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Polizia e governo: mala tempora currunt…

A proposito dei fatti di Napoli.

Ora conosciamo la motivazione del Tribunale del riesame di Napoli e tutto diventa più chiaro ed esecrabile: chiaro lo svolgimento dei fatti, esecrabile la posizione sostenuta dal vertice della Polizia e da alcuni esponenti del Governo. Fin dal principio una normale indagine giudiziaria era stata usata, irresponsabilmente, per esaltare la Polizia ponendola al di sopra di ogni sospetto, e per mettere sotto accusa la Procura di Napoli. La revoca poi degli arresti domiciliari era stata salutata con enfasi come una vittoria, come una assoluzione nel merito e quindi come una sconfitta della Procura.

Il capo della Polizia Giovanni De Gennaro.

Ma ora che la motivazione è stata resa nota, al clamore della propaganda segue un forte imbarazzo. Non potendo criticare il Collegio del riesame, lodato fino al giorno prima, l’on. Fini riporta l’attacco contro la Procura, affermando che rimane "chiarissimo chi erano gli aggrediti e chi erano gli aggressori. Non ci sono dubbi che gli aggrediti erano le forze dell’ordine". E aggiunge, confondendo Genova con Napoli: "Personalmente ritengo un fatto gravissimo che il numero degli indagati tra le Forze dell’ordine sia superiore rispetto al numero degli indagati fra i manifestanti".

Perché mai? Quello di manifestare è un diritto costituzionale. Sarebbe inconcepibile che si venisse indagati solo perché si manifesta. La frase rivela il vero pensiero di Fini, che vede in ogni manifestazione di dissenso un pericolo per l’ordine pubblico e una causa di reati. E’ grave che Fini confonda, anzi identifichi manifestanti pacifici con pochi gruppi di distruttori e violenti di professione che la Polizia non ha saputo isolare e contrastare. Ed è ancora più grave che Fini non capisca il diritto dei manifestanti ad essere tutelati proprio dalle violenze devastatrici e dai picchiatori.

Ma andiamo con ordine, tornando ai fatti di Napoli. La Procura chiede la custodia cautelare sotto la forma degli arresti domiciliari per alcuni agenti e funzionari accusati di violenze contro i manifestanti. Il Giudice per le indagini preliminari concede la misura restrittiva. La difesa ricorre al Tribunale del riesame, che revoca gli arresti e rimette in libertà i poliziotti. Normale dialettica giudiziaria.

Facciamo ora un passo indietro. Subito dopo la custodia cautelare con decreto del Capo della Polizia, vistato dal Ministro degli Interni, viene disposto l’immediato ritiro del tesserino, della pistola e la sospensione dalle funzioni dei 5 agenti e dei 2 funzionari, arrestati per i fatti della caserma Raniero il 17 marzo 2001, "fino alla definizione del procedimento penale", cioè fino alla sentenza definitiva: Tribunale, Appello, Cassazione. Il 9 maggio il provvedimento viene comunicato al Tribunale del riesame, che si riunisce e, dopo una lunga e animata Camera di consiglio, revoca la custodia. Appena conosciuta la decisione il Capo della Polizia, con un nuovo e sorprendente decreto che contrasta con il precedente, stabilisce l’immediato reintegro in servizio dei poliziotti e dei funzionari, cui vengono restituiti tesserino e pistola.

La domanda che viene spontanea è la seguente: quanto ha pesato il primitivo decreto di sospensione dalle funzioni sul giudizio del Tribunale?

Deve aver pesato molto se il Tribunale ha revocato gli arresti non per insussistenza di prove o di indizi, ma perché "gli indagati risultano sospesi dal servizio", e non possono quindi reiterare i comportamenti illeciti o inquinare le prove. Ma, come sappiamo, gli agenti indagati sono stati prontamente rimessi in servizio dal Viminale. Chi ha ingannato chi?

Quanto ai fatti, il Tribunale del riesame ha smentito le tesi della questura di Napoli, dell’on. Fini e del ministro Scaiola. Scrive il Tribunale nella motivazione: "E’ indubbio che alla caserma Raniero siano state poste in essere condotte violente, vessatorie e in palese violazione delle norme di legge. Dalle risultanze probatorie emerge che nel corso della permanenza in caserma i ragazzi hanno subito maltrattamenti violenti riportando lesioni dalla reiterata inflizione di pugni, calci e colpi di manganello " Ciò significa che la tesi accusatoria della Procura non esce smentita dal vaglio del Tribunale, ma se mai rafforzata. Di fronte alle precise affermazioni del Tribunale di Napoli, l’on. Fini e il ministro Scaiola ora tacciono imbarazzati.

Virginio Rognoni, già ministro degli Interni.

Quanto fu diverso il comportamento del Ministro degli intemi Virginio Rognoni (democristiano!) al tempo del processo ai NOCS (reparti speciali) che avevano seviziato alcuni terroristi implicati nel sequestro del generale americano Dozier. Il processo fu istruito dalla procura di Padova nella persona del dr. Vittorio Borraccetti, che ebbe il plauso non solo dell’allora Ministro degli interni on. Rognoni, ma anche del Presidente della Repubblica Sandro Pertini.

Ora evidentemente la situazione è diversa. Mala tempora currunt.