La terra dei freddi
I freddi erano saldamente al potere. Ci erano riusciti con pazienza, sbagliando poco, usando i loro soldi, le televisioni e, non ultime, le potenzialità che derivavano loro dall’essere dei vampiri. Erano democraticamente lì a comandare in quella che ormai si chiamava la terra dei freddi. Uscivano la sera. Durante il giorno se ne stavano nelle loro stanze, mai inondate di sole, a stabilire leggi, a diminuire salari, a fiaccare i pochi che ancora avevano il coraggio di non votarli. Fiaccare e basta. Non c’era bisogno di interventi più risoluti, perché un po’ di innocuo dissenso serviva al loro democratico successo.
L’ex operaio Piero era in pensione. L’ultima legge, anzi, l’ultimo decreto convertito in legge, gliela diminuiva la pensione, e ormai Piero tirava la cinghia.
Così aveva deciso. Non avrebbe mai potuto arrivare al grande capo dei freddi, ma al sindaco sì. Aveva preparato a lungo il suo piano. Ci sarebbe andato con il piccolo Giacomo, suo nipote di otto anni.
Portare un bambino lì dai vampiri? Nessun problema. I vampiri si erano evoluti geneticamente e non avevano più bisogno del sangue come una volta. Era il potere il nuovo sangue, era controllare l’informazione, era umiliare e asservire la magistratura.
Ecco che Giacomo non correva pericoli direttamente. Non solo, la sua presenza rendeva quella visita del tutto inoffensiva. Con un bambino a fianco non lo avrebbero nemmeno perquisito.
Mentre s’incamminava con il piccolo, Piero spiegava che poco più avanti c’era la clinica dove i vampiri stavano sperimentando il modo di sopportare la luce del sole. C’erano quasi riusciti e la sperimentazione era ormai in fase cinque, l’ultima. Finita la cinque li avrebbero visti per strada durante il giorno.
Piero sentiva di non avere più molto tempo. Quello che voleva fare non avrebbe risolto nulla, ma lui al sindaco una cosa di sinistra gliela voleva dire in faccia e soprattutto voleva che la sentisse anche Giacomo. Attraversò, mentre la gente si affrettava prima del tramonto. Fra poco tutti i vampiri sarebbero usciti per strada.
Un tempo avrebbero succhiato il sangue dei poveretti che gli capitavano a tiro, ora non ne avevano più bisogno. C’erano attrezzatissime banche che ci pensavano.
Salì i gradini del palazzo ed entrò. Il primo vampiro lo guardò un po’ male, ma poi vide Giacomo e raddolcì la bocca grinzosa. Anche il pallore del volto divenne più tenue. Sorrise e invitò sia l’uomo che il bambino a passare. Piero percorse il lungo corridoio. Alle pareti, a destra e a sinistra, c’era il grande capo, ritratto a grandezza d’uomo che sorrideva come sempre. Ormai era al potere da quasi venticinque anni. Essendo un vampiro non invecchiava, rimaneva sempre uguale.
Piero alla fine del corridoio svoltò a destra. La stanza del sindaco era in fondo. Non c’era nessuno in attesa. Logico. Tutti erano rassegnati e nessuno sentiva il bisogno di conferire con lui. Alle pareti la parola "Libertà" era ripetuta molte volte. I vampiri si vantavano di essere democraticamente al potere e lo ribadivano sempre.
Piero bussò e quando gli parve di udire un roco: "Avanti", entrò. Il sindaco se ne stava appeso al soffitto per i piedi, come sempre quando si rilassava. Si lasciò cadere e gli andò incontro. Piero si era preparato per bene la cosa di sinistra da dirgli, ma gli tremò lo stesso la voce. Gli tremò la voce soprattutto quando si rivolse a Giacomo per sussurrargli: "La libertà è una cosa importante, quindi ascolta bene queste parole". Detto ciò si rivolse al sindaco: "Un uomo che ha fame, un uomo che ha bisogno, non potrà mai essere un uomo libero".
Fatto un sospiro, tirò fuori la semiautomatica che aveva nascosto sotto la giacca e sparò tutto il caricatore nel petto del suo interlocutore che rimase a lungo con lo sguardo sbigottito, anche quando fu sdraiato per bene a terra. Piero fece un altro sospiro e attese lo venissero a prendere. Prima che questo accadesse non si dimenticò di fare l’occhiolino al piccolo Giacomo.
Roberto Santini, fiorentino, è insegnante ed è iscritto all’Ordine degli psicologi. Ha pubblicato i romanzi La regola del male con Contatto Ed. e A luce spenta con Laurum. Ha pubblicato inoltre molti racconti su riviste e antologie. Nel 2000 ha vinto il Grangiallo Città di Cattolica (Mystfest). Da un suo racconto, Nero come le formiche, vincitore del Premio Giallocarta, è stato tratto un cortometraggio premiato a Cannes nel 2008 da Spike Lee.