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Il traffico nucleare nell’ Europa dell’ est

Una situazione preoccupante, ma non catastrofica come qualcuno ipotizzava.

Goffredo Elisa

"Il plutonio è una ricchezza nazionale". Questa frase, con cui il governo russo celebrava la potenza nucleare sovietica, ha assunto dopo la fine della guerra fredda significati ben diversi da quelli posseduti in origine. Le indagini internazionali confermano infatti come, dopo la dissoluzione dell’URSS, materiali radioattivi utili alla costruzione di ordigni nucleari siano divenuti nuove fonti di guadagno per la criminalità. Nel 1993 la polizia russa ha sequestrato a Vilnius (Lituania) 2 kg. di uranio arricchito in 4 tonnellate di berillio sottratto ad un centro di ricerca nucleare russo. Questo episodio, assieme ad un’ampia casistica, sembrerebbe confermare le previsioni di coloro che si aspettavano la trasformazione del territorio sovietico in un bazar di materiale fissile. Per fortuna la realtà è abbastanza lontana da queste pessimistiche previsioni.

Transcrime, analizzando le trasformazioni delle attività criminali a seguito dei cambiamenti politici nei Paesi ex-socialisti, ha svolto un’interessante indagine in materia di traffico illecito di sostanze radioattive. In primo luogo, il contrabbando di materiale nucleare non occuperebbe una posizione centrale tra le fonti di reddito delle organizzazioni criminali internazionali e tanto meno della Mafia russa. I trafugatori sono principalmente singoli individui o piccoli gruppi non legati alla grande criminalità. Inoltre i quantitativi di materiali fissili fino ad ora confiscati (i più noti sono l’uranio-235 e il plutonio-239) non sono sufficienti per la costruzione di una bomba nucleare.

Queste valutazioni, relativamente ottimistiche, non devono far pensare che i pericoli su questo fronte possano ritenersi del tutto trascurabili. Ad esempio, nel 1996 sono stati scoperti ai confini polacchi decine di migliaia di casi di trasporto illegale o irregolare di sostanze radioattive. Considerando che il contrabbando di materiale nucleare è per sua stessa natura clandestino, è lecito sospettare dell’esistenza di numerosi casi di trafugamento non individuati. Questo timore è rafforzato dal fatto che la Russia nel novembre 1995 ha interrotto gli accordi con gli Stati Uniti riguardanti la "trasparenza" sui magazzini militari di materiale nucleare; non è possibile quindi avere una stima esatta dell’ammontare nucleare complessivo dell’ex-URSS. Il problema è ulteriormente complicato dallo stato di inadeguatezza in cui versano i sistemi di controllo dei centri di produzione nucleare civile in tutti i Paesi ex socialisti. Le pessime condizioni economiche e il dilagare della corruzione potrebbero facilmente indurre tecnici e scienziati ad arrotondare il proprio stipendio trafugando materiale radioattivo.

Quantitativi facilmente trasportabili di stronzio-90, sostanza altamente radioattiva, possono essere venduti sul mercato illegale a prezzi altissimi, anche 500.000 dollari al container.

L'approvvigionamento di materiale nucleare da parte della criminalità riguarda non soltanto sostanze utili per la costruzione di armi nucleari, ma anche materiali scarsamente radioattivi che possono essere impiegati per causare una contaminazione di massa. Significativo è quanto accaduto a Mosca verso la fine del 1993; in quell’occasione la Mafia russa nascose un congegno in grado di rilasciare raggi gamma nell’ufficio di un uomo d’affari moscovita provocandone la morte nel giro di pochi mesi. È naturale, quindi, che l’opinione pubblica internazionale manifesti una certa preoccupazione sulla possibilità che organizzazioni criminali o gruppi terroristici, magari aiutati da uno o più Stati, possano usare questi strumenti a fini destabilizzanti.

Negli ultimi due anni sono stati firmati dei protocolli di cooperazione tra i servizi doganali di tutti i Paesi del CIS, ad eccezione dell’Ucraina. Un accordo è stato sottoscritto nel 1999 anche tra i servizi doganali russi e il Dipartimento per l’Energia statunitense finalizzato all’installazione nell’aeroporto di Mosca di un congegno per la rilevazione di materiale radioattivo. Il coordinamento internazionale nelle azioni di contrasto, la cooperazione scientifica ed economica con le strutture di ricerca e di produzione nucleare sono infatti le strade effettivamente percorribili dagli Stati per prevenire il dilagare del contrabbando di materiale radioattivo.