerdì Santo accanto al Santo Sepolcro ha così completato il suo significato con il colibrì verde speranza (o verde come l’albero della vita?) che ha visitato il cero pasquale il giorno di Pasqua.
Forse questo mondo di segni e simboli non è poi così artificiale come potrebbe sembrare! E forse è a noi che manca il nettare, perché il minuscolo colibrì, verde come la vita, possa venirci a visitare più spesso!