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QT n. 3, 8 febbraio 2003 Monitor

L’essenza delle coefore

Intense le Coefore di Eschilo per la regia di Calenda a Rovereto. Intervista a Piera Degli Esposti: sul personaggio Clitennestra e conseguenti scelte espressive.

Le Coefore, viste il 26 gennaio a Rovereto, ci hanno invitato a compiere un viaggio nella memoria degli archetipi collettivi capaci ancor oggi di sovvertire gli abissi dell’inconscio. Secondo Eschilo "l’essenziale, il vero e proprio oggetto della tragedia, non è la rappresentazione, ma il significato dell’evento tragico".

Piera Degli Esposti.

La regia di Calenda ha fatto tesoro di quest’affermazione privilegiando più un Eschilo filosofo e teologo che uomo di teatro, infatti le scelte della regia (l’interpretazione degli attori, le scenografie, i costumi) miravano a far emergere i sensi riposti della tragedia, ritrovando il suo linguaggio essenziale. La parola vibrava nell’aria con un carico di dolore e di astrattezza insieme, mostrando i contrasti insanabili tra forze opposte: il miasma (contaminazione) dei rapporti familiari e sociali che si verificherà applicando la legge che reclama che la morte di Agamennone, inflitta a suo tempo per mano di Clitennestra, sia vendicata con un’azione uguale e contraria. Una giustizia siffatta ha nel suo stesso seno una contraddizione perché ogni cosa porta con sé anche il suo contrario: Clitennestra ha dato la vita al figlio che la ucciderà, così l’omicidio da lei commesso esige la sua morte.

La tragedia si prepara fin dalla prima scena, i colori sono già presaghi dei lutti imminenti, tutto è nero: le luci del giorno che non giungeranno mai all’alba, il fondale della scena, le vesti dei protagonisti e delle ancelle del coro. Lo spettacolo, fedele allo sviluppo del testo, si apre con l’arrivo di Oreste – un generoso e mediterraneo Yossein Taheri – che tornato clandestinamente ad Argo da cui era stato bandito dalla madre - prega sulla tomba del padre Agammennone, invocando Ermes Ctonio, il messaggero degli inferi, perché rischiari la sua azione. Durante il primo episodio la scena si svolge intorno al tumulo di Agamennone verso il quale convergono Oreste, la sorella Elettra, Pilade e le sue ancelle. Le forze infernali guidano le azioni umane, inviando incubi di morte. Sarà proprio un sogno ad azionare i meccanismi della nemesi quando le coefore inciteranno Oreste all’azione attraverso un canto accorato, con una musica che è l’unica nota stridente, perché decisamente inadatta.

Nel secondo episodio il fulcro dell’azione è l’ingresso al palazzo regale davanti al quale si assiste al cambiamento di prospettiva segnato dall’incontro di Oreste con la madre Clitennestra, una splendida Piera Degli Esposti. L’attrice crea una donna chiusa in sé, dalla recitazione implosa, regale e crudele; tuttavia una donna che lascia ancora trapelare sul volto le eco sinistre dell’antico rancore contro Agamennone. L’ultimo disperato tentativo sarà il richiamo ad un eros elementare, mostrando il seno al figlio, ma non le servirà a nulla perché il grido "Io l’ho partorito, questo serpente, io stessa l’ho nutrito: davvero profeta il terrore che venne dai sogni!" le morirà in gola.

Intervista a Piera Degli Esposti

Felici circostanze hanno voluto che il passaggio dello spettacolo a Rovereto concidesse con la presentazione, presso l’aula magna del Liceo Rosmini, di una nuova edizione del testo di Eschilo (testo, traduzione e commento), anche se postuma, basata sul lavoro dello studioso roveretano Mario Untersteiner. Questo ha creato un clima di rinnovato interesse nei confronti del testo classico e dell’attuale messinscena di Antonio Calenda con Piera Degli Esposti. Dopo lo spettacolo incontro Piera Degli Esposti in un’atmosfera magica e ludica come solo la sua presenza sa creare. Ho scoperto una donna, non solo di grandissima umanità, ma dolcemente ironica e dalla voce ammaliatrice con un grande amore per la vita.

La prima domanda è relativa al registro espressivo che hai adottato nel rievocare la figura di Clitennestra. Rispetto ad altri tuoi spettacoli qui il registro è più stilizzato e meno generoso, tanto che la recitazione nel complesso appariva estraniata rispetto ai momenti cruciali, anzi ricordava l’uso che della voce faceva Carmelo Bene - con cui hai pure lavorato. Perché questa scelta?

"Credo che Clitennestra abbia delle attenuanti: Agamennone le sacrifica la figlia per propiziarsi gli dei. Nell’Agamennone, prima parte della trilogia dell’Orestea, Clitennestra ha una gamma recitativa più estesa, uccide il marito e Cassandra, va a spiegare le ragioni dell’uccisione al popolo, si mette con Egisto, è un personaggio che ha molti colori. Nelle Coefore Clitennestra è già al potere da un po’ di tempo, il popolo non la ama e il suo ruolo è molto più ridotto.

Disamore accentuato dal colore luttuoso: nera la scenografia, i costumi…

"Sì. Ci sono ragioni che Oreste fatica ad accettare nella decisione di uccidere la madre. Bisogna pensare che Oreste è stato lontano, è affascinato da lei, benché sia cresciuto lontano, anzi è stata lei stessa ad allontanarlo perché non fosse un testimone scomodo. Clitennestra tenterà di affascinare anche Oreste, scoprendosi il seno e ricattandolo con la stessa arma del fascino con cui pure aveva ingannato Agammenone e legato a sé Egisto. Clitennestra è sorella di Elena, entrambe sono donne maledette, così hanno deciso gli dei, tuttavia nella nostra memoria Clitennestra porta un segno di crudeltà ben superiore ad Elena. Ho letto i brani di Marguerite Yourcenar su di lei, e concordo nella ricostruzione della figura di Clitennestra ‘più umana’: scaraventare una donna giovane in un luogo per più di dieci anni, tanto è stata lunga l’assenza di Agamennone, dove le giungono le notizie delle sue avventure-conquiste, non è semplice da accettare, oltre al fatto che, prima di partire Agamennone aveva sacrificato la figlia per propiziarsi gli dei. La critica e il pubblico spesso parlano di lei come di una dark lady; certamente ha in sé una parte nera ed una parte maschile che io ho messo in evidenza con il regista Calenda, tuttavia la sua colpa va alleggerita. Non è una virago, è una donna-capo che è stata costretta, dall’assenza del marito, a governare Argo. Perciò abbiamo scelto di mostrare di lei questi aspetti. Si pensi al riso che esibisce di fronte a Oreste: ragionando con il regista abbiamo dato quest’interpretazione: proviamo spesso nei confronti delle persone che muoiono sollievo misto a senso di colpa. Lei non lascia intravedere la sua debolezza".

Per questo siete arrivati ad un registro espressivo che controllava le emozioni?

"Sì, anche perché il personaggio si riferisce ad un grande disegno: attraverso di lei Eschilo ha esplorato una vastità di problemi. Ho fatto questa donna malgrado non si sa cosa pensi, ed è chiaro che è difficile interpretare un personaggio così. Bisogna vedere Clitennestra all’interno di tutta la trilogia, fino alla sua ombra nella terza parte le Eumenidi, che mi accingo ad interpretare tra aprile e maggio, sempre con Calenda nel Teatro greco di Siracusa".

In cosa ti assomiglia e in cosa diverge da te il personaggio di Clitennestra?

"Mi assomiglia perché intanto nel mio piccolo avrei voluto essere un capo, una regina della famiglia come Clitennestra, per quanto disfatta, uccisa, distrutta da se stessa. Ma soprattutto una regina della mia casa: io ho amato molto mio padre e dicevo che lui non mi contraccambiava perché non ero il suo tipo!A scuola mi dicevano: ‘Ma che c’entra: è tuo padre!"Ma questo non mi andava in testa! Ho avuto un unanime consenso dalla critica per Clitennestra, tanto che ho ricevuto il premio "Eleonora Duse". E’ la prima volta che sento in un personaggio femminile qualcosa di diverso. Il costume di scena non lo smetto!Abbiamo debuttato nel Teatro greco di Siracusa con Agamennone due anni e mezzo fa; nello stesso anno abbiamo portato in scena le Coefore. Nel 2001 abbiamo portato in scena il solo Agamennone e poi nell’anno successivo le Coefore, così ho passato un anno intero ad assassinare ed il successivo ad essere assassinata!"

Qual è il suo rapporto personale con i personaggi femminili che interpreta?

"E’ molto importante per un’attrice cambiare in relazione alla propria maturità di donna. Occorre fare delle scelte che vivano dentro di te: sono stata tante volte Elettra, poi Clitennestra ed ora è il mio tempo per fare Clitennestra.Ci sono attrici che non si arrendono, vogliono interpretare personaggi giovani malgrado la loro età anagrafica; per me questo non è stata mai una resa. In "Sogni d’oro" di Nanni Moretti, ero una nonna ed ho dovuto invecchiarmi; fatto, quando non avevo ancora trent’anni, il personaggio di una centenaria. Così sono stata più volte Elettra accanto a grandissime Clitennestre; vorrei ricordare Gabriella Giacobbe del Piccolo di Milano, Marisa Mantovani nell’Elettra di Hofmannsthal. Sono stata sia Elettra che Cassandra nella prima Orestea di Calenda, e poi tra i vari personaggi tragici, Alcesti, Io in Prometeo".

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