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QT n. 6, 24 marzo 2001 Scheda

Giovanni Kessler

Nato nel ’56, Giovanni è il figlio più brillante del noto padre della patria sen. Bruno Kessler. Ottimo studente, si laurea con 110 e lode a Giurisprudenza a Bologna. E’ tra i promotori della rivista "Il Margine" e dell’associazione cattolica "La Rosa Bianca": un gruppo di giovani intellettuali cattolici (gli altri nomi più noti: Vincenzo Passerini oggi consigliere provinciale e fondatore della Rete, Paolo Ghezzi direttore de L’Adige, Silvano Zucal e Michele Nicoletti docenti universitari) che, sulle orme di don Milani, tendono a coniugare cattolicesimo e impegno politico orientato a sinistra.

Entra in magistratura e nell’87 diventa PM a Trento. Al tempo la Procura della Repubblica trentina era, come tante in Italia, il porto delle nebbie, i procedimenti contro i potenti venivano insabbiati o – preferibilmente – mai avviati. Su questo andazzo il giovane PM non è d’accordo, e si scontra con l’allora procuratore Simeoni; assieme a un altro giovane sostituto, il calabrese Pasquale Profiti, inizia un’indagine "su dei terreni di Trento Nord" come viene riferito al Procuratore, lieto di lasciare ad altri un’incombenza che gli sembra marginale. In realtà l’inchiesta riguarda Mario Malossini e quando i due giovani sostituti gli portano la richiesta di arresto dell'ex presidente della Pat, suffragata da prove incontrovertibili, il Procuratore non può non porre la sua firma (vedi "Il caso Malossini" n° 2 del 29.1.93 e "Malossini, il processo" n° 6 dell'25.3.94. E’ l’inizio della Tangentopoli trentina (vedi "Mani Pulite un anno dopo" n°2 del 28.1.94): che porterà, fra le altre cose, alla scoperta di un sistema tangenti all’Autobrennero, e all’emarginazione prima e al pensionamento poi dello stesso Simeoni.

Le inchieste provocano la rovina della Dc trentina. I cui notabili non accettano che a rovinarli sia il figlio di uno di loro: saranno continue le insinuazioni sulle corresponsabilità di Bruno Kessler (peraltro già defunto e quindi non indagabile) e le maliziose domande, che corrono di bocca in bocca in città, sulle origini della fortuna accumulata dal senatore, e trasmessa ai figli.

Probabilmente per Giovanni Kessler l’ombra del padre è un po’ troppo ingombrante. E forse anche per svincolarsene, nel ’95 chiede ed ottiene un distaccamento presso la Procura di Caltanissetta, dove entra a far parte del pool anti-mafia di Giovanni Tinebra. Viene assegnato a un ruolo di prima linea, anzi oltre: a Fort Apache come viene chiamato il Tribunale di Gela, avamposto dello Stato in terra di mafia. Sono gli anni in cui non si uccidono più magistrati, ma allora non lo si sapeva: quando Kessler in aula chiede condanne per diversi secoli di reclusione, c’è una certa agitazione nella sua scorta (vedi il servizio "I trentini anti-mafia: il PM a Fort Apache" su QT n° 13 del giugno ’96).

Finita l’esperienza antimafia, si trasferisce alla Procura di Bolzano. Dove non si trova: il sistema bloccato sudtirolese, con un rigido controllo – di fatto – dell’establishment anche sulla magistratura, lo considera un corpo estraneo e lo emargina, affidandogli inchieste irrilevanti.

Di qui la scelta dell’esperienza internazionale. E’ già conosciuto tra i magistrati italiani (è nel direttivo di una delle associazioni) ed è uno dei pochi a parlare correntemente, oltre all’inglese, anche il tedesco: viene quindi assegnato a tutta una serie di missioni dell’Unione Europea tese a uniformare legislazioni, reprimere la corruzione e le illegalità nei paesi dell’Est Europeo, dall’Estonia, all’Ungheria, alla Moldavia, all’Albania. Il suo lavoro viene apprezzato, e viene nominato vice-presidente della missione Ocse in Kossovo (in proposito vedi l’intervista "Kossovo: cosa abbiamo imparato, cosa possiamo fare" su QT n°13 del giugno ’99).

In questi giorni la Comunità Europea gli assegna un ulteriore incarico di rilievo: viene selezionato come membro dell’Olaf, un organismo di una quindicina di magistrati (e 170 funzionari) incaricato di indagare su contrabbando internazionale, frodi alla Comunità, e casi di corruzione di funzionari e membri della stessa Commissione Europea (e gli avvenimenti di due anni fa, con l'ingloriosa fine della Commissione Santer, ci dicono quanto delicato ma necessario sia uno strumento del genere).