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Bracconiere con orgoglio

Da “Primapagina”, settimanale di Chiusi.

A. Angiolini

Giordano - lo chiameremo così per rispettare l’anonimato - operaio cinquantenne abitante in una frazione della Valdichiana, ci racconta la sua vita da bracconiere. Vent’anni vissuti di notte tra stradine di campagna dentro le riserve di caccia, per catturare fagiani appollaiati sui gelsi oppure aspettando pazientemente la lepre, la preda più ambita.

Essere bracconiere vuole dire essere fuorilegge, lo sa?

"Sono quasi trent’anni che vado a caccia regolarmente: nella stagione venatoria rispetto scrupolosamente le leggi perché so che i controlli sono frequenti durante il giorno, ma la notte, ormai da quasi vent’anni, continuo a cacciare la selvaggina a moda mio e nessuno mi ha mai scoperto".

Due identità come dottor Jekyll e Mr. Hyde; ma perché lo fa?

"Ho iniziato per caso. Un giorno un facoltoso ristoratore romano che passava il fine settimana nel mio paese mi chiese se potevo vendergli l’animale, che avevo appena catturato, e accettai senza dar peso all’accaduto. Il sabato successivo mi propose di stipulare una specie di contratto: dietro un compenso pattuito per ogni capo di selvaggina, io dovevo fornirgli gli abbattuti, che finivano poi sulle tavole dei due ristoranti che egli gestiva nella capitale. Accettai e tutti i fagiani, le lepri, le beccacce, i germani, i tordi e i colombacci che catturai regolarmente durante quella stagione mi fruttarono un bel po’ di soldi. Finita la caccia regolare, iniziai così sporadicamente a catturare qualche fagiano di frodo nella riserva vicino a casa mia, poi credo che, come succeda per tutte le cose proibite, il bracconaggio mi abbia preso la mano e le catture di selvaggina sono aumentate per la felicità del mio amico romano e anche del mio portafoglio".

Quindi lei caccia di frodo solo ed esclusivamente a scopo di lucro?

"No, non solo... anche se logicamente i soldi sono importanti; Ma mi sono abituato a questo tipo di vita, ho affinato tecniche di caccia esclusive, conosco il territorio e le strade di campagna come le mie tasche; mi muovo nella notte come una volpe e vado sempre a colpo sicuro, senza tornare mai a casa a mani vuote. Sì, lo ammetto mi piace essere bracconiere... muovermi in solitudine nelle campagne in piena notte è una vera iniezione di adrenalina".

Come uccide le sue prede?

"Come ho detto prima, con gli anni ho perfezionato tecniche di cattura che preferisco tenere per me; le dirò solo che non uso un normale e rumoroso fucile ma una carabina professionale da tiro ad aria compressa calibro 5.5 con cannocchiale di precisione ad infrarossi, semplice, precisa e assolutamente silenziosa. Per i bersagli fermi, una volta inquadrati, non c’è scampo".

Qual è la preda più ambita e più pagata?

"Sicuramente la lepre. Molte volte passano delle ore prima che ne capiti a tiro una; controllo la zona circostante con un binocolo ad infrarossi. Ci vuole pazienza, ma prima o poi qualcuna passa sempre nelle mie vicinanz. La lepre è un animale quasi esclusivamente notturno e abitudinario nei suoi percorsi, bisogna farsi trovare nel posto giusto al momento giusto... e io ci sono sempre. Ma credetemi, io non sono il solo e unico bracconiere in Valdichiana".

A questo proposito mi torna in mente la pena per chi caccia di frodo scritta nel terzo Statuto del codice penale della città di Montepulciano, edito nel lontano anno del Signore 1337 e che gentilmente vorrei dedicargli: "Il podestà può e deve, almeno due volte durante il suo mandato, fare indagini e promuovere inchieste sui reati suddetti e punire e condannare i colpevoli di bracconaggio eventualmente scoperti, e se al giudice sembrerà opportuno potrà ricorrere anche alla tortura...".

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