Firenze, sabato 9 novembre
Cronaca di una manifestazione: dalle preoccupazioni all'allegria, all'entusiasmo, al senso di libertà.
Ore 5.15. Si parte per Firenze a bordo dei pullman CGIL. Il freddo e l’alzataccia rendono tutto più elettrico, l’atmosfera è da gita scolastica. Uniche novità rispetto ad allora, i telefonini e la terribile musica new-age che viene diffusa dallo stereo del torpedone e che ci accompagnerà fino a Firenze.
Ore 10. Il nostro autista-dj si riscatta. Entriamo a Firenze sulle note di "Bella ciao" in versione Modena City Ramblers.
Ore 10.10. Non c’è verso di entrare alla Fortezza da Basso, quartier generale del Social Forum. Troppa gente. Poco male, l’alternativa è un giro per le vie di Firenze.
Ore 11. Parecchi negozi sono chiusi. Dei fiorentini non c’è traccia. Il fallace allarmismo dei giorni precedenti sembra aver avuto effetto. Gli Unni sono arrivati in città.
Ore 11.30. Mentre ci aggiriamo curiosi nel mercato di San Lorenzo chi ti incontro? Non la Beatrice di turno, ma il nostro direttore. Il volere degli dei ha fatto sì che il nostro gruppetto di barbari a spasso per la città ora abbia un capo. Ma Ettore-Attila invece che un assalto al Mc Donald’s propone caffè e brioches al bar.
Ore 13. Arriviamo in piazza Indipendenza. Credevamo di essere in pochi, invece siamo in tantissimi. Carabinieri e polizia ci sono, ma non si vedono. Con la loro presenza-assenza contribuiranno alla riuscita della manifestazione.
Ore 15 circa. Parte il corteo: dubbi e preoccupazioni si sciolgono. La speranza di un corteo festoso si sta trasformando in certezza Ci sono le associazioni ARCI, Emergency di Gino Strada, una miriade di gruppuscoli paracomunisti, gli operai di Termini Imerese, i Disobbedienti di Casarin l’Impresentabile, e anche un centinaio di "Statunitensi contro la guerra".Unici politici: un acclamatissimo Bertinotti che firma autografi e uno spaesato Pecoraro Scanio. Tanti i genitori con pargoli. Ricompaiono anche i fiorentini, nei parchi, in mezzo al corteo, alle finestre per salutare e offrire tè caldo.
Ore 16. Siamo circondati dall’allegria: furgoni e camion con sopra ballerini improvvisati, musicisti e musica di ogni tipo, tante, tantissime bandiere. In mezzo a questo caos organizzato fatto di suoni e sorrisi, inizio a capirci qualcosa. Questa non è una manifestazione contro, ma a favore. E qui sta la novità e la forza propositiva di tutte queste persone. Invece che "un altro mondo è possibile" verrebbe da dire "un altro modo di vivere è possibile" nel quale accanto all’impegno sociale e all’antimilitarismo (non antiamericanismo) trova spazio la gran voglia di godersi la vita. Esigenze, di una banalità talmente disarmante da provocare sconcerto nei perbenisti, e da venir etichettate/recintate come "alternative".
Ore 17.20. Su un lato di viale Amendola notiamo un tizio bloccato su di un lettino, avvolto nella bandiera multicolore della Pace. Istintivamente pensiamo ad una trovata simpatica, del tipo "la pace agonizzante sul lettino da ospedale", ma prima di commettere qualche gaffe scopriamo che Enzo Piffer, di Trento come noi, paralizzato lo è davvero, ed è qui "perché quando c’è una manifestazione così cerco sempre di partecipare".
Ore 18. Il corteo arriva a destinazione, Campo di Marte. E’ andato tutto benissimo. La questura parla di mezzo milione di manifestanti, gli organizzatori di un milione. La verità come sempre è una via di mezzo. Tanti tornano a casa, tanti rimangono per il concerto della Bandabardò, il miglior gruppo italiano. La bellezza del concerto mi inviterebbe ad una breve recensione, ma non è questo il contesto. Consiglio solamente a chi non li conosce di ascoltarli. Ne vale davvero la pena.
Ore 20.15. Salgono sul palco i Modena City Ramblers. Facciamo appena in tempo ad ascoltare una manciata di canzoni che dobbiamo tornare al pullman.
Ore 22. Si torna a Trento.
Ore 2.30. Tutti a casa. Tutti un po’ più liberi.