Tecnica di un harakiri
Madre Rita e la ragazza marocchina.
La storia è arcinota, ma è bene comunque riassumerla. Al termine dello scorso anno scolastico, una quattordicenne marocchina, terminata la scuola media (a Lavis), viene consigliata dai suoi insegnanti di iscriversi al centro di formazione professionale "Canossa", istituto privato totalmente finanziato dalla Provincia, l’unico in Trentino dedicato alla sartoria. Ma alla domanda di iscrizione, la direttrice, madre Rita Del Grosso, così risponde: "Non possiamo accettare la domanda... perché il nostro istituto ha un indirizzo cattolico (...) Vi preghiamo pertanto di inserire vostra figlia in una scuola di stato dove c’è la libertà religiosa". E questo perché la ragazza, musulmana, voleva l’esonero dall’ora di religione. La lettera, resa nota solo nei giorni scorsi, ha giustamente scatenato un putiferio.
I commenti apparsi nei giorni successivi hanno a sufficienza evidenziato l’aspetto scandaloso dell’episodio: una discriminazione, un mancato riconoscimento di diritti inaccettabile da parte di chi svolge un servizio pubblico con i soldi di tutti. Qui dunque, anziché ritornare su questo aspetto, vogliamo sottolineare il modo suicida in cui l’istituto privato si è mosso dopo la pubblicazione della notizia sull’Alto Adige, il 23 novembre.
La direttrice, replicando, nega che il rifiuto sia dipeso da motivazioni religiose: l’iscrizione era avvenuta oltre il termine previsto - spiega - e soprattutto la ragazza non era portata per quel tipo di scuola, che neppure le piaceva.
Madre Rita non può però negare il contenuto della sua lettera. Dice allora che si trattava di una pietosa bugia: le vere ragioni della mancata iscrizione consistevano in "condizioni più personali, che non sembrava opportuno evidenziare". E cioè: "La ragazza mi ha detto che non aveva scelto lei la scuola... Comunque non era portata per questo indirizzo". Ma dire le cose come stavano - conclude il ragionamento - "mi sembrava troppo personale... Non volevo metterla contro i genitori".
Del resto, "i momenti religiosi nel nostro istituto non sono obbligatori e sono previste delle lezioni alternative". Nessuna discriminazione, insomma, tant’è vero che alle Canossiane ci sono due allieve, una evangelica e l’altra musulmana, "perfettamente inserite".
In vent’anni che facciamo questo giornale, non ricordiamo un’altrettanto ardimentosa arrampicata sugli specchi. Lasciamo pure stare il fatto che la ragazza, intervistata, smentisce che quella scuola non le piacesse, e dedichiamoci al mare di contraddizioni in cui la direttrice rischia di affogare.
Cominciamo con un quesito fra: "Non voglio tua figlia perché non è della nostra religione" e "Non la voglio perché non è adatta a questa scuola", quale frase suona più pesante? C’è qualche dubbio in proposito? E poi: se alle "Canossiane" esiste l’ora alternativa, come può essere credibile rifiutare un’alunna in quanto non cattolica? E allora le due studentesse evangelica e musulmana? Quelle sono così "perfettamente inserite" che l’ora di religione - volenti o nolenti - la seguono, è la stessa suora ad ammetterlo.
L’aspetto più sconfortante per la direttrice è che nessuno, dopo aver sentito le sue spiegazioni, si prende neppure la briga di contestarle, tanto appaiono maldestre, oltre che, a nostro parere, anche in stridente contrasto sia con la funzione educativa rivestita dalla suora, sia ancor più con la religione da lei professata. Ed è un diluvio di critiche non solo dal mondo laico (gli onorevoli Olivieri, Schmid e Giorgio La Malfa), ma anche da quello cattolico. Suor Eugenia Liberatore, direttrice del Sacro Cuore, si dice "indignata" e spiega che la vicenda confermerà "il luogo comune di una scuola confessionale che ha come obiettivo il lavaggio del cervello degli allievi". Il vescovo, pur premettendo di non conoscere bene i particolari, si dice "dispiaciuto e addolorato". Il direttore della cattolica Atas (Associazione Trentina Accoglienza Stranieri) è "sconcertato" e parla di "atti di discriminazione religiosa prevista dalla vigente normativa sull’immigrazione".
Sul piano istituzionale c’è infine il commento dell’assessore provinciale all’Istruzione Molinari, che "censura l’atteggiamento delle canossiane" parlando di "episodio gravissimo". E mentre i quotidiani nazionali riportano la notizia trasudando indignazione, madre Rita Del Grosso dà anche una mano involontaria alla fin qui incerta riuscita delle autogestioni nelle scuole: "La solidarietà alla ragazza musulmana... amplifica il rifiuto dei finanziamenti pubblici alle private" - nota L’Adige.
Le Canossiane sole contro tutti? No. Un alleato, per quanto imbarazzante, lo trovano nell’onorevole leghista Rolando Fontan, già recente fustigatore degli omosessuali. Il quale, prendendo anch’egli come versione autentica la lettera inviata alla famiglia marocchina, così argomenta: "Non vogliamo che in Trentino i nostri campanili si trasformino in altrettanti minareti... Bisogna reagire prima che sia troppo tardi.... Suor Del Grosso ha finalmente dato il buon esempio che deve essere seguito anche da altri".
Con il che, ci pare, il Karakiri è consumato.