Incontro magico di archeologia e poesia
Castel Roncolo di Bolzano ospita splendidi capolavori del Museo Archeologico di Taranto fino al 6 gennaio.
Ci su’ tante billizze,/ a Mea ponte/ ca s’abbrazzene mute sutaTerre./ Di tute sti cose antiche/ lle sintese u respire,/ come quanne a lu scure/ ‘appòggese cc’’a ricchie/ a na singhe de mure." (Di tutte queste cose antiche lo senti il respiro,/ come quando al buio /ti appoggi con l’orecchio/ a una fessura di muro).
Echi, sussurri, respiri muti abbracci: cosa potranno mai trasmettere un centinaio di opere prestate da uno dei musei archeologici più importanti del mondo ad una città 1000 chilometri lontana?
Questo percorso lo abbiamo fatto con la magia e la poesia di Albino Pierro (un gigante della poesia italiana dialettale e non), sempre alla ricerca di un’analogia che possa restituire l’incanto di una domenica nel Castel Roncolo di Bolzano passata a ruzzolare tra matrici di rilievi votivi, antefisse, geni alati, erme, testine e ritratti in marmo di imperatori e splendide fanciulle sfrattate dal Museo di Taranto chiuso per lavori, sorta di neoimmigrati con regolare permesso di soggiorno fino all’Epifania.
A ben vedere, in così piccola quantità ogni opera diventa racconto, piccolo capolavoro: di quei personaggi divisi tra Sparta, luogo di partenza dei coloni, l’Olimpo, le vicissitudini e i nuovi padroni (i Romani) ne ricostruisci la vita e li segui nell’aldilà, continui a giocare con le stesse bambole snodabili, le stesse fibule a colomba, leprotti delfini, "giocattoli di fanciullezza" per l’Antologia Palatina, e a ridere davanti a maschere con nasi a torciglione. Da sempre poi i gioielli di Taranto lasciano tutti senza parole, eppure non è mai abbastanza: a Bolzano sono presenti per la prima volta nuove opere (una collana composta di 76 scarabei, due nuovi orecchini di cui uno conserva il granato,e un anello di ferro con incastonata una corniola con l’aquila di Zeus).
Di quelle sempre tragiche partenze restano tracce indelebili nelle Kylix attiche a figure nere, nel capolavoro con i pesci, nelle anfore panatenaiche (una riproducente due pugilatori), tutto sembra ricordare la madrepatria e la minuta trafila della quotidianità che quando vuole sa raggiungere elevatissimi livelli di raffinatezza (l’oinochoe in alabastro o la splendida coppia di ramarri in pasta vitrea), il gusto del movimento nelle famosissime danzatrici. Ma è una testa femminile velata del II sec. a.C. in marmo bianco di incomparabile bellezza a richiedere tutto il tempo necessario per la contemplazione.
Già la salita al castello ha dovuto accantonare la fretta: lo sguardo si dirige dunque ai soffitti lignei, ai cieli stellati e agli splendidi affreschi con storie di Tristano e Isotta, alle giostre , alle donne al bagno , agli animali esotici e alle scene di caccia che amplificano la eco della mostra trentina appena conclusasi (vedi Le meraviglie del Gotico) e ne fanno un’ideale continuazione.