Il “Sillabo” dei trentini
Il pensiero di Pio IX tradotto per i trentini dal vescovo Riccabona. E 150 anni dopo...
Le condanne degli errori e delle empietà dovute "al progresso, al liberalismo e alla società moderna" di Pio IX nel Sillabo (1864), furono recepite e volgarizzate per la nostra terra trentina, dal Vescovo e Principe di Trento Benedetto Riccabona (1861-1879), che in quegli anni emanò delle lettere Pastorali precise al proposito. "E a me tocca di avvisarvi a vegliare e stare in guardia perché gli uomini perversi seminatori di errore e non lungi da noi, sono sorti già e oggi più che mai ferve la loro persecuzione contro la Chiesa di Gesù Cristo… l’aria pestinenziale purtroppo s’insinua nelle nostre province e non lascia immuni le nostre montagne".
Il primo richiamo forte è per il rispetto del principio di autorità: il Principe-Vescovo ribadisce che "ogni autorità religiosa,ma anche civile viene da Dio", per cui chi resiste alla potestà, resiste all’ordinazione di Dio: "Quello che debbo altamente proclamare è che qualunque siasi la forma onde l’autorità si riveste, quella autorità è sempre una partecipazione della divina autorità… non men dovuta l’obbedienza alle civili autorità, perocché esse sono costituite da Dio".
Per questo si deve ad esse obbedienza ed "umile sommissione"; l’autorità legittima deriva da Dio e non dal popolo, non dalla "sovranità illimitata dei popoli… Non sono le moltitudini, non è la pretesa opinione pubblica la regola per un cristiano: questa regola è la Cattedra di Pietro, è il Tribunale infallibile della Chiesa", al quale ogni buon cristiano deve sottostare con umiltà e sommissione.
Un secondo punto riguarda l’infallibilità del magistero della Chiesa, dogma proclamato dal Concilio Vaticano I°. Il magistero della Chiesa non è soggetto ad errore; ha sempre l’assistenza di Gesù Cristo per insegnare la verità. "Non deve accomodare il suo parlare e i suoi atti al preteso suffragio e al talento delle moltitudini fuorviate. Stranezza enorme, qual di chi dicesse che al fine di mantenere unita la greggia al pastore, deve il pastore farsi condur dalla greggia, anziché guidarla egli stesso fuor dei pericoli".
Il consenso popolare, le regole democratiche non fanno parte dei princìpi del magistero infallibile della Chiesa. Il potere della maggioranza e il suffragio popolare possono traviare dalla retta via. "Pietro e il Collegio Apostolico a lui unito avranno sempre l’assistenza di Gesù Cristo per insegnar, senza pericolo d’inganno, la verità… Roma locuta est, causa finita est.".
Inoltre si ribadisce che non vi può essere salvezza se non nell’obbedire a quello che la Chiesa cattolica comanda; se gli uomini fossere privi del suo aiuto non potrebbero mai giungere a salvamento. "Non vi è salvezza se non nel sentire quel che sente la cattolica Chiesa… Tutte le pratiche religiose che altri frequenta, tutte anche le virtù di cui si può far pompa, senza l’unione colla Cattedra di Pietro, senza la sommessione ai Pastori della S. Chiesa, sono un orpello con cui qualche infelice può illudere sé ed altri, ma non sono mezzi che bastino all’eterna salvezza". Nulla salus extra Ecclesia!
Per quel che riguarda la scuola, sta alla Chiesa per divina missione il sorvegliare, il dirigere, lo spargere nelle vergini menti e nei cuori dei giovanetti il seme delle cattoliche verità e "siccome l’uomo inimico può sopra seminare al buon grado la maligna zizzania, sta nel compito dato alla Chiesa il vigilare e chiamare al dovere anche quelle altre partidello scibile che a lei esclusivamente non spettano" e per questo ha da intervenire anche fuori del campo religioso, per evitare sinistre influenze, per non esporre a grave pericolo la fede e la moralità dei fanciulli. Inoltre la missione divina del clero nella scuola non può essere impedita o ostacolata. Escludere l’influenza religiosa è un "assassinio delle anime", il minorare l’influenza del clero nella scuola rappresenta un grave pericolo.
Infine viene condannata la libertà di coscienza e la libertà di parola, dato che ogni individuo deve sottostare umile alle verità infallibili della Chiesa; sono condannate anche la libertà di pensiero e la libertà di stampa, dato che spesso i giornali ed i libri possono essere perversi e fonte di principi scellerati, per cui è istituito l’ indice dei libri proibiti.
La lettura di queste pastorali del principe vescovo Riccabona mi aveva sempre colpito e sbigottito, ma ero convinto che ormai gran parte di questa dottrina della Chiesa fosse superata o forse dimenticata.
Pensavo che i diritti civili e le libertà individuali fossero delle conquiste inalienabili, irrinunciabili di civiltà; ero convinto che la sovranità popolare, la democrazia e il suffragio universale fossero in fin dei conti dei traguardi importanti, ottenuti dopo dure e lunghe lotte di popolo; consideravo la separazione tra potere temporale e potere spirituale, tra Stato e Chiesa, come uno snodo fondamentale nella storia umana, pensavo che l’egemonia confessionale sulla scuola fosse una grave sciagura per la gioventù; mi pareva che ormai la Chiesa non insistesse più sull’infallibilità del proprio magistero, tanto che l’attuale pontefice parla di errori; il clima ecumenico e i rapporti sempre più intensi con le Chiese sorelle, mi sembravano dei passi incoraggianti rispetto al passato.
Ma la beatificazione di Pio IX che ha proclamato infallibile la Chiesa ed ha condannato con il Sillabo in modo irrevocabile il progresso, il liberalismo e lo stato di diritto; il recente documento del cardinale Ratzinger sulla supremazia della Chiesa cattolica, come depositaria della unica verità; la presa di posizione del cardinal Biffi a proposito della discriminazione religiosa degli immigrati, queste prese di posizione insieme con altre, mi hanno ancor più convinto che spesso la Chiesa, ma forse meglio le Chiese, sono spesso costrette dagli eventi storici o dall’incalzare di accadimenti eccezionali, ad adattare la loro dottrina, ad accettare delle svolte nel loro magistero: anche se le innovazioni sono accolte quasi sempre obtorto collo, secondo la logica clericale che tende a metabolizzare ogni contrasto e ogni novità.
Nello stesso tempo conserva e custodisce ogni parte del suo magistero dogmatico, anche la più reazionaria e retriva, che solo ogni tanto in momenti di euforia e di potenza, come nel Giubileo del 2000, ripropone senza ritegno ed imbarazzo.
Spero che il nostro attuale vescovo, non voglia ripercorrere la strada del suo lontano predecessore, recependo ed adeguando per la nostra terra le ultime prese di posizione della curia romana.