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Una vendita da evitare

Merano e Bolzano si apprestano a vendere quote dell’Azienda Elettrica. Ma nessuno ne parla.

Come le mie lettrici e lettori sanno, di tanto in tanto in Sudtirolo sembra che i mass media "congiurino" nel tenere all’oscuro l’opinione pubblica. In questi casi, trovano un comune sentire emittenti e giornali che non condividono un argomento della politica e quelli che hanno interessi partitici da difendere. Il caso attuale è particolarmente grave. I comuni di Merano e Bolzano si apprestano a vendere quote dell’Azienda Elettrica. Tale decisione contrasta col generale orientamento delle politiche di centro-sinistra in Germania e in molte località italiane, che soprattutto in vista del rischio di approvazione dei GATS, hanno trovato il modo di conservare in mani pubbliche i servizi essenziali, che garantiscono ai cittadini acqua e energia. Nessun giornale di lingua italiana scrive una riga sui contenuti di questa posizione critica.

Come già in un’altra occasione, chiedo dunque ospitalità a QT per pubblicare un comunicato di tre consiglieri comunali di maggioranza, che con una lunga ricerca e molti confronti, hanno maturato la convinzione che la vendita in questo caso sia un gravissimo errore e che esiste una soluzione diversa e migliore, se l’obiettivo è quello di salvaguardare gli interessi della collettività e non quello di fare cassa. Credo si tratti di una lettura utile.

I partiti di maggioranza del Comune di Bolzano, come già quello di Merano sono orientati, verso la cessione di quote AE a un ‘partner strategico’. La consigliera della Lista Di Pietro-Italia dei Valori, Cristina Zanella, e i consiglieri Verdi Cristoph Hartung von Hartungen e Alessandra Spada non condividono tale scelta.

Ritengono infatti che di fronte all’esigenza di ripensare il futuro delle aziende municipalizzate in vista della liberalizzazione dei mercati, la strada, intrapresa dalla maggioranza, di privatizzare le aziende che erogano servizi pubblici, non sia la più opportuna per salvaguardare gli interessi della collettività. Se tale scelta può sembrare conveniente in una prospettiva di breve termine, poiché consente ai Comuni di Bolzano e Merano di entrare in possesso di consistenti disponibilità di cassa, è fortemente dubbio che tale scelta si configuri come altrettanto conveniente in una prospettiva di medio e lungo termine. E’ evidente che il partner industriale disposto a investire in quote di AE e a entrare come socio di minoranza o maggioranza si propone precisi obiettivi, che possono essere di tipo strategico o economico, per raggiungere i quali punterà ad avere il controllo della società. Lo scenario che rischia di prospettarsi è che al momento della gara ci si trovi di fronte a partner (stranieri o no) disposti anche a offrire una quota maggiore rispetto al valore di mercato, perché interessati a entrare in un’azienda da loro ritenuta strategica, ma che poi, divenuti soci, prendano in mano il timone dell’azienda e, grazie alla loro forza finanziaria (davanti alla quale i Comuni sono impotenti) impongano delle scelte che favoriscono la logica del profitto e sono estranee e indifferenti alle finalità pubbliche del servizio erogato. L’esperienza purtroppo insegna che in questa direzione non c’è patto che alla lunga tenga.

Dato che, come ha affermato di recente in un convegno sulle privatizzazioni dei servizi pubblici locali Roberto Fazioli, docente dell’Università di Ferrara e consulente del Ministero del Tesoro e di Nomisma, "il controllo dell’energia anche in piccola taglia è cruciale e foriero di grandi benefici per lo sviluppo del territorio e costituisce il primo pilastro del rilancio di un’industria locale", riteniamo un grave errore vendere azioni di AE. Pensiamo che i Comuni dovrebbero piuttosto muoversi verso una valorizzazione delle proprie aziende con un progetto integrato delle varie attività attualmente svolte dalle diverse aziende a partecipazione pubblica presenti sul territorio. Il percorso da intraprendere non dovrebbe dunque essere quello di dismettere quote di AE, ma di partire da questa azienda per mettere in rete fra loro le varie aziende che erogano servizi pubblici presenti sul territorio. Il modello potrebbe essere quello di una Multiutility che aggreghi i servizi pubblici industriali e non (energia, gas, acqua, rifiuti, parcheggi, ecc.) con l’intento di andare a costituire un soggetto territoriale forte che possa salvaguardare le diverse eccellenze. Questa operazione, valorizzando al meglio le risorse presenti sul territorio, consentirebbe di salvaguardare un patrimonio della collettività che è andato costituendosi negli anni e che, anche se nell’immediato non porterebbe grosse liquidità nelle casse dei Comuni, consentirebbe però di mantenere in mano pubblica importanti risorse che alla lunga garantirebbero una cospicua redditività, da investire a vantaggio della collettività senza correre il rischio di vederle svanire nell’ambito di interessi di carattere privato.

Ristrutturato in questo modo il complesso delle aziende pubbliche territoriali, si potrebbe anche procedere a soddisfare le esigenze di cassa dei Comuni coinvolgendo ad esempio i cittadini attraverso un azionariato popolare, come si è fatto con successo in altre realtà. Quest’ultima scelta sarebbe particolarmente interessante per i settori di fidelizzazione, poiché si verrebbe a creare un importante legame fra i cittadini e le aziende di servizi pubblici del territorio".