Più soldi, meno convivenza
Durnwalder e il bilancio di previsione della Provincia di Bolzano.
Il bilancio di previsione per l’ultimo anno della legislatura provinciale è un avvenimento importante per la vita democratica di una realtà autonoma come il Sudtirolo.
Il contenuto della relazione politica del presidente della giunta può essere riassunto in tre filoni: vanto per l’inattesa ulteriore crescita della cifra; lamento per i problemi della convivenza, i quali consisterebbero nel fatto che gli italiani non rispettano l’identità delle minoranze e che il governo e l’Unione Europea minacciano l’autonomia; e una superficiale panoramica dei propositi della giunta nelle materie di spettanza. Dunque l’annuncio degli anni delle vacche magre, fatto all’inizio di legislatura, non si è realizzato, e di nuovo, anche se per poco, a detta dello stesso Durnwalder, la Svp si potrà presentare al suo elettorato come sicura gestrice del benessere comune.
Nell’ambito delle questioni dell’autonomia e della convivenza, tuttavia, serpeggia nella relazione una sottile inquietudine, che non viene attenuata, anzi semmai rafforzata, dall’approccio per cui tutti i meriti sono della giunta e tutte le colpe dei cittadini.
Partendo dal referendum su piazza della vittoria/pace, si fa una lunga considerazione sulla "visione sdoppiata della storia", la cui conclusione non porta tuttavia il capo della giunta a rivedere il proprio atteggiamento ostile alla creazione di istituzioni atte allo studio interetnico della storia, allo scopo di rendere possibile una conoscenza condivisa dell’esperienza del passato. Al contrario, si stigmatizza l’errore di una parte, che non si adatta alla lettura "obiettiva". Lo stesso presidente che si lamenta dei risultati (della sua politica!) in questo ambito, riconosce nelle manifestazioni per il decennale della chiusura della controversia sudtirolese fra Italia e Austria un’occasione importante per capire il valore e l’esemplarità dell’autonomia: e dimentica, a distanza di pochi mesi, che il suo atteggiamento negativo verso la Presidenza del Consiglio provinciale che aveva preso l’iniziativa di organizzare un convegno celebrativo e di studio in occasione dell’anniversario, aveva portato quasi ad una crisi istituzionale. Vedremo quale sarà il suo atteggiamento, per ora a dir poco contraddittorio, quando fra pochi mesi usciranno i volumi degli atti, a cura di due importanti editori, in Italia e Germania).
Alla richiesta di bilinguismo, avanzata a gran voce da studenti e famiglie, si risponde seccamente con il veto verso la scuola bilingue e con il forte limite alle metodologie didattiche per l’insegnamento delle lingue, considerate accettabili solo se non rappresentino "un attacco all’identità" dei gruppi linguistici. Alla richiesta di autonomia delle scuole di lingua italiana in questo settore, si risponde: "Questo desiderio può essere comprensibile, ma può creare dei problemi, considerando che lo Statuto di Autonomia si applica all’intera popolazione e che potrebbero evidenziarsi col tempo degli sviluppi suscettibili di mettere in questione l’essenza stessa della minoranza etnica". Per i non iniziati al mistero doloroso sudtirolese ciò significa: non diamo la possibilità alla popolazione di lingua italiana di imparare il tedesco con le metodologie didattiche che i docenti ritengono le uniche adatte, perché anche genitori e giovani di lingua tedesca potrebbero in futuro chiederci di usare gli stessi metodi per imparare l’italiano e questo metterebbe a rischio la compattezza del gruppo etnico. Miopia evidente di una concezione che nega ai giovani gli strumenti per essere in grado di sostenere il confronto con gli altri giovani europei plurilingui.
Ciò che è accaduto nelle scorse settimane all’università di Bolzano è estremamente illuminante. Il rettore, Alfred Steinherr, è stato messo brutalmente alla porta, per avere fatto dichiarazioni pesanti sulla longa manus del potere burocratico e politico della Provincia sull’istituzione educativa. Steinherr è un’economista e ha una concezione elitaria dell’università, difficilmente accettabile in un luogo che spende molto per questa nuova istituzione soprattutto per risolvere il suo problema di drammatica scarsità di laureati. Tuttavia non è per questo che è stato eliminato "alla sudtirolese". Nella relazione al bilancio di previsione per il 2003 di Durnwalder infatti c’è addirittura un capitolo che esalta la "promozione dei talenti", e che critica gli studi egualitari.
Per quante opinioni non condivisibili abbia espresso e azioni errate abbia fatto il rettore, esiste ed è stata ripetutamente esperita nel Sudirolo del "mir sein mir" ("noi siamo noi") una facilità nel coalizzarsi per escludere, una specie di emozione della congiura verso chi è straniero e non appartiene al "mir" che fa venire i brividi.
Ai "nostri" si perdona tutto. Gli "altri", non nativi o traditori della tribù, sono sempre sotto osservazione e appena si può, con sollievo ci si libera di loro, della loro bravura soprattutto. Siano essi direttori di teatro, dirigenti d’azienda, medici famosi o docenti, se non sono dei "nostri" rischiano.
Steinherr, nel suo brillantissimo discorso di addio, scandito sul ritmo di Calderon de la Barca come il "sogno di un rettore", ha detto fra il resto di avere sperato che l’arrivo di studenti da altri paesi del mondo rompesse la "omogeneità etnica" di questa provincia. Omogenea certo e soprattutto nel sospetto verso gli estranei (che talvolta si manifesta anche con un incredibile servilismo, almeno nei primi tempi).
Alla fine, i politici sono rimasti seduti, studenti e professori sono scattati in piedi per un interminabile applauso, il rettore dell’Università di Lubiana l’ha trascinato sul podio per regalargli il libro della sua università, di cui poco prima aveva esaltato l’indipendenza dal potere politico come condizione del suo successo pluricentenario. La tradizionale frattura fra gli amministratori pubblici e gli intellettuali (veri) si manifesta nuovamente, ora in modo eclatante.
Anche il resto delle dichiarazioni del presidente, quelle che riguardano gli aspetti economici e regolamentari, sono evasive, poco trasparenti, segno evidente della mancanza di prospettive e di un eccesso di sicurezza nel detenere il potere, per cui non si ritiene di dover rendere conto ai cittadini. Altro che bilancio partecipato! Sui trasporti, questione cruciale per un paese di transito alpino, si dice che "chiuderemo i colli di bottiglia", mentre da dieci anni si attende inutilmente un piano provinciale dei trasporti. Non una parola sul rilancio dell’Alemagna nell’ambito della proposta di "Corridoio 5", collegamento stradale Lisbona-Kiev.
La relazione si conclude con il capitolo sull’agricoltura di montagna, in cui si lamenta giustamente la scelta della UE a favore dell’agricoltura di pianura, e che ha tuttavia un finale sconcertante, con un’infelicissima battuta sui portatori di handicap. Testualmente: "Vorrei ricordare che il 2003 è stato proclamato dall’UE l’anno delle persone con handicap. Speriamo che le istituzioni europee siano in grado di porre almeno in questo settore degli accenti concreti e duraturi, più di quanto non sia stato fatto per le montagne". Imperdonabile goffaggine, perché in tutta la relazione non esiste alcun’altra menzione di un problema per cui la Provincia e non la UE ha competenza diretta e su cui esistono vergognose e incredibili carenze nell’Autonomia da 4 miliardi, 629 milioni e settecentomila euro.
Silenzio sulle barriere architettoniche nelle principali biblioteche e nei cinema, silenzio sull’accesso al lavoro, sull’assistenza ai portatori di handicap adulti, tutti ambiti estremamente critici della politica sudtirolese. Mancanza di delicatezza e di rispetto per i deboli? Eccesso di sicurezza e sottovalutazione delle voci critiche?
Certo è che a rafforzare questo atteggiamento sprezzante concorre fortemente il panorama dell’informazione in Sudtirolo oggi, per cui cittadine e cittadini non vengono a conoscere che scandali veri o presunti e ciò che viene detto nelle segreterie dei partiti. Scomparsi gli applausi a Steinherr, e le sue parole, scomparse le voci critiche sulla svendita del patrimonio pubblico dell’Azienda elettrica, scomparsa ogni lettura critica del bilancio e le proposte per sostenere l’introduzione della Tobin tax.
Nel mare di miliardi che forza può avere la voce di Pater Markus, il francescano che finché è riuscito a stare in piedi ha passato la vita a dare da mangiare a chi non ha nulla e che ora, semiparalizzato, non si rassegna all’indifferenza di chi non ritiene di dover agire per evitare che i poveri e gli abbandonati scivolino sempre più in giù nella voragine dell’emarginazione?